Una archeologa israeliana ha scoperto un raro tesoro di antiche monete d’oro e medaglioni risalente al VII secolo vicino al Monte del Tempio di Gerusalemme.
Eilat Mazar, la responsabile degli scavi dell’Università Ebraica di Gerusalemme, ha riferito che tra i reperti ci sono gioielli e un medaglione d’oro con il simbolo ebraico della Menorah (foto). Altri risultati della scoperta sono reperti con simboli ebraici come un corno di montone e di un rotolo della Torah. Hanno inoltre riportato alla luce un totale di 36 monete d’oro con le immagini di imperatori bizantini.
“Non ho mai trovato tanto oro in vita mia!” ha dichiarato la Mazar in una conferenza stampa sul Monte Scopus.
Segnaliamo alcuni articoli online sull’argomento: Fox News US, Scienze Fanpage, Ansa.
UN CURIOSO PARTICOLARE AGGIUNTIVO NELLA ICONOGRAFIA MONETALE DEL BASSO IMPERO E BIZANTINA.
di Paolo Pini
A partire dall’epoca constantiniana il capo dell’imperatore non è più cinto, nel diritto delle monete, dalla corona d’alloro o radiata, ma da un diadema. Il nuovo ornamento, di derivazione orientale, è costituito da una doppia fila di perle o da una benda adorna di gemme che ne reca una più grande sulla fronte. In entrambi i casi questo vezzo termina con un nodo sulla nuca, dal quale scendono i due capo, In altri esemplari il diadema, che si arricchisce di due file di gemme frontali, orna l’elmo dell’imperatore, e questa tipologia si protrarrà nel periodo bizantino.
Ma in epoca teodosiana, un elemento nuovo fa la sua comparsa: la “MANUS DEI”, o la mano celeste, che, come uscente dal cielo, impone una ghirlanda sul capo dell’imperatore dell’imperatrice (fig.1). Il piccolo elemento accessorio si può riscontrare anche nelle figure interne dei rovesci.
In genere di trova sulla sommità del capo, a contatto o appena staccato, interposto alle legenda di bordo, e talora, dalle minuscole dimensioni e specie in esemplari non nitidi per conio o conservazione, può essere confuso con la gemma centrale del diadema. Tutt’altro che costante è tuttavia più frequente nei solidi, ma compare anche in monete bronzee.
La “manus” sta a indicare il diretto legame e la divinità. Dapprima non ancora necessariamente il Dio cristiano, se in emissioni dopo la morte di Costantino la mano uscente dalle nubi è tesa a guidare al cielo la quadriga su cui si trova l’imperatore defunto, in una ambigua significazione di “consecratio” ancora pagana.
Successivamente la “manus dei” si afferma il rapporto tra il Dio della nuova fede e il regnante. La ghirlanda, o corona, è simbolo sacerdotale ed è noto come sacerdozio e potestà regia fossero ab antiquo riunite nella stessa persona.
Si viene così esplicitando graficamente il concetto della autorità imperiale per grazia e benedizione di Dio. Non sarà poi peregrino indagare anche nella sfera civile per dare forse al simbolo una significazione e una motivazione più complete: nel più antico diritto matrimoniale romano al matrimonio era legato l’assoggettamento della donna alla potestà (manus) del marito. La manus dei delle monete e di quant’altre espressioni figurative dell’epoca potrebbe così anche indicare la sottomissione del regnante alla potestà divina.
Segue articolo completo in formato PDF tratto da Panorama Numismatico n.78/settembre 1994
di A. Castellotti
Il sistema romano delle zecche provinciali, molto vasto fino al III secolo, si era notevolmente contratto al tempo dell’ascesa al trono di Anastasio (491) quando solo Costantinopoli e Tessalonica erano rimaste operative.
Dopo la riforma del 498, Nicomedia tornò nuovamente ad affiancare la zecca metropolitana nell’emissione di nuovi nominali in bronzo. Successivamente fu la volta di Antiochia, cosicché, alla morte di Anastasio (518), erano in funzione quattro zecche.
Il regno successivo, quello di Giustiniano I (518-527), vide un’ulteriore espansione della rete di zecche con la riapertura di quelle di Cizico e di Alessandria e pure Tessalonica, per la prima volta nell’era bizantina, batté moneta di bronzo.
Segue: articolo completo in formato pdf da Panorama Numismatico nr.83/febbraio 1995 – articolo richiesto da un ns. lettore
Scopo di questo nuovo e ponderoso volume è quello di fornire, per quanto possibile, un quadro aggiornato delle emissioni monetali – certe o probabili – effettuate in Sicilia dai Bizantini e dagli Arabi durante la loro dominazione (rispettivamente, secoli VI-X e X-XII). L’ottima iniziativa editoriale consente di avvicinare a queste monetazioni, troppo spesso trattate da testi divenuti ormai, oltre che datati, anche costosi ed introvabili, una cerchia più ampia di collezionisti ed appassionati, i quali possono disporre di uno strumento pratico ed attuale ad un costo contenuto.
L’opera, introdotta da una prefazione di Vincenzo Tarascio (noto studioso di monetazione islamica, già autore del volume Siciliae nummi cuphici, edito ad Acireale nel 1986), si apre con un capitolo in cui vengono forniti puntuali ragguagli sui metodi di datazione delle monete bizantine (con dettagliati grafici riguardanti i periodi di regno di ciascun imperatore e i relativi anni di indizione) e sulla scrittura cufica usata nelle emissioni arabe (con relativo schema dell’alfabeto cufico), oltre ad alcune note di metodo sulle trascrizioni delle legende presenti sulle monete arabe.
Le monete, oltre ad essere antesignane dei moderni mass media, sono anche l’immagine dell’epoca storica che le ha prodotte. Possiamo leggere su di esse la storia di un popolo; le monete presentano riferimenti diretti e indiretti: i primi sono le immagini che si riferiscono a precisi fatti storici; i secondi sono costituiti dal metallo usato, oppure dalla presenza di certe immagini al posto di altre.
In questa sede prendiamo in esame una moneta bizantina dell’epoca di Leone V (811-820): è un follis, con al diritto l’immagine del suddetto imperatore e al rovescio quella del figlio, Costantino, con la leggenda KONCT, coniato a Siracusa.
Il pezzo appartiene al terzo periodo della monetazione bizantina, quella coincidente con l’iconoclastia.
Segue: monete di Leone V in formato PDF, articolo completo tratto da Panorama Numismatico nr.72/febbraio 1994, articolo richiesto da un ns. lettore.