di Antonio Loteta – da Panorama Numismatico nr.255 / Ottobre 2010
UN ESEMPLARE APPARSO IN UNA VENDITA PERMETTE DI MEGLIO DEFINIRE E CLASSIFICARE UNA MONETA DELLA ZECCA DI CATANIA.
Dopo la morte di Federico il Semplice avvenuta durante un’azione militare il 27 luglio 1377, la corona del Regno di Sicilia fu ereditata dalla figlia Maria d’Aragona.
Nata il 2 luglio 1363 a Catania dalle nozze tra Federico il Semplice e Costanza, figlia di Pietro IV d’Aragona, Maria fu incoronata nel 1377, a quattordici anni, e condusse la reggenza del Regno di Sicilia sotto la tutela di Artale d’Aragona, uno dei vicari.
Durante questo periodo di transizione la Sicilia era suddivisa in tre valli, eredità del dominio arabo, e gestita da quattro vicari. Le valli erano così divise: nella parte orientale, cioè a ovest della Sicilia, vi era la val Demone, comprendente Messina, Taormina, ecc.; nella parte occidentale a nord-est vi era la val Mazzara, comprendente Palermo, Marsala, Trapani, Mazara, Termini, ecc.; nella parte meridionale a sud-est vi era la val di Noto, comprendente Catania, Siracusa, Noto, ecc. Questa suddivisione durò fino alla riforma territoriale del Regno delle Due Sicilie nel 1816.
Una interessante notizia ci viene fornita dall’architetto Alberto Morselli di Scandiano (RE) appassionato ricercatore di storia reggiana.
Il 19 dicembre 1411 il podestà di Reggio, Giacomo dei conti di Panico, condanna a morte al rogo maestro Paolo da Bologna, contumace, residente nel castello di Levizzano di Baiso (castri Livizani episcopatus Regii) fabbricatore di monete false, che da tempo opera nel detto castello di Levizzano ad peticionem del nobile Paolo da Fogliano figlio del fu Barba da Fogliano da Montebabbio. Le monete falsificate erano ducati e fiorini d’oro nonché pegioni ed altre ancora (monetam falsam stampitam tam in formam ducatorum et florinorum auri quam in formam pichionum et aliarum monetarum). Archivio di Stato di Reggio Emilia, Giudiziario, sentenze e condanne.
di Lorenzo Bellesia – da Panorama Numismatico nr.253 – Luglio/Agosto 2010
I lettori di Panorama Numismatico mi perdoneranno se ritorno su un argomento che avevo già ampiamente trattato appena nel numero scorso1 dove, esaminando la monetazione a nome di Azzo d’Este per le città di Modena e Reggio Emilia, avevo osservato come i coni delle due emissioni fossero così simili che se ne poteva dedurre una origine comune. Questa constatazione apriva affascinanti scenari: se i coni erano stati prodotti o a Modena o a Reggio, perché le monete non potevano essere state battute in una sola delle due città a nome però di entrambe?
Per di più, osservando l’accuratissima manifattura dei coni nonché l’elegante forma delle lettere, diversissime da quelle tradizionali in uso nell’area emiliana e nella vicina Bologna, si poteva ipotizzare che i coni fossero stati incisi in un’altra città, che non poteva però essere la stessa Ferrara dove la zecca non era più attiva da molti anni.
di Lorenzo Bellesia – da Panorama Numismatico nr.252 – Giugno 2010
I GROSSI BATTUTI A MODENA E REGGIO EMILIA A NOME DEL MARCHESE AZZO D’ESTE PRESENTANO SORPRENDENTI SOMIGLIANZE TANTO DA FAR PENSARE AD UN SOLO INCISORE DEI CONI O ADDIRITTURA AD UNA SOLA ZECCA.
La prima moneta estense non fu battuta a Ferrara, città da cui iniziò la fortuna della famiglia, ma da due possedimenti vicini, per giunta temporanei: Modena e Reggio Emilia.
Non è facile spiegarlo e forse non c’è neppure una ragione precisa. Ferrara già alla fine del XII secolo aveva cominciato a battere il suo denaro ferrarino1 ma poi, nel corso del secolo successivo, aveva perso lo slancio e la produzione cessò nonostante i patti con Bologna prima e Parma poi nel 12092. Di certo non coniò alcun grosso come invece stavano facendo un po’ tutti i grandi Comuni emiliani nel corso degli anni Trenta e Quaranta. Il Bellini ha citato molti documenti del XIII secolo in cui sono citate monete straniere circolanti a Ferrara, grossi veneziani e bolognesi in particolare. E se Ferrara contava agli inizi del Trecento circa 20.000 abitanti3 la moneta necessaria non doveva essere poca.
Intanto le autorità comunali perdevano sempre più autorità e nelle lotte interne prevalse Obizzo d’Este che prese effettivamente il potere a Ferrara nel 1264 quando fu nominato signore perpetuo con la successiva introduzione di norme volte ad annullare praticamente tutte le istituzioni del libero Comune.
di Giulio Carraro – da Panorama Numismatico nr.252 – Giugno 2010
Premessa storica
Dopo la morte di Azzo nel 1308 si apriva una aspra contesa ereditaria che portava ad uno scontro di proporzioni internazionali tra Venezia e la Santa Sede. La coalizione pontificia entrava a Ferrara nel 1308 e le milizie veneziane dovevano cedere. Il Papa affidava il governo della città al re di Napoli Roberto d’Angiò, un sovrano tutt’altro che gradito ed amato. L’avversione popolare sfociava nel 1317 in una sollevazione che determinava la sconfitta delle milizie catalane. Intanto erano accorsi a Ferrara i figli di Aldobrandino, Obizzo e Rinaldo, e il figlio di Francesco, Azzo, con la speranza di riuscire ad approfittare delle circostanze. Il 15 agosto la popolazione, tra la generale euforia, proclamava Rinaldo, Nicolò, Obizzo, Azzo e Bertoldo signori della città. Su Ferrara e sugli Estensi cadeva allora la scomunica papale, seguita dall’interdetto. Nel 1321 un acuirsi dei dissidi vedeva addirittura gli Estensi sottoposti a processo presso il Tribunale dell’Inquisizione.