La moneta può essere vista sotto molteplici punti di vista. L’economista la vede come un mezzo di scambio o come riserva di valore e lo storico può vederla come espressione politica. La moneta è un semplice pezzo di metallo oppure di carta senza alcun valore intrinseco, oggi può anche essere pura convenzione, semplicemente dematerializzata. La moneta è però anche un simbolo.
Il simbolo di un’epoca, di una ideologia, di una ribellione, di una passione, e di mille altri aspetti. E proprio per cercare di vedere come questo simbolo sia stato percepito attraverso i secoli sono stati organizzati due incontri dal titolo Valori e disvalori simbolici delle monete grazie all’iniziativa di Lucia Travaini e Grado Giovanni Merlo e con questo libro a farne da cassa di risonanza.
Proprio un contributo di Lucia Travaini troviamo in apertura. L’autrice, in una appassionante carrellata storica, segnala molti episodi in cui la moneta come simbolo diventa preponderante rispetto al suo aspetto economico. Si parla spesso di una funzione religiosa della moneta: è il caso delle cosiddette santalene d’oro citate in alcune liste di monete tardo medievali e che devono essere identificate con degli histamenon bizantini in cui gli imperatori ivi raffigurati erano identificati con l’imperatore romano Costantino insieme alla madre Elena. Nel 1586 a Roma fu rinvenuto un tesoro di 125 monete d’oro tardo-romane e bizantine che, per i loro simboli cristiani e per il particolare momento storico che si viveva all’epoca, furono ritenute un segno della Provvidenza e della profonda fede in Cristo degli antichi imperatori. Addirittura papa Sisto V nel dicembre del 1587 emanò una bolla che riconosceva una particolare santità a queste monete dotandole di indulgenza. Queste monete divennero perciò delle autentiche reliquie oggetto di venerazione.
Altri contributi del volume sono i seguenti:
H. Gitler, The thirty pieces of silver. A modern numismatic perspective. I famosi 30 denari con i quali fu pagato Giuda sono diventati il simbolo del tradimento e, al tempo stesso, il corrispettivo del più turpe dei peccati commessi dal genere umano. E proprio la moneta, che Lucia Travaini prima ha ricordato come simbolo di santità e di venerazione, poteva essere vista come segno di degrado dell’uomo. Questo contributo analizza la frase del Vangelo dal punto di vista del moderno numismatico. Denari è una libera traduzione relativamente recente ma il testo antico parla di 30 pezzi d’argento che si è variamente identificato tanto da far fiorire persino un mercato di riproduzioni, per esempio di sheqel di tipo ebraico.
M. Caccamo Caltabiano, Moneta docet. SYPA o dell’Astro. Viene qui evidenziato, tra l’altro, che, nei pesanti bronzi attribuiti a Dioniso I di Siracusa con la testa femminile elmata da una parte ed un astro tra due delfini dall’altro, la scritta SYPA non sarebbe la banale abbreviazione di Syrakosion ma il nome della donna ivi raffigurata di nome Syra anche se con esplicito riferimento alla città di Siracusa. Il mitico fondatore di Siracusa avrebbe avuto due figlie, Syra e Akousa, e dall’unione di questi due nomi nacque quello della città. L’astro sarebbe poi stato il simbolo della dea Astarte.
A. Savio, L’effetto della damnatio memoriae sulle monete dell’alto Impero.
E. A. Arslan, L’oro rifiutato: confini e dogane nell’alto Medioevo.
G. G. Merlo, Francesco d’Assisi e il denaro. San Francesco vietava a coloro che seguivano la sua regola di accettare il denaro, persino nelle elemosine!
P. Mainoni, L’oro e l’argento. Usi della moneta aurea nella Lombardia settentrionale del Trecento.
P. Morpurgo, “Moneta macolata con la imagine del demonio”. Testi e immagini, infamanti o edificanti, sul denaro dal Medioevo all’età moderna.
M. T. Leotta, Il ciclo di Giuda Iscariota nell’iconografia medievale.
A. Estrada-Rius, Las Treinta monedas de la “Misa de San Gregorio”, de Diego de la Cruz (1475-1480): notas para su estudio.
L. Travaini, Monete e sangue. Si parla di monete miracolose! A Empoli nel gennaio 1392 un uomo perdette al gioco tutte le monete tranne un grosso d’argento di Pisa raffigurante la Vergine Maria. Preso dall’ira, cominciò a bestemmiare e col pugnale colpì l’immagine della Madonna sulla moneta, immagine che prese a sanguinare. Si gridò ovviamente al miracolo e la moneta fu portata a Firenze, nella chiesa dei Frati Eremiti dove fu poi oggetto di culto. A Monza nel 1530 Carlo V chiese a Francesco II Sforza 900.000 scudi in cambio del Ducato di Milano. Lo Sforza impose contributi alle varie comunità locali ed a Monza si decise di fondere anche il tesoro della Basilica di San Giovanni Battista per farvi monete. Si narra che il Santo, adirato per questo sacrilegio, avesse fatto bagnare di sangue tutte le monete così ricavate. Ancora nel 1578 San Carlo Borromeo visitò Monza e trovò due di queste monete macchiate portandole a Milano dove ancora si trovano nella sacrestia meridionale del Duomo. A Napoli nel 1483 San Francesco di Paola fu accolto dal re Ferdinando I che, tra l’altro, gli offrì in dono un magnifico vassoio ricolmo di scintillanti monete d’oro. Il Santo rifiutò il dono ma prese una di queste monete e la spezzò. Subito ne uscì del sangue.
Simbolicamente era il sangue dei sudditi oppressi: i ducati del re erano di buon oro ma il Santo ne contestava la purezza morale!
A. Terzi, Valore e simbologia del denaro: una questione di metodo.
L. Travaini (a cura di)
Valori e disvalori simbolici delle monete. I TRENTA DENARI DI GIUDA
Edizioni Quasar,
Roma 2009
15 x 21 cm,
268 pp.,
28,00 euro
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