LA RESTITUZIONE ALLO STATO PONTIFICIO DELLE OPERE REQUISITE DA NAPOLEONE VENNE CELEBRATA CON UNA MEDAGLIA CHE PRESENTA L’IMMAGINE DEL LAOCOONTE COME SIMBOLO DEL PATRIMONIO USURPATO.
Nel corso della campagna d’Italia dell’esercito del Direttorio di Francia, le soverchianti armate francesi con al comando il giovane generale, futuro Maresciallo dell’Impero, Claude Victor Perrin (1764-1841) dopo aver travolto, il 2 febbraio 1796 a Faenza, le milizie pontificie del generale Michelangelo Alessandro Colli Marchini (1738-1808), imposero allo Stato della Chiesa le durissime condizioni di resa del trattato di Tolentino.
Nella cittadina marchigiana il 19 febbraio le clausole del negoziato furono sottoscritte dalla delegazione pontificia composta dal diplomatico cardinale Alessandro Mattei (1744-1820), dal segretario della Congregazioni per gli Affari Ecclesiastici con la Polonia Lorenzo Calappi (1741-1817), dal colonnello della Milizia Civica e componente dello Stato Maggiore dell’esercito pontificio marchese Francesco Massimo (1730-1801) e dal duca di Nemi Luigi Braschi Onesti (1745-1816).
Segue: LA MEDAGLIA ANNUALE DELL’ANNO XVIII DI PONTIFICATO DI PIO VII articolo completo in formato pdf tratto da Panorama Numismatico nr.327, Aprile 2017
Falsificare la moneta è sempre stato un reato gravissimo. Il Codice penale napoleonico non era da meno tuttavia è interessante notare come la pena fosse molto diversa secondo il tipo di moneta contraffatta.
La falsificazione di monete era inserita tra i crimini e delitti contro la pubblica tranquillità. L’art. 132 puniva chiunque avrà contraffatto, od alterato le monete d’oro o d’argento aventi corso legale in Francia… colla morte, ed i suoi beni saranno confiscati.
Ma se le monete erano di metallo (intendendosi così la mistura) o di rame aventi corso legale in Francia il successivo art. 133 stabiliva la punizione coi ferri a vita.
L’art. 134 prevedeva invece che se le monete contraffatte od alterate fossero state straniere la punizione era coi ferri a tempo determinato.
L’art. 135 esonerava da ogni responsabilità coloro che, avendo ricevuto delle monete contraffatte, od alterate, credendole buone, le hanno rimesse in circolazione. Per altro quegli che avrà fatto uso delle monete dopo di averne verificato, o fatto verificare la falsità, sarà punito con una multa tripla per lo meno, e sestupla al più della somma cui ammonteranno le monete ch’egli avrà rimesso in circolazione, senza che questa multa possa in qualunque caso essere inferiore di lire 16.
L’art. 136 puniva coloro che avessero avuto notizia di una fabbrica, o di un deposito di monete d’oro, d’argento, e di metallo, o di rame, aventi corso legale in Francia, contraffatte, od alterate, e che non l’avessero denunciato alla pena da un mese a due anni.
Infine, come già previsto nelle legislazioni medievali, era prevista l’impunità nel caso in cui si fossero denunciati i complici. Tuttavia un sensibile passo in avanti nell’equità giuridica era rappresentato dal fatto che per i delatori non era prevista alcuna ricompensa su quanto sequestrato ed anzi avrebbero potuto essere poste in vita od a tempo determinato sotto la sorveglianza speciale dell’alta polizia.
Una testimonianza di vita all’arrivo di Napoleone in Italia
Come tutti i ritrovamenti di tesori, scrive Chiara Guarnieri in apertura del libro, anche il gruzzolo di Faenza nasconde una storia che merita di essere raccontata. Il suo rinvenimento, nel 1993, è stato del tutto casuale. Lasciamo alle parole di Vittorio Gambi, lo scopritore, la descrizione di che cosa è avvenuto: «Durante un piccolo lavoro di ristrutturazione nello scantinato di casa, in un angolo di pavimento, senza rendermene conto ho colpito con il martello una ciotola di terracotta che si trovava in una nicchia creata tra le pietre. La ciotola rotta nella parte superiore vicino al coperchio di ferro, lasciava cadere per terra delle monete. Una volta estratta dal muro, ho notato che la parte rimasta intatta della ciotola conteneva ancora molte monete, sistemate in verticale e incastrate in modo ordinato tra loro. Con grande stupore e curiosità ho estratto le monete, erano moltissime e non mi capacitavo di come potessero essere tutte contenute in quella piccola ciotola».
Cosciente del valore storico di quel rinvenimento, il proprietario decise di consegnarlo alla Soprintendenza di Bologna. Si trattata di ben 1175 monete in argento, mistura e rame, la maggior parte delle quali pontificie, in quanto Faenza faceva parte dello Stato della Chiesa. Le monete datano dalla seconda metà del Seicento al 1796. Per Michele Chimienti, che ha curato la parte più strettamente numismatica del libro, si tratta del frutto di prolungati risparmi di una famiglia occultati in tutta fretta all’avanzare dell’esercito francese che, ovunque andava, imponeva requisizioni e faceva razzie.
di Stefano di Virgilio
E’ innegabile che l’Austria del XVIII secolo abbia sostenuta la propria potenza bellica grazie ad una solita struttura finanziaria. La Guerra di Successione austriaca, oltre alle grandi battaglie contro la Prussia di Federico il Grande, indebitarono però oltre modo il regno di Maria Teresa. Un grande aiuto alle finanze statali furono le emissioni di obbligazioni statali del Wiener Stadt Banco, la banca centrale dell’Impero asburgico con sede a Vienna; nel 1759 cominciarono le emissioni di “Banco-Zetteln” ovvero di “biglietti di banca” da 10 e 20 gulden, seguiti dai tagli da 5, 25, 50, 100, 500, 1000 gulden delle emissioni più che complete del 1762, 1771, 1784 e 1796. I biglietti erano ben accettati, ma la guerra contro la Francia ne richiese ulteriori emissioni che ne causarono la perdita di valore.
Un decisivo “contributo inflattivo” nei confronti dei Banco-Zetteln, fu però dato da Napoleone.
La Francia era da poco uscita dal marasma degli assegnati e Bonaparte, primo Console della Repubblica, aveva legiferato con grande severità a protezione della pubblica finanza, sia dal punto di vista del circolante monetario metallico che cartaceo. (altro…)
DALL’OCCUPAZIONE FRANCESE DEL 1796 ALLA RIFORMA MONETARIA DEL 1807
LA SITUAZIONE POLITICA
ll 1796 è una data molto importante per Bologna e per l’Italia. Segna infatti l’inizio di un periodo estremamente confuso e sofferto, ma destinato a gettare le basi dell’Italia moderna. L’esercito rivoluzionario francese, al comando del generale Napoleone, occupa o, come preferiva dire, libera buona parte del nord-Italia. A Bologna i Francesi giungono il 19 giugno 1976.