di Elio Concetti
DA UN VECCHISSIMO LISTINO DELLA DITTA MORCHIO & MAJER ECCO UNA ECCEZIONALE DECORAZIONE A NOME DEL DOGE VENEZIANO NICOLO’ SAGREDO.
Per numerosi collezionisti numismatici il periodo attuale è colmo di incertezze, di delusioni e di amare sorprese causate da molti fattori che hanno sconvolto il mercato, anche se qualcuno afferma che il mercato è cambiato perché si è adeguato ai tempi, ma ciò ha provocato l’isolamento di molti collezionisti e noi, pur continuando ad avere un occhio rivolto verso il pianeta numismatico, ci siamo posti “in sonno” e ci dedichiamo a rivedere vecchi listini e cataloghi d’asta di un tempo ed a ripassare alcuni testi che avevamo accantonato. È stato come ritornare alle origini.
In un listino di monete in vendita abbiamo rivisto un esemplare che riteniamo interessante. Si tratta di una decorazione battuta a Venezia durante il dogato di Nicolò Sagredo. Occorre premettere che tale doge nacque l’8 dicembre 1606 e morì il 14 agosto 1676. Assunse la suprema carica della Serenissima il 6 febbraio 1675 e non poté esprimere in pieno le proprie qualità. In precedenza però si segnalò, facendosi onore come ambasciatore della Repubblica a Madrid, dove riuscì a farsi apprezzare dagli uomini di governo spagnoli, sempre diffidenti nei confronti di Venezia. Fu anche inviato a Roma come legato ordinario e vi ritornò ben quattro volte quale legato straordinario. Come diplomatico svolse una intensa attività esplicata con abilità ed accortezza.
Della sua opera si conoscono diverse relazioni che ancora oggi sono fonte di notizie e oggetto di studio. Non pensò a sposarsi; del reato non era una gran figura di uomo: Di curva statura e piccola, bianco di volto e di crine. (C. Rendina, I dogi, storia e segreti, Newton Compton, Roma 1984). Dopo la sua elezione trovò lo Stato in una situazione finanziaria disastrosa e un diffuso lassismo a motivo della sfortunata guerra contro i Turchi per la difesa di Candia.
Vi è da dire però che la decadenza militare e politica di Venezia ebbe inizio in tale periodo e riteniamo che una delle cause, se non la più importante, dello scadimento della floridezza di cui Venezia aveva goduto per secoli, sia da ricercare nel fatto che i nobili non si impegnavano più nelle imprese commerciali e armatoriali che un tempo erano da loro svolte con successo e orgoglio. I nobili impegnati in attività lavorative erano persino derisi, ma c’è da precisare che le ricchezze delle famiglie nobili e il benessere di gran parte della popolazione, provenivano proprio da quella operosità così ingiustamente schernita, come riferisce anche lo storico Alvise Zorzi nel suo volume La Repubblica del Leone.Storia di Venezia, Rusconi, Milano 1980). Al riguardo il testo riporta che anche il doge Nicolò Sagredo fu fatto oggetto di critiche in quanto la sua famiglia era dedita al commercio del legname che, tra l’altro, a Venezia era uno dei traffici più redditizi. La storia registra un fatto curioso sul conto di questo doge che, appena eletto, venne posto nel “pozzetto”, come richiedeva la consuetudine, e portato in processione in piazza per essere mostrato al popolo, ma anche perché potesse gettare alla folla manciate di monete. Un popolano per poter facilmente prendere un maggior numero di monete si munì di un bastone dotato una piccola rete, ma nello sporgere il bastone verso l’eletto lo colpì al capo facendogli cadere il corno dogale (G. Benzoni, I Dogi, Electa, Milano 1982).
Di questo doge, come abbiamo già accennato, vogliamo illustrare una rarissima decorazione che riteniamo di grande valore storico, riportata in un listino di vendita nei primi anni del secolo scorso. Si tratta secondo il compilatore del listino di una “decorazione di S. Marco”, in oro, del peso di 14,5 grammi e del diametro di 30 mm. È dotata di appiccagnolo originale. Nel centro del diritto troviamo, su tre righe, entro un cerchio perlinato, la scritta: senatvs / consvlto/ 1675. Al margine leggiamo: nicolavs sagredo dvx. Nel rovescio vi è la solita presentazione iconografica dell’emblema di S. Marco, il leone alato, con aureola che con una zampa regge il Vangelo aperto. Su tale decorazione spiccano i tradizionali schemi della monetazione veneziana impostata, di solito, su una ripetitiva arte incisoria, tanto vero che questo singolare pezzo, a prima vista, potrebbe essere scambiato per una osella.
Nel listino1 il pezzo è accompagnato dalla seguente nota: L’origine dall’unico ordine cavalleresco della Repubblica Veneta – il Cavalierato di S. Marco – è remotissima e veniva conferito per meriti militari dal Doge e suo Consiglio Minore a personaggi dello Stato Veneto anche se non appartenenti alla nobiltà. Nel 1675 due soli personaggi furono insigniti di tale onorificenza un certo Pace o Pace Andrea nobile della Dalmazia Colonnello, con ducale decreto 9 ottobre per meriti militari. Molti furono i personaggi insigniti di tanta onorificenza ma a noi non giunsero che tre sole decorazioni. Una del doge Pietro Grimani concessa a certo Ivanovich, attualmente posseduta dal Civico Museo Correr, una seconda del Doge Giov. II Correr riportato nel catalogo n° 13 Morchio & Majer del 1° luglio 1897 al n. 3773 e questa che presento ai sigg. Amatori. L’esemplare venne valutato 2.000 lire. Somma davvero elevata specie se si considera che allora uno zecchino veneziano, in ottima conservazione, si poteva acquistare per circa 25 lire; uno splendido aureo di Galba, pure in ottima conservazione, per circa 130 lire e un mezzo testone di Francesco II Gonzaga con al diritto il ritratto con berretto ed al rovescio la Pisside per sole 40 lire. Un pezzo così raro e importante non poteva sfuggire a chi allora si occupava di monete o di medaglie ed in effetti la decorazione venne acquistata, prima ancora che il listino venisse distribuito, dal noto studioso numismatico Aldo Jesurum di cui ricordiamo il famoso testo sulle oselle. Poiché nella nota apparsa nel listino è citato il Minor Consiglio riteniamo di dover ricordare che i 6 componenti di tale organismo potevano sostituire il doge in molte funzioni.
L’esemplare in questione reca al diritto la dicitura senatvs consvlto e ciò conferma che anche il Senato ha avuto a che vedere con la concessione della decorazione. E qui è proprio il caso di affermare che il doge di Venezia poteva fare tutto quello che decidevano i Consigli della Serenissima Repubblica.
Articolo richiesto da un ns. lettore, da Panorama Numismatico nr.227/marzo 2008