da Panorama Numismatico n. 222, ottobre 2007
Due imitazioni piemontesi di pignatelle della zecca di Aix-en-Provence
di Francesco Pastrone
I legami fra il Piemonte, e in particolare la Provincia di Asti, e la Provenza angioina sono ben noti. Una parte del Piemonte, quello occitano con capitale Cuneo, è appartenuto agli Angioini dal 1307 al 1381-82.
Più tardi, è la casa d’Orléans a regnare ad Asti: Carlo d’Orléans (1408-1422 e poi 1447-1465) poi Luigi, prima come duca (1465-1498), poi come re di Francia (1498-1515) e Francesco I che gli successe, fino nel 1529. Sappiamo che nella seconda metà del sec. XVI, le monete di mistura francesi (grosso di Nesle, dozzeni e liards) sono stati abbondantemente imitate e contraffatte in Piemonte specialmente nelle zecche di Desana, Frinco e Passerano. In modo particolare il grosso di Nesle o doppio soldo parisii, dettò pignatella dal nome del primo maestro incisore che l’ha coniata, è stato imitato a Passerano, dai conti Radicati, sia anonimamente (1581-98) sia a nome di Ercole Radicati (1585-1587). Per quanto riguarda le pignatelle di Passerano, la descrizione più precisa e minuziosa è ancora quella di Morel-Fatio che per primo pubblicò
queste monete. […]
di Mario Veronesi
Grazie alla cortesia di alcuni appassionati collezionisti d’oltralpe, posso qui presentare due monete inedite e una moneta rara e dimenticata prodotte dalle zecche di Frinco e di Passerano.
Version française disponible ci-dessous
Le zecche piemontesi di Frinco, Desana, Passerano, Casale, con altre di area lombarda (Castiglione, Gazoldo, Pomponesco, etc.), furono luogo di produzione di numerose e variegate imitazioni di monete sia italiane che straniere. Alcuni dei tipi monetari più frequentemente presi di mira furono i liards emessi nel regno francese, nel delfinato e in diversi feudi signorili francesi. La produzione di monete simili agli originali ma calanti nel valore intrinseco veniva normalmente commissionata da commercianti e speculatori che si accordavano con gli zecchieri per queste produzioni, pagavano con monete in argento da destinare alla fusione e si occupavano della distribuzione nei territori in cui si potevano confondere con gli originali di riferimento. Considerati i rischi che questi commercianti correvano, i loro guadagni erano ingenti, pari a circa il 50% del valore nominale della moneta. Per meglio comprendere le dinamiche di questi eventi può essere utile la lettura di quanto riportato da C. Gazzera sul resoconto di un’inchiesta sulla gestione della zecca di Desana e, in particolare, dall’interrogatorio di Annibale Rizzo, inserviente impiegato per sette mesi in quella zecca (Memorie storiche dei Tizzoni conti di Desana, 1892, pp. 219-220).