Un ripostiglio di fiorini d’oro del XIII secolo
Venerdì 19 giugno alle ore 17.30, sarà presentato presso la villa granducale di Alberese il volume “Il Tesoro di Alberese. Un ripostiglio di fiorini d’oro del XIII secolo” che ha riscosso grande interesse al recente Salone Internazionale dell’Archeologia organizzato a Firenze lo scorso mese di febbraio.
Che la Maremma sia terra di tesori preziosi lo avevamo sempre saputo. Patrimonio di una terra unica che offre un variegato panorama di ricchezze naturalistiche, enogastronomiche, storiche e culturali. Che qualche tesoro fisicamente reale, non solo immaginato, riaffiori materialmente dal suo passato è però sempre un fatto straordinario. Perché, si legge nella presentazione al volume firmata dal Presidente della Regione Toscana Enrico Rossi, è come una finestra che si apre sul passato, raccontandone vicende storiche ed umane. Ed in questo caso, più di altri, il ritrovamento riveste particolare interesse per il luogo in cui è avvenuta la scoperta, oggi inserito all’interno di un Parco Naturale Regionale e di una Tenuta, quella di Alberese, dove si custodiscono preziose testimonianze della nostra storia e del lavoro dell’uomo. Nel momento in cui le monete sono emerse dal terreno, ed ancor più adesso che questo studio ne offre una completa comprensione, due realtà lontane nel tempo ma profondamente connesse sono entrate in contatto, riallacciando quel legame tra la tenuta di Alberese così com’è oggi e quell’epoca nella quale, con molta probabilità, essa affonda le sue radici.
Su Numismatique & Change di novembre 2007 un articolo di Jean Teitgen disquisisce se il raro testone battuto a Firenze a nome di Cristina di Lorena con millesimo 1630.
Cristina nacque a Nancy il 6 agosto 1565, figlia di Carlo III duca di Lorena e di Claudia di Francia, figlia del re Enrico II. Morì a Firenze il 19 dicembre 1637.
L’autore riferisce che alcun esemplare di questa moneta è stato segnalato in Lorena mentre, anche se mancano testimonianze in tal senso, è probabile che l’emissione fosse destinata al Levante dove le monete lorenesi, così ben coniate, erano apprezzate dai Turchi e quindi ampiamente utilizzati dai mercanti francesi. Viene anche presa in esame l’interpretazione della parte finale della leggenda D M P senza però fornire soluzioni definitive se non, tra le altre, la più probabile Domina Montis Politiani.
Moneta francese, quindi, o italiana? Per l’autore questa moneta può rientrare sia in collezioni di monete francesi che italiane.
È opera meritoria quella che sta compiendo la Soprintendenza di Firenze e, in particolare, il dottor Fiorenzo Catalli, riguardo la pubblicazione delle splendide collezioni numismatiche affidate alla loro custodia. Basterà solo ricordare la pubblicazione del Museo del Bargello con cinque tomi dedicati alle monete italiane e quattro alle medaglie nonché la pubblicazione di importanti ripostigli monetali venuti alla luce nei secoli scorsi e rimasti intatti.
In questa occasione è presentato un ripostiglio venuto alla luce nel 1931 a Borgo San Lorenzo. Lasciamo però la parola, per così dire, ai curiosissimi fatti ben riassunti dall’autore, che li ha ripresi a sua volta dalla stampa dell’epoca: durante alcuni lavori di restauro del Palazzo Savi, seguiti anche per eliminare alcune strutture posticce e restituire le linee originarie all’edificio, e durante la demolizione, ad opera del muratore Giuseppe Venturini, di un soprammattone che chiudeva una finestra… cadde a terra, senza che il manovale se ne accorgesse, un sacchetto di pelle della grossezza di un pugno di un uomo… il cumulo di calcinacci nel quale rimase il sacchetto fu più tardi trasportato in un cortile sottostante da un altro manovale, Santi Attenzuoli, senza accorgersi di nulla.
Dal 9 novembre al 14 gennaio si terrà a Prato la mostra Moneta e devozione.
Originale e preziosa, queste le caratteristiche della mostra Moneta e devozione curata da Francesco Bernocchi, Angelo Petrai e Alessio Montagano ed organizzata da ArtinPo in collaborazione con l’ assessorato alla Cultura del Comune. Un’ esposizione di splendidi oggetti che descrivono la devozione in Toscana tra Medioevo e Rinascimento, con un particolare focus su Prato. La mostra presenta un meraviglioso dipinto a fondo oro, un reliquiario in metallo dorato di manifattura boema ed altri numerosi ed importanti oggetti legati al tema del pellegrinaggio. In esposizione anche straordinari esemplari di monete prodotte nelle officine toscane dell’ epoca come il rarissimo fifiorino d’ oro di Pisa con la Madonna in trono, oppure il giulio di Montalcino con la Madonna in preghiera. Non solo, presenti anche una serie di monete offfferte dai devoti alla Madonna del Sacro Cingolo per l’ ottenimento di grazie ed infifine il fifiorino d’ oro di Gerusalemme, che crea un magico legame tra la nostra città e la Terra Santa, luogo di provenienza della Cintola. Una piccola ma preziosa mostra che evidenzia l’ eccellenza degli artigiani e degli incisori orafifi attivi in Toscana tra Medioevo e Rinascimento. L’ esposizione è un tributo a questi artisti: un omaggio doveroso, idealmente collegato a quello dedicato ai maestri del Rinascimento pratese con la grande mostra Da Donatello a Lippi. Officina pratese, in Palazzo Pretorio, visitabile come questa fino al 13 gennaio.
PAZIO MOSTRE VALENTINI – VIA RICASOLI 6 – PRATO
INAUGURAZIONE: SABATO 9 NOVEMBRE – ORE 17
È sempre con molto piacere che segnaliamo un collezionista che pubblica la propria raccolta frutto di tanti anni di ricerche, sacrifici economici e non solo. Dovrebbe essere un traguardo di grande soddisfazione vedere le proprie monete stampate e divulgate per poi magari vedere dopo qualche tempo il proprio volume citato nelle bibliografie. Del resto, con le moderne tecnologie, l’impegno finanziario richiesto è molto contenuto. Si possono stampare perfino poche decine di copie in digitale e a colori spendendo spesso molto meno di quel che si potrebbe pagare una moneta di media importanza.
È quello ciò che ha fatto Wilder Pellegrini il quale, addirittura, è arrivato alla seconda edizione della sua raccolta. Pubblicato in soli 100 esemplari numerati, il lavoro è interamente a colori (diversi anche gli ingrandimenti) e con copertina cartonata. Presenta 154 monete e una prova emesse a partire da Francesco II di Lorena (la prima moneta della collezione porta la data del 1747) fino a Leopoldo II (l’ultima moneta è del 1859). Si tratta, come indicato dal titolo, di francesconi da 10 paoli e mezzi francesconi da 5 paoli ma vi sono comprese anche le dene e le mezze dene di Carlo Ludovico e Maria Luisa e il tallero per il Levante di Francesco II e Pietro Leopoldo. Dopo un breve profilo storico del periodo, viene il catalogo dove ogni moneta è illustrata e descritta con indicazione della rarità reputata dall’autore il quale indica anche, con giusto orgoglio, gli altri esemplari noti in caso di grandi rarità. E le grandi rarità, in effetti, abbondano: il francescone del 1792, per esempio, che l’autore riporta come noto in un solo altro esemplare, oppure il tallero del 1772 di cui sono noti appena altri due esemplari.