”]
Aspetti dell’iconografia monetale dell’antica Polis tirrenica.
CHI È LA FIGURA FEMMINILE CHE COMPARE NEI ROVESCI DELLE BELLISSIME MONETE DI TERINA? È FORSE NIKE? OPPURE LA SIRENA LIGEA?
di Francesco Cristiano
Da poco più di un secolo un ristretto numero di studiosi si occupa delle monete di Terina alla ricerca di spiegazioni convincenti che schiariscano la nebbia che avvolge gli splendidi coni della città tirrenica ritenuti, al pari di quelli di Siracusa, creazioni del miglior periodo dell’arte classica. La ricerca pone attenzione su molteplici aspetti, dalla nascita (cronologia) alla interpretazione dei tipi, dalla circolazione all’impatto artistico dell’unico elemento diretto, reale e certo che abbiamo della città di Terina: le sue monete.
La coniazione non è molto ampia. Il corpo degli stateri realizzato da Regling nel 1906 enumera circa 500 monete. Si tratta di una serie monetale di grande varietà ed immaginazione per la scelta stilistica dei suoi tipi. Terina, infatti, come poche altre zecche greche fecero, produsse, in un breve arco di tempo (da poco dopo la metà del V fino alla prima metà del IV secolo a.C.), una ricchezza notevole all’interno della variazione artistica dei suoi stessi temi, dimostrando non solo la sua indipendenza e la sua fiorente ricchezza economica, ma soprattutto il forte significato e la grande dedizione spirituale verso il proprio simbolo.
La monetazione di Terina, con uno statere del peso di 7,6 gr., non seguiva lo standard Sud Italico, quello più precisamente definito “italico-acheo” dall’Head e “italico-tarantino” dal Regling e che, in particolare a Crotone, era una didracma più pesante, di 8.1 gr. ca. Ad Elea, Poseidonia e in tutta l’area campana era in uso, invece, il sistema detto foceo, basato su una didracma di 7.5-7.7 gr. Il piede prescelto da Terina sarebbe quello della città parmenidea, mentre i tipi più antichi richiamerebbero quelli di Siracusa, patria di Epicarmo. Questa serie di coincidenze numismatiche con le città campane ha prodotto l’ipotesi di un collegamento tra sistema ponderale, stile delle monete e culto delle Sirene nel basso Tirreno. Si tratterebbe, cioè, di una vasta area omogenea caratterizzata da un’intensità di contatti e sviluppo di attività che legherebbero Velia, Cuma, Napoli, Posidonia e Terina in una sorta di circolazione “indifferenziata” della moneta.
Dal punto di vista tipologico gli studiosi che si sono occupati delle monete di Terina sono giunti, quasi tutti, alla conclusione secondo cui la testa rappresentata sul diritto degli stateri sarebbe quella della ninfa d’acqua o dea Terina, omonima del fiume che scorreva presso la città medesima. Ostica rimane, invece, l’interpretazione della figura femminile alata del rovescio che rappresenta uno dei più controversi argomenti di tipologia monetale dell’intera Magna Grecia e che, al contrario del diritto, ha creato molti più problemi di identificazione. Quello più complesso sarebbe il cambiamento, sia nella posa che negli attributi, della figura alata del rovescio e soprattutto il fatto che la stessa figura è aptera (‘non alata’) nella prima serie monetale (fig. 1) nella quale, per altro, compare la leggenda NIKA.
Ecco perché in un primo momento, sulla base della leggenda che la identificava come tale, si è ritenuto che la figura del rovescio fosse una Nike e la figura del diritto la Ninfa indicata dalla leggenda (TERINA) come la dea del fiume che diede il nome alla città. Successivamente si è fatta strada l’ipotesi di un sincretismo tra la figura del diritto e quella del rovescio. Questa ipotesi è il frutto dell’interpretazione data alla scena che caratterizza il rovescio di uno statere dell’inizio del IV sec a.C., dove una piccola Nike alata, in volo verso l’alto, si appresta ad incoronare una giovane donna aptera, seduta su un cippo con una patera nella mano destra (fig. 2).
Questa figurazione è accompagnata dalla leggenda TERINA, che indicherebbe sia il nome della città che quello della ninfa eponima. Si affermerebbe quindi l’idea che la figura alata, che compare sul rovescio delle successive serie monetali, è una figura sincretica che, iniziando con la Vittoria, acquista in seguito le sembianze della ninfa e della divinità cittadina e che sulla moneta più antica diviene aptera e chiamata Nike. La presenza delle ali si spiegherebbe facilmente come una sorta di compromesso nella duplice combinazione.
Studi antichi hanno, invece, mirato a ravvisare nella figura del diritto il volto della sirena Ligea il cui corpo, secondo la tradizione riportata da Licofrone, naufragò presso Terina e qui ricevette sepoltura da alcuni naviganti, nelle vicinanze del fiume Ocinaro. Fu l’Eckhel che, confrontando il diritto terineo con quello di Neapolis (fig. 3), individuava caratteristiche comuni tra le due sirene Ligea e Partenope. Del resto, alla luce dei buoni rapporti che intercorsero tra le due città in epoca classica ed ellenistica, il collegamento tra Neapolis, sede del culto di Partenope e Terina sede del culto di Ligea, risulterebbe estremamente interessante. Nella tradizione poetica le Sirene sono ricordate in numero di due e in numero di tre appaiono spesso nelle pitture vascolari del VI sec. a.C.
L’ermeneutica alessandrina che riprende la tradizione omerica delle Sirene, accanto alle denominazioni antiche di Aglaope, Peisinope, Thelxiepeia, foggiate sulle etimologie di forme verbali che ne esaltano il fascino, ci fa conoscere i nomi, anch’essi eufemistici, delle tre Sirene tirrene: Partenope, Leukosia e Ligea figlie di una Musa (Mnemosyne, Tersicore o Calliope) e del fiume Acheloo, in seguito mutate in uccelli da Demetra quale punizione per non aver aiutato Persefone, loro compagna di giochi, quando Ade la rapì.
Per quanto Licofrone e lo Pseudo Aristotele indichino Ligea come terza sirena, una sua diversa e forse primordiale connotazione emergerebbe da una serie di altre attestazioni che G. De Sensi Sestito ha ben evidenziato nel suo lavoro su “Terina e il Lametino”. Ligea, infatti, è annoverata da Igino tra le cinquanta Nereidi e menzionata da Virgilio nella IV Ecloga tra le ninfe sorelle di Cirene intente a filare. Un’iscrizione vascolare presente su un esemplare attico della collezione Dzialynski di Parigi, risalente al 520 a.C. circa, identifica col nome di Lìgeia una menade danzante tra i satiri. Su una hydrìa attica da Vulci, attribuibile alla metà del V sec. a.C. (fig. 4), Ligea compare come Musa: le due figure sedute su una roccia, identificate dall’iscrizione, sono Lìgeia e Museo; tra loro si frappongono altre muse anonime in piedi. In ambiente ateniese, dunque, Ligea risulta ben presente sin dall’età arcaica e se come menade richiama Dioniso ed il mondo dei bàcchoi, come musa che si accompagna a Museo, discepolo di Orfeo e cantore di oracoli, rimanderebbe ad Eleusi e ai riti misterici che vi si celebravano.
Sappiamo, infine, che non esisteva un limite troppo netto tra Muse, Sirene e Ninfe-Menadi; che le Sirene, come le Ninfe, erano ritenute figlie dell’Acheloo e si attribuiva loro per madre la musa Melpomene. Se a ciò si aggiunge che le Muse sono considerate figlie di Urano e Gea da Mimnermo e presentate come figlie di Mnemosyne nella Teogonia esiodea, non è difficile individuare una loro stretta relazione con le sorgenti, i culti ctoni e l’oltretomba.
A questa visione ben si collega l’ipotesi formulata da N.F. Parise, secondo cui la figura femminile alata del rovescio, per il fatto di recare spesso il caduceo come attributo, andrebbe messa in relazione col mondo sotterraneo e la palude Stigia e riconosciuta pertanto come protettrice della terra dalla quale sgorga.
L’ipotesi è ben fondata se si considera il forte nesso delle Muse con le credenze orfiche e con le relative pratiche iniziatiche quale appare, per esempio, dal ripetuto appello a Mnemosyne della defunta che si fa riconoscere vantando la sua discendenza dalle due divinità primordiali, Gea ed Urano, nella laminetta orfica di Hipponion. Ligea, che da Menade e Musa diventa Sirena nel mito narrato da Licofrone, potrebbe esprimere questo particolare panorama religioso di matrice orfico-pitagorica ben presente nel golfo lamentino e non meno noto nella vicina Hipponion.
Segue articolo completo n formato PDF tratto da Panorama Numismatico n.224/dicembre 2007