Il Silphium, ricercatissima pianta le cui proprietà officinali e gastronomiche erano molto note presso gli antichi, non è stata più ritrovata dai tempi di Nerone e si pensa possa essere scomparsa. Essa viene rappresentata con i suoi fiori ed i suoi frutti in numerosissime monete della Cirenaica, unica località dove pare crescesse spontanea, fonte quindi di grande ricchezza per gli abitanti del luogo. Il succo che se ne estraeva veniva paragonato al valore dell ‘oro e dell’argento e veniva conservato nell’erario statale romano. In questo lavoro è stata fatta anche un’ampia sintesi della storia della Cirenaica e delle altre città più grave; importanti dell’epoca ed in particolare di Kyrene, la cui nascita viene attribuita ad un piccolo nucleo di navigatori greci partiti dall’ isola di Santorini.
Malgrado le numerose vicissitudini storiche attribuite a questa regione, dai Re Battiadi (640-450 a.C), a varie Repubbliche (450-322), ai Tolomei (322-66 a.C) ed ai Romani (dal 66 a.c. in poi), il silphium appariva nel retro di tutte le forme monetarie, mentre al diritto troneggiava quasi sempre il busto di Zeus-Ammone, il dio venerato da quelle parti.
Segue: articolo completo in formato pdf da Panorama Numismatico nr.183/marzo 2004, articolo richiesto da un ns. lettore.
di Roberto Diegi
Lucius Domitius Aurelianus
Aureliano nacque da una famiglia di umili origini attorno al 214-215, nella Provincia danubiana della Moesia Inferiore.
Fece una brillantissima carriera nell’esercito, fino ad arrivare ad essere nominato comandante della cavalleria con Claudio II, contribuendo in modo determinante alla pesante sconfitta inflitta ai Goti nel 269 dall’esercito romano nella battaglia di Marcianopolis in Tracia.
Secondo alcuni, alla morte di Gallieno, nel 268, avrebbe dovuto essere lui il nuovo imperatore ma, come sappiamo, le cose andarono diversamente e venne eletto Claudio.
Ma non dovette attendere poi molto: nel 270 venne infatti acclamato imperatore e regnò sino al 275. Alla morte di Claudio, Aureliano pose rapidamente fine alle ultime resistenze dei Goti ad Anchialus e a Nicopolis, contestò le pretese al trono di Quintillo, fratello di Claudio e alla fine dell’anno 270 accettò la nomina ad imperatore. (altro…)
di Roberto Diegi
DOPO ANTONINO, L’APPELLATIVO “PIUS” VENNE ADOTTATO DA ALTRI IMPERATORI ROMANI, E APPOSTO SULLE LORO MONETE, PERDENDO IL SIGNIFICATO ORIGINALE.
In questo articolo intendo soffermarmi su una in particolare delle abbreviazioni che compaiono sulle monete romane imperiali: P F = Pius Felix.
Sul termine Felix ci sono pochi dubbi: sta a significare colui che è sereno, felice del suo essere Pius; ma che significa quest’ultimo aggettivo, poi sostantivatosi nel tempo? Secondo gli antichi Romani Pius era colui che esercitava la Pietas, il cui significato era però ben diverso da quello che noi attribuiamo oggi al termine pietà.
La Pietas era anzitutto senso del dovere, sentimento religioso basato sul rispetto del sacro e degli dei, che non erano una entità astratta ma punti di riferimento concreti nell’esercizio di tutte le diverse azioni umane. In altri termini la Pietas era sentimento di devozione e di giustizia verso gli dei, gli antenati, la patria.
Venendo ora alla monetazione sulla quale vediamo comparire l’abbreviazione P F, osservo che anche in tal caso, come era avvenuto per Augusto e il suo titolo di Pater Patriae, l’origine di questa attribuzione risale in modo specifico ad un imperatore, avendo poi i successori adottato quella abbreviazione in modo quasi automatico, assieme ad altre e spesso con poca o nessuna rispondenza alla realtà.
A Titus Aurelius Fulvus Boionius Arrius Antoninus, figlio adottivo di Adriano, assieme al nuovo nome di Titus Aelius Hadrianus Antoninus, derivante dalla adozione, venne attribuito l’appellativo PIVS che contraddistinse il suo lungo regno (dal 138 al 161) durante il quale l’imperatore governò tenendo fede ai princìpi della Pietas, nell’accezione che abbiamo sopra visto. Le monete di Antonino portano tutte questo appellativo Pius che successivamente, ma parecchi anni dopo la sua morte, venne adottato da altri con la ormai nota abbreviazione di P F.
Segue: articolo completo in formato PDF da Panorama Numismatico nr.275 – Luglio/Agosto 2012
di Roberto Diegi
Marcus Maecilius Flavius Eparchius Avitus (Avitus)
Iulius Valerius Maiorianus (Maiorano)
Libius Severus (Libio Severo)
Anthemius Procopius (Antemio)
Flavius Anicius Olybrius (Olibrio)
Glycerius (Glicerio)
Iulius Nepos (Giulio Nepote)
Romulus Augustus (Romolo Augustolo)
Quello che sto per trattare è, a mio avviso, il periodo più cupo e caotico di quello che era stato per secoli l’indiscusso dominatore del mondo allora conosciuto. L’Impero romano d’Occidente era ormai allo stremo: in vent’anni si sono succeduti sul trono che era stato di Roma, ben otto imperatori e già da tempo stava affermandosi un altro Impero separato, quello d’Oriente, che ben presto avrebbe spodestato l’agonizzante “cugino” d’Occidente col nome di Impero bizantino.
Abbiamo avuto l’opportunità di esaminare uno splendido esemplare del denario del Bellum sociale tipo Campana 174, che è stato proposto nell’asta Artemide XXXI del 18 dicembre 2010.
Bellum sociale. Denario, 87 a.C. Zecca itinerante (Campania?).
D/ Busto di Minerva a destra,con elmo crestato ed egida. A sinistra, una Vittoria la incorona. Bordo di puntini.
R/ Due guerrieri che si incontrano e si stringono la mano. Entrambi indossano una corta tunica, quello di sinistra tiene una lancia italica (saunion), quello di destra stringe un parazonium. A destra, la prua rostrata di una nave da guerra con vessillo lemniscato ed un fascio di giavellotti. In esergo: I.
Metallo: Ag; Peso: g 3,98; Diametro: mm 17,5; Orientamento dei coni: h 5
Bibliografia: Campana 174. Sydenham 632a.