Pubblichiamo la seconda parte dello studio di Alberto Campana sulle monete e la zecca siciliana di Abakainon (460-27 a.C.) come da richiesta di una nostra lettrice. La prima parte è disponibile qui.
Ubicazione e cenni storici
Abakainon era un centro indigeno di remote origini, che antiche fonti storiche situavano vicino a Tyndaris (Tindari). Grazie anche al frequente rinvenimento sul posto di monete abacenine, il sito della città è ora sicuramente identificato e corrisponde alla frazione Casale, subito a settentrione dell’attuale comune di Tripi, su un altopiano che dai monti Nebrodi si estende verso il mare. Tale zona pianeggiante, delta appunto il Piano, era in realtà una sorta di fortezza naturale. facilmente difendibile, essendo compresa tra due valli laterali, del torrente Novara a est e del suo affluente Tellarita a ovest. e chiusa a sud dall’altissima acropoli del Castello e a nord dal Pizzo Cisterna.
Nell’area dell’antico abitato si conservano diversi resti di età greca e romana, fra cui un muraglione rettilineo, lungo quasi cento metri. Vi sono stati rinvenuti strati culturali del neolitico stentinelliano e tombe a forno dell’età del bronzo, che hanno permesso di accertare le origini assai antiche della città. Tuttavia l’esplorazione non risulta completa essendo stati eseguiti limitati interventi di scavo.
Articolo completo (corretto con pagina 10 mancante) tratto da Panorama Numismatico nr. 95/marzo 1996 e richiesto da un ns. lettore
di Alberto Campana
UBICAZIONE E CENNI STORICI
Ietas (o Iaitas o Iaitai) è ubicato con sicurezza sul Monte Iato, 30 km a sud-ovest di Palermo, presso i moderni comuni di S. Giuseppe Iato e S. Cipitello. L’antico abitato indigeno, il cui nome è tramandato da Silio Italico, occupava il pianoro inclinato alla sommitò del monte, circa 400 m al di sopra dell’altopiano sottostante e 852 m sopra il livello del mare.
Si tratta di una posizione strategica eccezionale, dominando le principali strade di accesso all’estremità settentrionale della Sicilia occidentale. L’importanza del sito emerse in varie occasioni: nelle guerre tra Greci e Cartaginesi, all’epoca di Timoleonte e di Pirro e nel corso della prima guerra punica, quando gli Ietini espulsero la guarnigione cartaginese e passarono ai Romani.
Dopo la conquista romana, Ietas divenne città decumana e una delle 17 città preposte alla custiodia del venerato tempio di Ericina. Subì le sanzioni di Verre. La città, gravitante nell’area commerciale di Panormos, fu praticamente abbandonata nei primi decenni dell’età imperiale e conobbe una nuova occupazione solo nel IV secolo d.C. r nel medioevo, quando fece parte del terrictorio della chiesa di Monreale.
Nel 1246 fu teatro di una rivolta degli ultimi Arabi di Sicilia e venne distrutta da Federico II, che ne deportò la popolazione a Lucera. Da allora il sito rimase deserto.
A partire dal 1971 vi vennero condotti scavi archeologici a cura dell’Università di Zurigo, sotto la guida del prof. H.P. Isler, che hanno permesso di ricostruire più in dettaglio la storia della città.
Le prime tracce di vita finora scoperte risalgono all’età del Ferro (IC-VIII sec a.C.) e appartengono certamente alla popolazione indigena degli Elimi, che occupava anche le vicine Segesta ed Eryx. Come moltre altre città sicule, Ietas fu totalmente ricostruita nel corso del IV secolo a.C.. forse dopo le distruzioni provocate nella Sicilia occidentale dalle guerre tra Dionisio I e i Cartaginesi. Allo stesso periodo appartiene il complesso sistema di fortificazioni, in particolare nei lati con naturalmente difesi: infatti il pianoro era praticamente inaccessibile da tutti i lati, tranne che da est. Qui vi sono conservati i resti imponenti d i mura in opera quadrata, integrate in età medievale. Lo scavo archeologico si è concentrato finora su tre gruppi di edifici: il treatro (poco più grande di quello di Segesta), l’agorà e il tempio di Afrodite, con la vicina ricca casa a peristilio.
Segue articolo completo in formato PDF tratto da Panorama Numismatico n.126/Gennaio 1999
di Alberto Campana
UBICAZIONE E CENNI STORICI
Mytistraton con ogni probabilità era ubicata nella località Castellaccio, una scoscesa altura nei pressi dell’attuale comune di Marianopoli, di notevole importanza strategica in quanto situata tra la valle del Belice e quella di Salito.
Non ci sono tramandate notizie storiche anteriori alla prima guerra punica, ma i dati numinastici suggeriscono che nel corso del IV secolo a.C. doveva essere una fortezza abitata da mercenari campani, forse mischiati con cittadini originari di Lipari e di Himera.
Nel 261 a.C. i Romani, che avevano iniziato la campagna militare per liberare dai Cartaginesi la costa settentrionale e giungere fino a Panormos, cinsero di assedio la fortezza Mytistraton. Per ben sette mesi tentarono di espugnarla o quanto meno di sorpassarla, ma inutilmente e dovettero desistere, dopo aver perso numerosi soldati.
di Alberto Campana
UBICAZIONE E CENNI STORICI
L’antica Eryx si trovava sul colle ora occupato da Erice (fino al 1934 denominato Monte San Giuliano) che domina con i suoi 751 metri sul livello del mare la pianura costiera sulla quale si è sviluppata Trapani, dalla quale dista 15 hm.
All’inizio fu probabilmente occupata da genti indigene dello stesso orizzonte culturale dei Sicani. Successivamente la comunità sicana dovette arricchirsi di elementi orientali e poi di Greci, forse commercianti provenienti dall’Asia Minore, dando origine agli Elimi, che abitavano anche a Segesta ed a Entella.
Secondo la leggenda greca, l’antico centro elimo sarebbe stato fondato da Eryx, figlio di Afrodite e del re locale Butes. Proprio in onore della madre egli avrebbe fondato il celebre santuario, che sorgeva sull’estrema punta sud-est del colle. All’arrivo di Eracle con i vuoi di Gerione, Eryx lo avrebbe sfidato a una gara di pugilato, restando ucciso nello scontro.
Nel corso del VI secolo a.C. gli Elimini dovettero fronteggiare più volte i Cartaginesi, che miravano a creare nei loro territori una vera e propria eparchia punica. Furono sconfitti tra il 570 e il 550 a.C. dal generale punico Malchus. Intorno al 510 a.C. lo spartano Dorieo fece una spedizione in Sicilia e, sulla base dell’oracolo di Delfi, che aveva affermato che il territorio di Eryx apparteneva agli Eracledi in quanto conquistato da Eracle, vi fondò una colonia, chiamandola Heraclea. Ma la colonia ebbe vita breve e fu distrutta dai Cartaginesi, alleati con i Segestani.
Forse in seguito ai tentativi dei greci di penetrare nell’area elima, già durante le prime fasi dell’occupazione punica fu eretta l’imponente cinta di mura, parte della quale è ancora oggi visibile.
Dal V secolo a.C. fino alla prima guerra punica Eryx e il suo porto di Drepanon (attuale Trapani) come pure l’alleata Segesta, rimasero soggetti al dominio cartaginese, salvo una breve parentesi, nel 398 a.C., quando Eryx fu conquistata da Dionisio I, per essere poi recuperata dai Cartaginesi guidati da Imilcone.
Nel 260 a.C. i Cartaginesi rasero al suolo la città, tranne il tempio, e ne trasferirono gli abitanti a Drepanon, che fu allora fondata come città e divenne una delle loro più importanti basi navali.
Nel 248 a.C. i Romani, con un colpo di mano riuscirono a impadronirsi di Eryx, ma quattro anni dopo Amilcare Barca, provenendo da Panormus, riconquistò la città tranne la cittadella del tempio, che rimase in mano romana. Nonostante gli aspri combattimenti sulla sommità del monte, la situazione rimase immodificata fino alla fine della prima guerra punica. Nel 241 a.C. tutta la Sicilia occidentale, e quindi anche Eryx, fu assegnata ai Romani.
Da allora e per tutto il periodo repubblicano il santuario di Venere Ericina fu uno dei più venerati, anche in base alla comune asserita origine troiana che avrebbe legato Romani ed Elimi. Il senato romano addirittura impose a 17 città siciliane di versare un’offerta di corono d’oro al santuario e creò una guarda speciale di 200 schiavi armati, chiamati Venerii. Tuttavia, già in età augustea il santuario era assai decaduto, per essere poi parzialmente restaurato sotto Tiberio e Claudio .
Segue: articolo completo in formato PDF, suddiviso in Prima Parte & Seconda Parte, tratto da Panorama Numismatico nr.119/maggio 1998. A seguire le altri parti dell’articolo.