di Gianni Graziosi
Il córso Angelo Mariani (1838-1914), nato il 17 dicembre a Pero-Casevecchie (Corsica), fu un chimico e preparatore farmaceutico dotato di un notevole spirito imprenditoriale, inventore di una celebre bevanda tonica, a base di vino alla cocaina, commercializzata nel 1863 con il nome di Vin Mariani. Il prodotto ottenne grande successo in tutta Europa e rese ricco e famoso il suo creatore. La cocaina, un alcaloide con formula bruta C17H21NO4, è uno stupefacente che agisce sul sistema nervoso e si estrae dalle foglie della pianta della coca (Erythroxylum coca), un arbusto originario delle regioni tropicali centrali e nord-occidentali dell’America del Sud, che ha foglie alterne di un verde intenso. I principali produttori di coca sono la Colombia, la Bolivia, il Perù e il Brasile.
L’abitudine di masticare foglie di coca mescolate ad una sostanza alcalina, per facilitare l’estrazione del principio attivo, è una pratica che risale alle civiltà precolombiane ed è, ancora oggi, diffusa nei paesi andini. I più antichi reperti archeologici, attestanti l’impiego delle foglie di coca fra le popolazioni sudamericane, sono datati al 6.000 a.C. La cocaina estratta per effetto della masticazione passa nella saliva e viene lentamente assorbita attraverso la mucosa della bocca. Gli effetti compaiono lentamente e durano qualche ora. Masticare foglie di coca allevia i sintomi della fame, aumenta la forza e la resistenza fisica, riduce le difficoltà respiratorie a grandi altezze. La crescita della produzione e del consumo risale al XVI secolo e fu opera degli spagnoli. Le foglie di coca venivano fatte masticare agli schiavi indigeni, che lavoravano nelle miniere d’argento di Potosí (Bolivia), per dare loro maggior resistenza alla fatica e ridurre gli effetti della fame e della sete, tutto al fine di incrementare la produzione. Con l’argento estratto vennero coniati anche i famosi pezzi da otto real (real de a ocho o peso de ocho) che si riconoscono dal segno impresso dalla zecca di Potosí, il monogramma P, T e S: la moneta, pesante circa 27,4 g, era pure denominata dollaro spagnolo.
TRA ALCUNE PRESTIGIOSE MEDAGLIE BORBONICHE DEDICATE ALLE INCORONAZIONI MARIANE SI RISCONTRA UNA NOTEVOLE AFFINITÀ. CIÒ PERMETTE DI ATTRIBUIRE A SCIPIONE CATENACCI UNA MEDAGLIA RIMASTA FINORA ANONIMA
di Francesco Di Rauso
Desidero iniziare questa pubblicazione con una breve introduzione storica proveniente dal volume del compianto Franco Bartolotti, Medaglie e decorazioni di Pio IX, che tratta di come la presenza del nome del Capitolo Vaticano e del pontefice sulle medaglie per le incoronazioni mariane coniate in varie città italiane sia da considerarsi ufficiale.
L’uso di incoronare con solenni e pubbliche funzioni immagini mariane trae origine dalla consuetudine antica di rappresentare le croci e le immagini sacre sormontate da una corona e di adornare, con oggetti preziosi, simulacri di santi. Alla fine del XVI secolo, Clemente VIII aveva donato una corona di gemme alla immagine della B.V. in S. Maria Maggiore e questa usanza si diffuse particolarmente per l’opera di due frati cappuccini, Girolamo Paolucci di Calboli da Forlì e padre Fedele da S. Germano Vercellese. Questi due religiosi, nei luoghi dove predicavano, incitavano i fedeli a raccogliere oro, argento e gemme per confezionare corone da apporre sulle immagini della Madonna localmente venerata. Si possono ricordare tra le tante solenni incoronazioni dovute alla loro opera quelle fatte a Cremona (1596), Parma (1600), Comacchio (1619) e Oropa (1620). Questa forma di culto fu poi favorita dal nobile Alessandro Pallavicino, conte di Borgonuovo (Piacenza) che donò l’oro per la corona con cui il Capitolo Vaticano adornò nel 1631 l’immagine di S. Maria della Febbre nella sacrestia dei beneficiati della Basilica di S. Pietro. Dopo aver promosso l’incoronazione di altre immagini mariane a Roma questo conte volle dare stabilità a tale devozione lasciando nel 1636, per testamento, un legato al Capitolo Vaticano che consentiva di incoronare, nel tempo, le Madonne che godevano di particolare venerazione nei vari santuari. Perciò la concessione di tali incoronazioni divenne da allora privilegio del Capitolo di S. Pietro il quale ne stabilì le condizioni ed il cerimoniale.
Segue: articolo completo in formato PDF tratto da Panorama Numismatico nr.298 – Settembre 2014
L’Associazione Piero Cattaneo ha promosso, con il sostegno della Fondazione Credito Bergamasco, la prima pubblicazione dedicata alla produzione medaglistica dello scultore Piero Cattaneo (Bergamo 1929-2003).
Curato da Vezio Carantani, profondo conoscitore e cultore numismatico, recentemente scomparso (2014) e da Marcella Cattaneo, storica dell’arte del ‘900, il volume si apre con alcuni interventi sulle opere e sul processo artistico dello scultore medaglista, che fu capace di passare con grande disinvoltura dai capolavori scultorei dell’arte italiana alle interpretazioni personalissime del mondo industriale.
Nell’ambito delle celebrazioni per il Giubileo indetto da Papa Francesco, nei locali del Museo Nazionale del Collezionismo storico ad Arezzo, sabato 6 febbraio, alle ore 11.00, verrà inaugurata la mostra Divine Protezioni. Oggetti simbolo di devozione popolare.
Saranno esposti circa 200 oggetti tra medagliette devozionali – alcune delle quali opera di famosi incisori – conii, gettoni, medaglie giubilari e insegne dei pellegrini.

Fig. 1. Il ritratto attribuito, grazie a nuovi elementi biografici, a Michele Laudicina jr., conservato al Museo Pepoli di Trapani.
di Michelangelo Bonì e Davide Maria Gabriele
IL RITRATTO CONSERVATO AL MUSEO PEPOLI DI TRAPANI E LE ATTIVITÀ DEL SICILIANO REALE ISTITUTO D’INCORAGGIAMENTO DI ARTI E MANIFATTURE.
Recenti e nuove scoperte per completare il mosaico della sua attività medaglistico-incisoria
Ricostruire la vita di un uomo, un artista, un genio non è cosa semplice. Ancor meno quando la vita di quest’uomo è andata obliata, forse dolosamente dimenticata, per quasi due secoli. Ridargli dignità è un atto profondo, una vittoria senza eguali, ancor di più se con quest’uomo condividi i luoghi natii, le strade assolate, le facciate secche delle chiese, il mare che ancora continua a scontrarsi con gli scogli. Rendere omaggio ad un conterraneo è qualcosa di unico, quasi magico, che vi lega per sempre.
Per tal motivo questo lavoro, seppur breve, vuole essere un tributo a un vincolo ormai inscindibile che porta, quasi spasmodicamente, ad una continua ricerca di nuovi tasselli di luce.