SONO DUE LE MEDAGLIE ANNUALI DI GIOVANNI PAOLO II CONIATE PER RICORDARE GLI ANNIVERSARI DI ALCUNI TRA I PIÙ IMPORTANTI CONCILI DELLA STORIA: COSTANTINOPOLI, EFESO E VATICANO II.
Tra le medaglie che, in occasione della festa dei Santissimi Pietro e Paolo, sono state emesse dallo Stato della Chiesa e, successivamente, dallo Stato della Città del Vaticano per ricordare gli accadimenti e le vicende del precedente anno di regno del Pontefice, esclusivamente due celebrano i concili ecumenici.
Solo recentemente, regnante il papa San Giovanni Paolo II (Karol Josef Wojtyla, 1978-2005), nel 1982 (anno quarto di pontificato) e nel 1986 (anno ottavo di pontificato), sono stati ricordati gli anniversari rispettivamente dei concili di Costantinopoli ed Efeso e il ventennale della chiusura del concilio Vaticano II.
Segue: articolo completo in formato pdf, anteprima da Panorama Numismatico nr. 324 di gennaio 2017.
LA LAVORAZIONE DEL TABACCO VENNE INTRAPRESA A ROMA ALLA METÀ DEL XVIII SECOLO. VARIE FURONO LE MANIFATTURE PAPALI. NEL 1863 PAPA PIO IX NE INAUGURÒ LA SEDE STABILE A TRASTEVERE, EVENTO RICORDATO IN UNA MEDAGLIA.
di Fabio Robotti
L’uso del tabacco venne introdotto nella Roma pontificia dal cardinale Prospero Publicola de Santa Croce (1514-1589) che, in qualità di Nunzio Apostolico in Portogallo, ebbe l’occasione di incontrare, alla corte di re Sebastiano I, l’accademico di Francia Jean Nicot (1530-1600) e di sperimentare il fiuto del tabacco. Il celebre erudito francese, che in quel periodo ricopriva l’incarico di ambasciatore aveva, infatti, impiantato una coltivazione di tabacco nei giardini reali di Lisbona.
L’uso del tabacco si diffuse rapidamente a larghe fasce della società poiché era diffusa la credenza che la sua assunzione, fiutandolo ovvero fumandolo in pipa, giovasse alla salute per le sue virtù medicali.
Segue: LA MANIFATTURA DEL TABACCO NELLA ROMA PONTIFICIA, articolo completo in formato pdf, tratto da Panorama Numismatico nr.318 – Giugno 2016
In due brevi note apparse in precedenti numeri di Panorama Numismatico avevo sottoposto all’attenzione dei collezionisti alcune considerazioni riguardo a monete papali deI 1700.
Più in particolare, nel numero 45, descrivevo la mezza piastra di Clemente XI ( 1700 – 172 1) con al rovescio la veduta del porto di Ripetta, notando come tutti i numerosi esemplari osservati, in cataloghi e raccolte, presentassero dei difetti di conio nell’esergo del diritto, proprio in corrispondenza del nome dell’incisore. Inoltre avevo individuato una variante notevole nella rappresentazione del rovescio.
Il recente fatto di cronaca chiamato Vatileaks per certi aspetti ricorda un feroce libro dal titolo Il papa e la sua corte. Ricordi inediti d’un Carabiniere al servizio di Sua Santità pubblicati da A. Bianchi-Giovini. Il libro porta la data 1860 e come luogo d’edizione Bastia.
Il fine di questo libro è ben descritto nelle righe introduttive del primo capitolo: Di tutte le storie aneddote, quelle della Corte di Roma sono incontestabilmente le più interessanti, ma sono anche le più scarse. I cronisti di questo genere sono per lo più persone di anticamera, che, tutt’orecchio, tutt’occhi, osservano diligentemente chi va e viene, odono discorsi e sono testimoni di fatti che sfuggono alla curiosità di più alta sfera: ma i loro zibaldoni, scritti senz’arte e con molta ingenuità, passano per poche mani private, e di rado pervengono al pubblico. Uno di questi mi venne comunicato non ha guari, e malgrado la sua brevità e le sue imperfezioni, contiene un mondo di particolarità curiose relative alla Corte di Gregorio XVI. Rilevasi che l’autore fu un graduato, ossia un basso ufficiale dei carabinieri di palazzo…
In un clima fortemente impregnato di anticlericalismo come quello della metà dell’Ottocento, libri del genere erano sicuramente molto diffusi. In questo si sparava a zero su Gregorio XVI (1831-1846) e la sua corte. Il papa era visto nella sua vita intima, la quale differisce molto da ciò che appare in pubblico, quando circondato da grave e maestosa pompa. Anche il papa è uomo, e non dimentica di essere tale. Di più, Gregorio XVI era frate, cioè egoista, duro di cuore, insensibile ai mali altrui, e persuaso che Dio l’aveva fatto papa solo per viver bene egli, e imbuggerarsi di tutto il mondo. Non sentiva affezione per nessuno, neppure pei suoi nipoti, e il solo che facesse eccezione a questa regola fu il famoso Gaetano Moroni, detto il Gaetanino, suo barbiere, pel quale nutrì un’affezione costante, e potrei dire cieca e quasi inesplicabile, in un uomo del suo carattere.