di Lorenzo Bellesia – da Panorama Numismatico nr.255 / Ottobre 2010
L’AMBROSINO MILANESE FU CONIATO PER TUTTA LA SECONDA META’ DEL DUECENTO CON DIVERSI SIMBOLI. IN QUESTO ARTICOLO NE VIENE PROPOSTA UNA CRONOLOGIA E INDICATA UNA RARITA’ PER OGNI VARIANTE.
Prima parte
Premessa
Dopo secoli in cui la moneta coniata a Milano aveva avuto il nome di un re od un imperatore, nella seconda metà del Duecento si cominciò a battere un nominale in argento del tutto nuovo, decisamente più pesante di tutte le precedenti. Questa moneta aveva al diritto il nome della città insieme ad una croce ed al rovescio Sant’Ambrogio seduto di fronte e benedicente. Proprio per la presenza del Santo la moneta fu chiamata ambroxinus e se ne produssero un gran numero di varianti per circa mezzo secolo.
(altro…)
di Lorenzo Bellesia – da Panorama Numismatico nr.253 – Luglio/Agosto 2010
I lettori di Panorama Numismatico mi perdoneranno se ritorno su un argomento che avevo già ampiamente trattato appena nel numero scorso1 dove, esaminando la monetazione a nome di Azzo d’Este per le città di Modena e Reggio Emilia, avevo osservato come i coni delle due emissioni fossero così simili che se ne poteva dedurre una origine comune. Questa constatazione apriva affascinanti scenari: se i coni erano stati prodotti o a Modena o a Reggio, perché le monete non potevano essere state battute in una sola delle due città a nome però di entrambe?
Per di più, osservando l’accuratissima manifattura dei coni nonché l’elegante forma delle lettere, diversissime da quelle tradizionali in uso nell’area emiliana e nella vicina Bologna, si poteva ipotizzare che i coni fossero stati incisi in un’altra città, che non poteva però essere la stessa Ferrara dove la zecca non era più attiva da molti anni.
di Lorenzo Bellesia – da Panorama Numismatico nr.252 – Giugno 2010
I GROSSI BATTUTI A MODENA E REGGIO EMILIA A NOME DEL MARCHESE AZZO D’ESTE PRESENTANO SORPRENDENTI SOMIGLIANZE TANTO DA FAR PENSARE AD UN SOLO INCISORE DEI CONI O ADDIRITTURA AD UNA SOLA ZECCA.
La prima moneta estense non fu battuta a Ferrara, città da cui iniziò la fortuna della famiglia, ma da due possedimenti vicini, per giunta temporanei: Modena e Reggio Emilia.
Non è facile spiegarlo e forse non c’è neppure una ragione precisa. Ferrara già alla fine del XII secolo aveva cominciato a battere il suo denaro ferrarino1 ma poi, nel corso del secolo successivo, aveva perso lo slancio e la produzione cessò nonostante i patti con Bologna prima e Parma poi nel 12092. Di certo non coniò alcun grosso come invece stavano facendo un po’ tutti i grandi Comuni emiliani nel corso degli anni Trenta e Quaranta. Il Bellini ha citato molti documenti del XIII secolo in cui sono citate monete straniere circolanti a Ferrara, grossi veneziani e bolognesi in particolare. E se Ferrara contava agli inizi del Trecento circa 20.000 abitanti3 la moneta necessaria non doveva essere poca.
Intanto le autorità comunali perdevano sempre più autorità e nelle lotte interne prevalse Obizzo d’Este che prese effettivamente il potere a Ferrara nel 1264 quando fu nominato signore perpetuo con la successiva introduzione di norme volte ad annullare praticamente tutte le istituzioni del libero Comune.
di Lorenzo Bellesia – da Panorama Numismatico nr.232/Settembre 2008
In un lotto di vecchi cataloghi ne ho trovato uno con uno scudo d’oro di Reggio Emilia di estremo interesse. Il catalogo è quello della vendita organizzata a Parigi il 6 e 7 maggio 1955 dagli esperti P. Ciani e J. Vinchon col titolo Collection de monnaies en or et en argent. Al lotto 158 fu presentato lo scudo d’oro così descritto:
di Lorenzo Bellesia – da Panorama Numismatico nr.241 / Giugno 2009
NEL CNI ALCUNE MONETE DELLE ZECCHE DI MANTOVA, FERRARA, MODENA, REGGIO EMILIA E VERONA SONO INDICATE CON I NOMI PIU’ DIVERSI: TESTONE, MEZZO TESTONE, GROSSONE, MEZZA LIRA. IN REALTA’ SONO TUTTE UGUALI E DERIVANO DA UNA MONETA MANTOVANA CHIAMATA BUSSOLOTTO.
Nell’età del marchese Lodovico II a Mantova si coniò una moneta d’argento che prese il nome di bussolotto e che si diffuse presto nelle zecche vicine come Ferrara, Reggio Emilia, Modena e Verona, assumendo però nomi diversi. Per un caso, quando, nel 1504, a Roma venne introdotta la riforma voluta da Giulio II, la nuova moneta d’argento, pur se diversa per peso e titolo, venne ad avere lo stesso tenore di fino per cui le tariffe successive diedero lo stesso valore ai bussolotti mantovani, ai suoi omologhi nelle altre zecche ed ai giuli papali.