Nel corso di una prospezione archeologica in via Virgilio a Maia Alta (Merano), in un edificio di epoca romana, è stato ritrovato un tesoro di oltre 3.000 monete. La direttrice della Soprintendenza provinciale alle Belle Arti, Catrin Marzoli, ritiene che l’abitazione appartenesse a una famiglia benestante, lo proverebbero i reperti rinvenuti come le fibule finemente decorate e il tesoro di monete sepolto nel terreno sotto una macina. Si tratta di 3.187 monete databili tra la fine del III e l’inizio del IV secolo d.C., risalenti quindi al periodo della tetrarchia, epoca di grande crisi per l’impero romano.
L’imperatore Diocleziano (284-305 d.C.), nel 293, per controllare meglio l’enorme territorio sempre più minacciato dalle popolazioni barbariche, istituì la prima Tetrarchia. L’impero venne suddiviso in quattro parti rette contemporaneamente da due imperatori anziani, con il titolo di augustus, e da due giovani, con il titolo di caesar; le leggi erano identiche in tutte le diocesi e dovevano essere emanate congiuntamente. L’occidente fu affidato all’augusto Massiminiano Erculeo (286-305 d.C.), con capitale Mediolanum, l’oriente era assegnato a Diocleziano, capitale Nicomedia. I due cesari erano Galerio, cui competeva il controllo della zona danubiana, capitale Sirmium, e Costanzo I, a cui erano affidate Gallia e Britannia, capitale Augusta Treverorum. I due cesari erano comunque tenuti a una rigida obbedienza nei confronti dei rispettivi augusti a cui avrebbero dovuto succedere.
Sulle monete ritrovate a Merano sono impresse le figure di Maximianus Augustus, Constantius Clorus Caesar, Diocletianus Augustus, Galerius Caesar. A partire dalla crisi del III secolo dell’impero romano si assistette al classico fenomeno del moltiplicarsi delle zecche imperiali che sorgevano vicine alle zone in cui era grande la richiesta di monete per retribuire le truppe destinate a proteggere i confini. I tondelli recuperati a Merano provengono da numerose zecche sparse su tutto il territorio imperiale come, ad esempio, da Cartagine in Africa, Antiochia in Siria, Tessalonica in Macedonia, Alessandria d’Egitto, Siscia in Pannonia, Lugdunum (Lione) in Gallia Lugdunense, Roma e Aquileia in Italia.
Nella conca di Merano passava un’importante strada di comunicazione, la via Claudia Augusta, la cui costruzione fu iniziata, nel 15 a.C., dal generale Druso Maggiore durante le campagne militari volute da Augusto e che portarono alla conquista della Vindelicia (Tirolo) e della Rezia. La via venne ampliata e ultimata nel 47 d.C. dall’imperatore Claudio (41-54 d.C.), da cui prese nome, e fu una delle principali arterie realizzate dai romani nelle Alpi. All’epoca era animata da numerose locande, stazioni di posta e anche da stazioni doganali dove venivano incamerati i tributi sulle merci in transito.
Ovviamente il ritrovamento di Merano non è né il primo e nemmeno l’unico del territorio nazionale, numerosi sono gli esempi che si potrebbero fare. In provincia di Verona, in località Venera, nel dicembre del 1876 fu rinvenuta la più grande, almeno fino ad oggi in Italia, concentrazione di monete romane del III secolo d.C. Durante uno scavo in un terreno fu trovata casualmente una grande e pesantissima anfora vinaria, al cui interno erano stipate numerosissime monete. Proseguendo gli scavi fu rinvenuta una seconda anfora anch’essa piena di tondelli della stessa tipologia della precedente. I pezzi occultati, quasi esclusivamente antoniniani (pochissimi i denari), coprivano un ampio intervallo temporale, oltre settant’anni, dal 238 al 305 d.C. Numerosi gli imperatori romani raffigurati a partire da Gordiano III (238-244 d.C.) fino a Massimiano Erculeo (286-305 d.C.). Le monete recuperate sono state in tutto 46.341, ma si valuta che il ripostiglio originariamente fosse costituito da oltre 50.000 pezzi, considerando anche quelle che andarono disperse al momento della scoperta e del recupero. Notevole il peso totale dei tondelli che ammontava a quasi due quintali. Dall’analisi dei pezzi occultati si apprende che l’imperatore più raffigurato è Probo (276-282 d.C.) che appare su 13.206 monete, seguono Aureliano, Gallieno, Claudio II, Diocleziano, mentre di Vaballato (271-272 d.C.), figlio della regina Zenobia di Palmira, è presente un solo esemplare. Cosa ci facesse questa grande quantità di denaro collocata entro le due anfore resta un mistero. Forse il tesoro proveniva da una cassa militare, forse apparteneva a qualche ricco proprietario terriero della zona, chiunque può avanzare ipotesi ma nessuno è in grado di fornire una risposta certa: indiscutibilmente nessuno lo recuperò. Le monete sono conservate presso il Museo Civico di Verona.
Un altro notevole ripostiglio è quello di Biassono (Monza e Brianza) che venne scoperto, nel 1974, vicino alla recinzione del Parco di Monza. Gli scavi archeologici effettuati confermarono l’esistenza di una villa romana di una certa importanza dato che nel sito venne occultato un importante ripostiglio monetale. Sono state raccolte 2.239 monete, quasi 52 chilogrammi di peso, trovate in un blocco unico senza contenitore che probabilmente doveva essere costituito da materiale deperibile ed è andato disperso. La data di occultamento del ripostiglio, costituito quasi esclusivamente di bronzi, di cui 2.224 sesterzi, 10 dupondi e 5 antoniniani (le sole monete in argento), si può collocare tra il 256 e il 260 d.C., questo in base al sesterzio più recente di Valeriano per Mariniana Diva del 256 d.C.
Sicuramente, però, il tesoro più noto e famoso, anche se di un altro periodo storico, è quello rinvenuto, nel 1713, nel territorio di Brescello (Reggio Emilia), l’antico Brixellum di epoca romana. Le fonti storiche sono pressoché concordi nel valutare che esso fosse costituito da circa 80.000 monete d’oro tardo repubblicane. Purtroppo le monete vennero disperse l’anno successivo, gran parte degli esemplari fu venduta e fusa a Venezia, forse l’oro venne utilizzato per coniare ducati della Serenissima. Solo una piccola parte del tesoro, pare un migliaio di pezzi, tutti in ottimo stato di conservazione, si salvò grazie all’antiquariato e al collezionismo. Ad oggi non si sa esattamente dove siano finite tutte queste monete, mancano le fonti documentali certe, solamente di tredici aurei del tesoro di Brescello si conosce la collocazione sicura: sono conservati nel Royal Coin Gabinet di Stoccolma. Per quanto riguarda la data di nascondimento, quasi tutti gli studiosi concordano nell’indicare un arco temporale di pochi anni, tra il 46 e il 38 a.C., in base all’aureo di Cesare emesso a Roma, il più antico, e all’aureo di Ottaviano coniato in Gallia o in Italia al seguito di Agrippa, il tipo più recente. Generalmente è accettata l’ipotesi che l’enorme tesoro (circa 640 kg) avesse un’origine militare, ma non si possono escludere anche altre ipotesi, come quella che si trattasse di tributi riscossi oppure di una ricchezza privata.
Ritornando al tesoro di Merano, al momento non è ancora possibile ipotizzare né una data esatta, né le circostanze di chiusura del ripostiglio, l’unica certezza riguarda il fatto che chiunque nascose il tesoro non riuscì più a recuperarlo. Lo studio di questo ritrovamento potrà fornire nuove informazioni utili per l’analisi della circolazione monetale e per meglio caratterizzare le vicende storiche che segnarono la fine del III e l’inizio del IV secolo d.C., un periodo di grande crisi per Roma.