di Gianni Graziosi
Gli appassionati di numismatica non possono non conoscere, almeno di nome, Lorenzo Bellesia. Grande conoscitore ed esperto di monete ha scritto, al riguardo, vari libri ed innumerevoli articoli. Solo per fare qualche esempio si possono ricordare le splendide monografie sulle emissioni delle zecche di Ferrara, di Reggio Emilia, di Lucca, di Como, di Massa di Lunigiana, di Mirandola (ducato dei Pico), volumi fondamentali per lo studio della storia della monetazione italiana, ricchi di riferimenti storici, di notizie, di immagini. Ebbene, non pago di tutto ciò, ora Bellesia ci sorprende piacevolmente dando alle stampe questo libretto di racconti brevi, in tutto sono 39. Storie che descrivono la natura e l’indole dell’uomo, non tralasciando anche le monete.
Il primo racconto (Il cercatore di tesori), veramente emblematico e decisamente gradevole, ci ricorda le storie fantastiche, una più incredibile dell’altra, di favolosi tesori ritrovati con il metal detector. Dell’idea, o semplicemente del fugace pensiero o della fantasia che ha coinvolto, forse, ogni collezionista di monete di impegnarsi in questa attività. Con il metal detector sono stati effettivamente ritrovati tesori come, da esempio, il grande accumulo di monete romane, risalenti al III secolo (52.500 ca.), rinvenuto da Dave Crips in un campo nel Somerset (Gran Bretagna), o quello ritrovato da David Booth vicino alla cittadina di Stirling (Scozia). Altrimenti si può citare il recente tesoro dissepolto a Jersey (isola del Canale della Manica) da due appassionati locali e costituito di monete celtiche (oltre 50.000) dell’Armorica, quindi ribattezzato, parafrasando un noto fumetto, tesoro di Asterix. Ebbene questo breve racconto, per una incredibile coincidenza voluta dal fato, mi ha immediatamente richiamato alla memoria l’immagine di una persona che, con un metal detector, scandagliava il basso fondale nei pressi del porto canale di Riccione. Scena che ho potuto ammirare mentre stavo assaporando un momento di tranquillità su una panchina di fronte al mare dopo le “fatiche” del convegno numismatico (30 agosto-1 settembre) di Riccione. Quanto fervore, quanto impegno traspariva da quella figura immersa nell’acqua che vagabondava, apparentemente senza meta e scopo, come trascinata senza volontà dall’impugnatura del magico strumento incantatore; chissà poi cosa avrà trovato? Mi piace semplicemente credere che tutto alla fine finirà come la storia narrata da Bellesia e che, per ovvie ragioni, non rivelo.
Come si può agevolmente constatare sia dai documenti che dalla notevole quantità di monete pervenuteci, gli anni intorno alla metà del Cinquecento nelle zecche italiane, specie del nord, furono caratterizzati da una attività assai intensa.
Nelle città emiliane, oltre ad una eccessiva quantità di moneta di bassa lega, furono emessi in abbondanza anche scudi d’oro deI sole e bianchi in argento.
Partendo da Parma per arrivare a Bologna, passando per Reggio Emilia, Modena, Mirandola e Ferrara, quale più quale meno, tutte le zecche furono interessate dal fenomeno, ma un particolare campo d’indagine è dato dalle tre zecche estensi, cioè Ferrara, la sede della corte ducale, Modena e Reggio Emilia, le quali durante il governo di Ercole II, dal 1534 aI 1559, conobbero un periodo di straordinaria attività.
Nell’ambito di queste periodo, il presente breve lavoro intende studiare i due citati tipi monetari, ovvero lo scudo d’oro del sole ed il bianco, battuti a Modena a nome del duca Ercole Il.
Segue: articolo completo in formato pdf da Panorama Numismatico nr.105 / 1997, articolo richiesto da un ns. lettore.
IL SESINO DI PARMA CONIATO DA FERDINANDO DI BORBONE DAL 1781 AL 1798 E’ UNA MONETA COMUNISSIMA E ALL’APPARENZA BANALE E SEMPRE UGUALE MA, A BEN GUARDARE, SI SCOPRONO TANTE VARIETA’ E RARITA’. ECCOLE ORA INDIVIDUATE ED ILLUSTRATE PER LA PRIMA VOLTA.
di Lorenzo Bellesia
IL CAVALLOTTO E’ UNA DELLE PIU’ COMUNI MONETE DI CORREGGIO. FU BATTUTA PER MOLTI ANNI ED IN UN COSPICUO NUMERO DI VARIANTI.
Nella seconda metà del Cinquecento la zecca di Correggio batté una moneta che dovette riscuotere un certo successo nella zona perché ne vennero emesse grandi quantità, almeno a giudicare dai coni identificati e dal numero di esemplari giunti a noi, e perché fu imitata da altre zecche vicine. Di certo fu battuta, sia in forma anonima che col nome dei conti Fabrizio e Camillo, dall’apertura della zecca fin verso la sua chiusura negli anni Venti del Seicento.
di Lorenzo Bellesia
UNA GRIDA DEL 1310 PERMETTE DI DEFINIRE I NOMINALI DELLE MONETE CONIATE A MILANO A NOME DI ENRICO VII (1310-1313).
Mi è capitato di leggere una grida milanese1 del 7 novembre 1310 che contiene la tariffa delle seguenti monete:
Florinum auri de Florentia, Zenujnum unum auri de Ianua, Ducatum auri de Veneciis pro solidis decem et denariis quatuor pro quolibet de predictis imperialibus parvis
Grossum tornensem pro denariis decem et octo
Vinizianum grossum argenti denariis novem et tercium