di Simonluca Perfetto
ALCUNE MONETE RAFFIGURANTI L’INCORONAZIONE DI FERDINANDO I D’ARAGONA FURONO PROBABILMENTE CONIATE IN UNA DELLE ZECCHE ABRUZZESI, COME POSSONO DIMOSTRARE LE SIGLE APPOSTE SULLE STESSE E LA RECENTE DOCUMENTAZIONE
Molto recentemente su questa rivista è apparso un articolo dalle premesse particolarmente interessanti1, attinenti la presentazione di un coronato. In merito alla disamina delle fonti note sul tipo di sigla che connota tale moneta, ovvero in relazione all’assenza di essa sigla, si possono aggiungere importanti osservazioni.
- Mi riferisco a F. Di Rauso, Un coronato inedito di Ferdinando I d’Aragona e sulla classificazione dei primi coronati della zecca di Napoli, in «Panorama Numismatico», 9/2014, pp. 13-18. Vedi anche versione online ↩
di Achille Giuliani
La vitalità storiografica e letteraria della zecca aquilana e una finestra sulle vicende sociali e araldiche della città che ha permesso di riaprire l’interpretazione allegorica di un rarissimo bolognino di re ladislao, dimenticato dagli studiosi di numismatica e creduto unico.
In una delle mie prime letture sull’oreficeria aquilana nella tarda età di Mezzo rimasi sgomento nel seguire lo stizzito botta e risposta, mostrato ai primi del Novecento dalla Rivista Abruzzese di Scienze, Lettere ed Arti, tra due cultori di storia dell’arte, Vincenzo Balzano e Pietro Piccirilli, scettici, l’un con l’altro, delle personali intuizioni legate al momento storico in cui la scuola d’oreficeria poté fiorire nella città dell’Aquila. Un sorta di duello, a colpi di sommarie attribuzioni d’opera e di prove documentali, che piace riproporre con due passi tratti dalle lettere spedite, con risentimento, all’attenzione del direttore di quella pregevole e, da tempo, soppressa rivista.
(Dicembre 1906, scrive Piccirilli): «Tanto dibattito fa proprio piacere, perché si ha a che fare con persone cortesi e colte e non con i così detti arrivisti i quali, a costo di rompersi il collo, si buttano a corpo perduto pur d’arrivare a far conoscere al lettore il vario loro sapere. Francamente, poi, ti confesso che non saranno sudori sprecati, perché, in fin dei conti, qualche cosa di utile se ne ricava».
(Febbraio 1907, scrive Balzano): «Bisogna esser persuasi di non tenere la storia d’un’arte d’un paese, d’una regione, se prima non siano esaminate con quella precisa intenzione le memorie, le cronache, le leggi, gli statuti, le lettere, le carte de’ privati e dei pubblici archivi, che ci rimangono, i segni di vita di quell’arte nella popolazione da cui fu ab antico praticata».
Articolo completo in pdf: Giuliani L’Universitas aquilana tratto da Panorama Numismatico nn. 277-278, ottobre-novembre 2012
Questo libro descrive tutta la produzione della zecca dell’Aquila da Ludovico I d’Angiò (1382-1384) a Carlo V (1519-1556). La città rappresentò infatti un punto importante per il rifornimento di circolante per tutta l’Italia centro meridionale in particolare come supporto della zecca di Napoli dalla quale riprende moltissime tipologie. Proprio per questa sinergia tra le zecche dell’Aquila e di Napoli, la corretta identificazione del centro di emissione rappresenta uno dei punti di maggior interesse e di più accesa discussione tra gli studiosi ed i collezionisti di monete del Regno di Napoli.
Questa ricerca tenta perciò di fare il punto sugli studi riguardanti la zecca e di formare un catalogo delle tantissime varianti note delle emissioni aquilane, in particolare quelle di rame.
Dopo alcuni brevi capitoli introduttivi, riguardanti le tipologie monetali battute nella città, gli zecchieri qui attivi e la morfologia delle emissioni, si passa ai capitoli dedicati ai vari regnanti.
Ogni capitolo si apre con una breve biografia, quindi si affrontano i problemi strettamente numismatici facendo i dovuti confronti con le opere precedenti, in particolare quelle del Lazari, del Cagiati e di Pannuti e Riccio. Davvero tanti i problemi affrontati quali le datazioni e le differenziazioni rispetto alla zecca di Napoli.