di Francesco di Rauso
LA MEDAGLIA NAPOLETANA DEL SETTECENTO DIMOSTRA ANCORA UNA VOLTA DI ESSERE UN ECCEZIONALE TESTIMONE DELLA STORIA DELLA FAMIGLIA REALE DEI BORBONE.
Una misteriosa acquaforte di una medaglia di Ferdinando IV di Borbone
Ferdinando IV di Borbone e la consorte Maria Carolina d’Austria sono raffigurati su medaglie che commemorano i più lieti eventi dei loro regni, in particolare le nascite. In questo articolo vengono illustrate quelle per la nascita del principe ereditario Carlo Tito (1775) e del Principe Francesco (1777), quest’ultimo divenuto duca di Calabria (1778-1825) e re delle Due Sicilie (1825-1830) in seguito alla morte prematura di Carlo Tito nel 1778.
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di Lucio Esposito
GIOACCHINO MURAT TENTO’ DI INTRODURRE L’UNITA’ MONETARIA ANCHE NEL REGNO DI NAPOLI, CONFORMANDOLO SUL MODELLO FRANCESE. MA LA POPOLAZIONE ACCETTO’ MALVOLENTIERI IL CAMBIAMENTO.
Cenni storici
Nel 1808 Gioacchino Murat fu nominato re di Napoli da Napoleone I, a seguito della nomina di Giuseppe Bonaparte al trono di Spagna, che di fatto aveva reso vacante il regno sottratto ai Borbone. Il nuovo re fu entusiasticamente accolto dai napoletani che ne apprezzarono il temperamento sanguigno e coraggioso, l’indole goliardica, la bella presenza fisica ma, soprattutto, i tentativi di porre rimedio all’indigenza e alla miseria dei suoi sudditi.
L’ex giacobino rivoluzionò il regno introducendo nel 1809 il Codice Napoleone, il Codice di Commercio Francese e nel 1812 il Codice Penale. Riorganizzò l’esercito delle Due Sicilie conformandolo al modello francese, dando così ottime possibilità di carriera ai nobili che volessero intraprendere la vita militare. Finanziò opere pubbliche di rilievo come ad esempio, a Napoli, la costruzione del ponte della Sanità, di via Posillipo e gli scavi di Ercolano; si fece altresì notare per la sua volontà di abolire il feudalesimo, di eliminare il brigantaggio e di introdurre importanti sgravi fiscali. Tuttavia non riuscì ad accontentare tutte le classi sociali; i più scontenti furono i commercianti, ai quali il blocco navale imposto dagli inglesi rovinava gli affari. Inoltre, le nuove istituzioni sociali introdotte dal Codice Civile Napoleonico, come l’adozione e il divorzio, causarono l’inimicizia degli ambienti clericali.
In politica estera, non riuscì a riconquistare la Sicilia, laddove Ferdinando IV si era rifugiato sotto la protezione inglese, dovendo accontentarsi della conquista di Capri, sottratta agli inglesi per merito delle truppe francesi del generale Lamarque e di alcuni napoletani guidati dal principe Pignatelli Strangoli (3-4 ottobre 1808). Successivamente, a capo di un contingente di soldati del regno di Napoli, partecipò al fianco di Napoleone alla campagna di Russia e alla battaglia di Lipsia (1813). Dopo questa sconfitta cercò di salvare il trono facendo una pace separata con l’Austria. L’anno seguente, durante i cento giorni, fu di nuovo a fianco dell’imperatore, combattendo la guerra austro-napoletana per difendere il proprio regno, venendo tuttavia sconfitto nella battaglia di Tolentino (2 maggio 1815); il successivo trattato di Casalanza (20 maggio 1815), firmato presso Capua, sancì definitivamente la sua abdicazione e il ritorno di re Ferdinando sul trono.
Segue: articolo completo in formato pdf tratto da Panorama Numismatico nr.280.
Giovanni Gandolfi, professore di statistica e contabilità commerciale, nel 1860 diede alle stampe a Napoli il suo Monete di oro e di argento dei principali Stati del mondo. Un anno prima che il Regno di Napoli cessasse di esistere e con lui il suo sistema monetario, gli era convinto che proprio quello fosse il migliore della penisola! Altro che la lira!
Di tutte le monete che nelle differenti parti della Italia servono di unità monetaria, il ducato napolitano è il solo che potrebbe essere ammesso come unità generale per tutta l’Italia, qualora vorrebbesi adottare un sistema uniforme monetario al quale più facilmente si adatterebbero quelle popolazioni italiane che fanno uso di altre unità di moneta, ciò che non sarebbe lo stesso con l’adozione della nuova lira di Piemonte (la quale non vanta un’origine italiana), né molto meno col fracescone (sic) di Firenze, lo scudo romano ecc.
di Francesco di Rauso*
Nato a Palermo nel 1810 e divenuto all’età di venti anni re del Regno delle Due Sicilie, il più importante reame d’Italia, Ferdinando II di Borbone, il più napoletano dei re si spense a Caserta il 22 maggio 1859 a causa di un male che portava avanti già da qualche anno. Egli, con grande senso di responsabilità, mise in primo piano i bisogni del popolo e della nazione più che gli interessi personali. Iniziò a diminuire le somme da elargire alla Regia Corte e contribuì, in più occasioni, con la sua cassa personale ai fabbisogni dello Stato. Fece tutto ciò che fu possibile perchè il suo popolo vivesse in condizioni dignitose affrontando con notevole determinazione le varie problematiche del Regno. Durante i suoi 29 anni di governo, le Due Sicilie acquisirono posizioni di rilievo in numerosi campi ed i primati da essa raggiunti non furono eguagliati prima d’allora da nessun altro Stato italiano. Nulla da invidiare quindi alle altre grandi potenze europee. Le tante opere pubbliche, molte delle quali giunte intatte sino ai giorni nostri, testimoniano la grandezza di questo sovrano e la sua “passione per il progresso”.
Le cronache del tempo narrano di un sovrano sempre presente e che preferiva rendersi conto di persona dei problemi reali della gente grazie ai suoi numerosi viaggi effettuati nelle varie province del Regno. A causa, però, della sua grande personalità fu tanto odiato da quel gruppetto di rivoluzionari e sovversivi che fregiandosi con l’appellativo di “patrioti”, andarono all’estero a bollare come tiranno un sovrano deciso e determinato che non amava farsi pestare i piedi.
Questa è la terza e ultima parte dell’articolo. Per leggere la seconda parte cliccare qui.
di Francesco di Rauso
Se anche queste attinenze tra Eneide e potere imperiale nelle Due Sicilie non sono banali casualità, allora è facile intuire che la medaglia in oggetto venne ideata in ogni minimo particolare da uomini con buone conoscenze della letteratura classica, esoterismo e veggenza. Una serie di cripto-messaggi che rende questa medaglia tra le più significative e misteriose dell’epoca.
Riporto di seguito alcune ricerche riguardanti il significato dei numeri e in particolare il sette e il ventotto.
I numeri racchiudono il codice segreto per interpretare l’universo. La valenza simbolica dei numeri è data dal loro valore qualitativo e dalle interazioni con tutti gli altri elementi strutturanti l’universo. Tutte le componenti dell’universo sono caratterizzate da una sequenza numerica che stabilisce il rapporto con tutto ciò che la circonda. Le interazioni composte dai numeri vanno al di là di un mero calcolo quantitativo. Infatti, da un punto di vista spirituale, l’uno rappresenta l’unico, cioè l’unicità della divinità; il due non proviene dal raddoppiamento dell’uno, ma dalla sua divisione. Il due divide e rompe l’armonia dell’uno e il ritorno all’unità si ha con il tre, cioè con il percorso inverso. Fatto che spiega come il tre, il triangolo, la triade, siano espressioni dell’unità. In tutte le tradizioni antiche i numeri sono sacri, proprio perché permettono di comprendere l’ordine delle cose e le leggi del cosmo. La Cina da millenni riconosce ai numeri una funzione ordinatrice, energizzante e armonizzante del mondo e della materia vivente. Tutti i numeri partecipano del simbolismo dell’unità, sia per addizione teosofica, che consiste nell’addizionare le cifre tra loro, sia per scomposizione. Per esempio, il 20= 2+8 = 10 = 1+0 = 1; il numero ventotto è dunque l’espressione dell’unità primordiale. Ma il ventotto è anche composto di 4×7, apparentato alle quattro fasi della luna. I multipli di un numero possiedono in generale gli stessi suoi significati, tuttavia hanno meno forza ed energia, non essendo forme pure. I numeri si dividono in pari e dispari in base a delle specifiche qualità. I numeri pari hanno una polarità femminile, quindi sono passivi e rappresentano degli stati dell’essere, mentre i numeri dispari, con polarità maschile, sono attivi e rappresentano degli avvenimenti.
Il numero sette esprime la globalità, l’universalità, l’equilibrio perfetto e rappresenta un ciclo compiuto e dinamico. Considerato fin dall’antichità un simbolo magico e religioso della perfezione, perché era legato al compiersi del ciclo lunare, gli antichi riconobbero nel sette il valore identico della monade in quanto increato, poiché non prodotto di alcun numero contenuto tra 1 e 10. Presso i babilonesi erano ritenuti festivi, e consacrati al culto, i giorni di ogni mese multipli di sette. Tale numero fu considerato simbolo di santità dai Pitagorici. I Greci lo chiamarono venerabile, Platone anima mundi. Presso gli Egizi simboleggiava la vita. Il numero sette rappresenta il perfezionamento della natura umana allorché essa congiunge in sé il ternario divino con il quaternario terrestre. Essendo formato dall’unione della triade con la tetrade, indica la pienezza di quanto è perfetto, partecipando alla duplice natura fisica e spirituale, umana e divina. E’ il centro invisibile, spirito e anima di ogni cosa. Il sette è il numero della piramide in quanto formata dal triangolo (3) su quadrato (4). Quindi i sette è l’espressione privilegiata della mediazione tra umano e divino.
Segue: la terza ed ultima parte dell’articolo in formato PDF; tratto da Panorama Numismatico n.272/aprile 2012.