UN CURIOSO PARTICOLARE AGGIUNTIVO NELLA ICONOGRAFIA MONETALE DEL BASSO IMPERO E BIZANTINA.
di Paolo Pini
A partire dall’epoca constantiniana il capo dell’imperatore non è più cinto, nel diritto delle monete, dalla corona d’alloro o radiata, ma da un diadema. Il nuovo ornamento, di derivazione orientale, è costituito da una doppia fila di perle o da una benda adorna di gemme che ne reca una più grande sulla fronte. In entrambi i casi questo vezzo termina con un nodo sulla nuca, dal quale scendono i due capo, In altri esemplari il diadema, che si arricchisce di due file di gemme frontali, orna l’elmo dell’imperatore, e questa tipologia si protrarrà nel periodo bizantino.
Ma in epoca teodosiana, un elemento nuovo fa la sua comparsa: la “MANUS DEI”, o la mano celeste, che, come uscente dal cielo, impone una ghirlanda sul capo dell’imperatore dell’imperatrice (fig.1). Il piccolo elemento accessorio si può riscontrare anche nelle figure interne dei rovesci.
In genere di trova sulla sommità del capo, a contatto o appena staccato, interposto alle legenda di bordo, e talora, dalle minuscole dimensioni e specie in esemplari non nitidi per conio o conservazione, può essere confuso con la gemma centrale del diadema. Tutt’altro che costante è tuttavia più frequente nei solidi, ma compare anche in monete bronzee.
La “manus” sta a indicare il diretto legame e la divinità. Dapprima non ancora necessariamente il Dio cristiano, se in emissioni dopo la morte di Costantino la mano uscente dalle nubi è tesa a guidare al cielo la quadriga su cui si trova l’imperatore defunto, in una ambigua significazione di “consecratio” ancora pagana.
Successivamente la “manus dei” si afferma il rapporto tra il Dio della nuova fede e il regnante. La ghirlanda, o corona, è simbolo sacerdotale ed è noto come sacerdozio e potestà regia fossero ab antiquo riunite nella stessa persona.
Si viene così esplicitando graficamente il concetto della autorità imperiale per grazia e benedizione di Dio. Non sarà poi peregrino indagare anche nella sfera civile per dare forse al simbolo una significazione e una motivazione più complete: nel più antico diritto matrimoniale romano al matrimonio era legato l’assoggettamento della donna alla potestà (manus) del marito. La manus dei delle monete e di quant’altre espressioni figurative dell’epoca potrebbe così anche indicare la sottomissione del regnante alla potestà divina.
Segue articolo completo in formato PDF tratto da Panorama Numismatico n.78/settembre 1994
Il 5 giugno 2013, Münzen & Medaillen GmbH terrà la sua trentottesima asta a Stoccarda. La vendita spazia dalle monete antiche, moderne e contemporanee fino alla letteratura numismatica.
Tra le monete greche antiche, saranno offerte all’asta anche due tetradracmi prodotti a Siracusa da due artisti fustellatori che hanno firmato il loro lavoro, Sosion ed Eumenos.
Sarà presente anche una piccola collezione di monete persiane dal 1° secolo a.C. al 2° secolo d.C, come anche una vasta gamma di monete rappresentanti le immagini più divertenti, belle ed interessanti mai prodotte dal mondo antico: da Mende, una tetradracma che colpisce con una rappresentazione di Dionisio, coppa in mano, che si lascia trasportare a casa dal suo asino dopo una bevuta apparentemente intensa; da Paeonia, una tetradracma raffigurante Eracle mentre combatte atleticamente bloccando a terra un leone sofferente con il braccio sinistro e colpendolo con il destro; da Cnosso arriva, invece, una moneta bronzea con il famoso labirinto; e da Barke, in nord Africa, una tetradracma con una immagine della pianta Silphion, apprezzata nei tempi antichi per le sue qualità medicinali, ma da lungo tempo estinta.
Il lotti principali dell’asta sono composti da una selezione di monete celtiche. Queste provengono da quasi tutto il territorio occupato dai celti, ovvero da Gran Bretagna, Spagna, Belgio e Francia, attraverso la Renania e la Germania meridionale verso le regioni celtiche orientali lungo il Danubio – più di 100 monete celtiche che saranno offerte in asta.
di Roberto Diegi
L’ADORAZIONE DEL SOLE NELLE MONETE IMPERIALI DEL III E IV SECOLO
La festa liturgica del Natale è stata istituita in Occidente – probabilmente poco prima della metà del IV secolo – e si è diffusa rapidamente in Oriente. Si tratta di una celebrazione relativamente tardiva, poiché in quell’epoca le comunità cristiane già osservavano le festività canoniche della Pasqua e della Pentecoste, ereditate direttamente dal giudaismo, conoscevano un ciclo quaresimale di durata variabile secondo le varie località e festeggiavano quasi ovunque il 6 gennaio l’Epifania, dedicata essenzialmente al battesimo di Gesù.
La festa di Natale del 25 dicembre era quindi sconosciuta ai cristiani dei primi tre secoli. Fino all’inizio del IV secolo questo giorno, destinato a costituire in seguito una data centrale nel cristianesimo, passava del tutto inosservato ai credenti. Invece, nell’impero romano, il 25 dicembre era una importante festività dedicata al culto pagano di Mitra, all’adorazione del Sole e nella quale veniva celebrata la fine del solstizio invernale.
di Roberto Diegi
Magnus Clemens Maximus
Flavius Victor
Eugenius
Di Magno Massimo ho già avuto occasione di parlare più volte, a proposito di Graziano, di Valentiniano II e Teodosio.
Mi ero ripromesso però di dedicargli un breve spazio, perché la sua figura non può, a mio avviso, essere catalogata “tout court” tra gli Usurpatori.
Magno Massimo naque in Spagna attorno al 335 ed era imparentato con la casata di Teodosio. Fece una brillante carriera militare sino ad essere nominato comandante in capo delle forze armate delle Province Britanniche.
Nel 383 i suoi soldati insoddisfatti del regime di Graziano lo elessero Imperatore.
di Roberto Diegi
Servius Sulpicius Galba
Marcus Salvius Otho
Aulus Vitellius
Titus Flavius Vespasianus
L’anno 69 d.C. è comunemente chiamato l’anno dei quattro imperatori, perché in dodici mesi Roma vide alternarsi sul trono, in dura contrapposizione tra loro, i quattro di cui sopra, finchè Vespasiano sconfisse l’ultimo dei pretendenti, Vitellio, dando origine alla dinastia Flavia.
Galba
Il primo imperatore fu Servius Sulpicius Galba, nato nell’anno 3 d.C., di rango patrizio: figlio di Gaio Sulpicio Galba e di Mummia Acaica fu tenuto in grande considerazione da Augusto, Tiberio, Caligola e Claudio. Il suo personale cursus honorum era di tutto rispetto: governatore della Aquitania, console (nel 33), comandante militare della Germania Superiore, proconsole in Africa (nel 45) ed infine governatore della Hispania Tarraconensis.