di Roberto Diegi
INFLUENTI, FORTI E ABILI NELLA GESTIONE DEL POTERE, LE DONNE DELLA DINASTIA SEVERIANA DOVETTERO SPESSO COMPENSARE LE DEBOLEZZE DI ALCUNI IMPERATORI SALITI AL TRONO IN TROPPO GIOVANE ETÀ.
Come ben sanno gli appassionati di Numismatica, le “donne” degli imperatori, a Roma, hanno sempre avuto una decisiva importanza.
Il primo nome che mi viene in mente è quello di Livia Drusilla, moglie di Augusto e madre di Tiberio. All’età di sedici anni, nel 42 a.C., sposò un cugino, il patrizio Tiberio Claudio Nerone, il quale combatteva assieme a Claudiano nel partito dei congiurati anticesariani, comandato da Gaio Cassio Longino e da Marco Giunio Bruto, il quale era in lotta contro Ottaviano e Marco Antonio. Quando l’esercito dei congiurati fu sconfitto nella battaglia di Filippi (42 a.C.), Claudiano seguì l’esempio di Cassio e di Bruto e si suicidò, mentre il marito di Livia continuò a combattere contro Ottaviano, passando dalla parte di Marco e Lucio Antonio. Nel 40 a.C. la famiglia di Livia fu costretta ad abbandonare l’Italia peninsulare per evitare la proscrizione dichiarata da Ottaviano e raggiunse prima la Sicilia, che era sotto il controllo di Sesto Pompeo, e poi la Grecia.
Quando fu decretata una amnistia generale dei proscritti, Livia tornò a Roma, dove conobbe Ottaviano nel 39 a.C. All’epoca del loro incontro, Livia aveva già avuto dal marito il primo figlio, Tiberio, ed era incinta di Druso. Malgrado questo, il futuro primo imperatore decise di divorziare dalla moglie Scribonia, nello stesso giorno in cui dava alla luce la loro figlia Giulia e obbligò il marito di Livia a fare lo stesso. Druso, il secondogenito di Livia, nacque il 14 gennaio 38 a.C.: quest’ultima e Ottaviano si sposarono tre giorni dopo.
Sebbene sia stata tramandata la storia che Ottaviano si sia innamorato immediatamente non appena incontrò Livia e volle quindi fortemente sposarla, in realtà è plausibile che il loro rapido matrimonio fosse suggerito da convenienze politiche: a Ottaviano faceva infatti comodo il sostegno della gens patrizia dei Claudii; allo stesso tempo costoro, piuttosto compromessi, necessitavano del sostegno del promettente Ottaviano per sopravvivere politicamente. Malgrado il loro matrimonio fosse quindi probabilmente dovuto a considerazioni politiche, Livia e Ottaviano rimasero sposati per 51 anni; inoltre Livia venne tenuta in grande considerazione dal marito, che consigliava nelle sue decisioni politiche. Ella fu dunque sempre al fianco del marito, formando insieme il modello per le famiglie romane. Malgrado la loro ricchezza e il loro potere, pare che continuassero a vivere modestamente nella loro casa sul Palatino.
Già nel 35 a.C. Ottaviano aveva concesso a Livia l’onore di gestire le sue finanze personali, dedicandole anche una statua in pubblico.
Segue: articolo completo in formato pdf tratto da Panorama Numismatico nr. 303 – febbraio 2015.
di Roberto Diegi
I TETRADRAMMI FATTI CONIARE DA SETTIMIO SEVERO E DAI SUOI DISCENDENTI NELLE REGIONI SIRIANE, SONO MONETE CERTAMENTE RIPETITIVE MA DI GRANDE FASCINO.
Ho sempre ammirato – e ne ho anche scritto – la bellezza, specie nei ritratti, della monetazione bronzea delle zecche di Roma o di Lugdunum, ma non posso – non ci riesco – tacere della monetazione provinciale, che definirei per comodità “siriana”, che ci ha proposto nel tempo una serie monetale ricca di splendidi ritratti, spesso inconsueti: alludo ai numerosi tetradrammi coniati in Syria e regioni limitrofe, inizialmente in ancora buon argento, poi sempre più poveri di metallo pregiato, fino a ridursi a monete di bronzo o rame argentate superficialmente. Queste zecche di Syria e dintorni hanno coniato tetradrammi sin dai tempi di Augusto, indubbiamente stupendi per alto contenuto di fino, per rappresentazioni dei rovesci e per stile, ma abbastanza “banali’, perché in fin del conti il ritratto del sovrano di turno era rappresentato con le fattezze ben note, utilizzate dalle zecche centrali.
Ma con Settimio Severo e i suoi figli le cose sono cambiate e le zecche in questione hanno iniziato a coniare tetradrammi con una loro precisa personalità, anche se indubbiamente ripetitivi per il fatto che al rovescio è sempre proposta la tipologia dell’aquila ad ali aperte. Da qui un certo disinteresse dei collezionisti nei confronti di questa monetazione al quale disinteresse ha, a mio avviso, contribuito anche il fatto che le legende sono in lingua greca, oltretutto abbreviate. Ma, come sempre, una brevissima digressione storica si impone.
di Roberto Diegi
L’abilità degli incisori numismatici romani si evidenzia soprattutto nella ritrattistica imperiale. Da Augusto a Nerva, sono qui presentati alcuni degli esempi piu’ significativi in questo ambito.
Terza parte
Postumo (Marcus Cassianus Latinius Postumus) era governatore della Germania Superiore ed Inferiore al tempo in cui Valeriano fu fatto prigioniero dai Persiani e lo stesso Gallieno lo lasciò in quella carica affidandogli il comando delle armate del Reno: magari gli lasciò un po’ troppa libertà e Postumo, dopo aver misteriosamente fatto uccidere Salonino, figlio di Galleno, che si trovava presso di lui, si autoproclamò imperatore delle Gallie, riconosciuto come tale non solo dalle legioni stanziate in Germania, ma anche dalla armate e dalle popolazioni della Gallia e della Spagna. Era l’estate del 260.
Le origini di Postumo sono oscure: non si sa dove e quando sia nato, anche se è quasi certo che la sua patria d’origine fosse la Gallia.
Ci si potrebbe legittimamente chiedere perché mai ho dedicato tanto spazio a Postumo. La ragione è assai semplice: con questo imperatore va cessando, salvo poche eccezioni che vedremo più avanti, il periodo delle coniazioni di monete in bronzo o rame di largo modulo. Per qualche imperatore il ritorno alle coniazioni in bronzo di largo modulo è rappresentato da rari “medaglioni”: sono i casi di Claudio II, Probo, Carino, Aureliano e, più avanti, di Diocleziano e Massimiano.
Articolo completo in formato PDF tratto da Panorama Numismatico nr. 295, Maggio 2014
Parte I – Splendidi ritratti sui bronzi di largo modulo di molti imperatori romani
Parte II – Splendidi ritratti sui bronzi di largo modulo di molti imperatori romani
Decimus Caelius Calvinus Balbinus,
poi Marcus Clodius Pupienus Maximus
Il Senato di Roma, che aveva pubblicamente appoggiato, contro Massimino, la rivolta dei due Gordiani, si rese conto che dopo la disfatta e la morte dei due imperatori in Africa, non avrebbe più potuto tornare indietro.
In occasione della elevazione al trono dei Gordiani era comunque già stata istituita una commissione di venti illustri personaggi con lo scopo di provvedere alla difesa dell’Italia. Dopo il disastroso risultato della campagna contro Capelliano e, di fatto, contro Massimino, furono nominati augusti, con pari dignità e poteri, due dei componenti la commissione: Balbino e Pupieno.
Entrambi appartenevano alla classe superiore; entrambi erano stati governatori di provincia, in Asia e Germania; entrambi avevano rivestito importanti cariche nella amministrazione ed erano stati consoli per due volte (nel 210 e nel 234 Pupieno, nel 210 e nel 213 Balbino). Pupieno, era stato anche prefetto della città di Roma, carica per la quale non aveva incontrato le simpatie dei cittadini a causa della sua eccessiva severità.
di Roberto Diegi
L’abilita’ degli incisori numismatici romani si evidenzia soprattutto nella ritrattistica imperiale. Da Augusto a Nerva, sono qui presentati alcuni degli esempi piu’ significativi in questo ambito.
Seconda parte
Elagabalo (Varius Avitus Bassianus, poi Marcus Aurelius Antoninus) era a dir poco stravagante: amava lo sfarzo eccessivo e si circondava di personaggi poco raccomandabili. Ciò che lo rese presto inviso alla cittadinanza di Roma fu la sua pretesa di sostituire il culto siriaco del dio Sole allo stesso culto di Giove e al tradizionale Pantheon romano: la famosa pietra nera a forma conica, portata a Roma dalla Syria, fu venerata con sfarzo mai visto prima.
Elagabalo era omosessuale conclamato e la cosa non avrebbe destato scandalo perché il bisessualismo era considerato all’epoca una cosa abbastanza normale: ma un imperatore solo omosessuale e per giunta passivo non piaceva ai Romani; i pubblici atteggiamenti lascivi del giovane principe e il suo trucco vistoso e molto femminile gli alienarono presto l’appoggio della cittadinanza. Fu assassinato dai pretoriani nel 222, istigati dalla nonna Julia Maesa.
La ritrattistica di Elagabalo sulle monete, così come quella di Macrino e Diadumeniano è, a mio avviso, piuttosto monotona e non meritevole di particolare attenzione. Fa però eccezione, anche per la evidente rilevanza data al culto del sole, la monetazione provinciale e, in particolare, alcuni pesanti pezzi qui coniati.
Ecco un affascinante “medaglione” di 46,30 grammi coniato tra il 218 e il 222 a Thyatira in Lydia. Al diritto un bellissimo busto laureato di Elagabalo volto a destra. Al rovescio Apollo, visto come il dio Sole, brandisce un ramo d’ulivo guidando una quadriga al galoppo: sotto le zampe dei cavalli una cornucopia. Le legende sono in lingua greca.
Articolo completo in formato PDF tratto da Panorama Numismatico nr. 294, Aprile 2014
Parte I – Splendidi ritratti sui bronzi di largo modulo di molti imperatori romani