di Roberto Diegi
L’ALTRA META’ DELLA NUMISMATICA: LE DONNE NELLA SOCIETA’ ROMANA GODEVANO DI UNA SIGNIFICATIVA EMANCIPAZIONE, AL PUNTO CHE MOLTE MONETE FURONO CONIATE A LORO NOME
Un’interessante galleria di ritratti – Seconda Parte
Negli anni convulsi che videro affermarsi la dinastia dei Severi, uno degli effimeri imperatori fu Marcus Didius Severus Julianus, appartenente a una delle famiglie più in vista di Mediolanum, notevolmente ricco, cosa questa che ebbe una decisiva importanza per la sua nomina: Didio Giuliano offrì una forte somma ai pretoriani se lo avessero eletto imperaore. E così fu. Il modo in cui era avvenuta l’elezione di Giuliano non piacque per nulla al popolo né a una gran parte delle legioni: alla fine, i due potenti governatori della Syria e della Pannonia – rispettivamente Caius Pescennius Niger e il futuro fondatore della dinastia dei Severi, Lucius Septimius Severus – furono proclamati entrambi imperatori in antitesi a Didio Giuliano.
Settimio Severo, accordatosi facilmente con Clodio Albino, suo conterraneo, allora governatore della Britannia e suo possibile rivale, marciò subito sull’Italia e sulla capitale Roma, trovando ovunque accoglienze favorevoli, specie da parte delle armate che avrebbero dovuto contrastarlo. Didio Giuliano, abbandonato anche dai pretoriani, finì con l’essere assassinato il primo giugno del 193: il suo regno era durato poco più di due mesi, ma durante questo brevissimo lasso di tempo fece coniare splendidi aurei a nome della moglie Manlia Scantilla e della figlia Didia Clara.
Segue: Diegi Le donne II parte tratto da Panorama Numismatico nr.290 – Dicembre 2013
Vedi prima parte dell’articolo
di Roberto Diegi
L’ALTRA META’ DELLA NUMISMATICA: LE DONNE NELLA SOCIETA’ ROMANA GODEVANO DI UNA SIGNIFICATIVA EMANCIPAZIONE, AL PUNTO CHE MOLTE MONETE FURONO CONIATE A LORO NOME.
Un’interessante galleria di ritratti – Prima Parte
Èopinione concorde tra i numismatici che la monetazione di Roma imperiale ci abbia tramandato, specie sui nominali di più largo modulo, come i sesterzi, stupendi ritratti degli imperatori di turno. Verissimo, chi non ha presente, tanto per fare un paio di nomi a titolo di esempio, i ritratti di Nerone o di Adriano?
Le madri, le mogli e le varie parenti di molti imperatori hanno avuto anch’esse l’onore di essere effigiate su molte monete, ma spesso ci si limita a ricordare questo fatto, senza peraltro attribuire ad esso soverchia attenzione.
Con questo mio articolo (anzi, piuttosto, rassegna fotografica), mi sono proposto di dare più spazio ai ritratti di quelle donne che hanno vissuto all’ombra di importanti regnanti –come madri e mogli, soprattutto – alcune delle quali sono state peraltro le vere detentrici del potere.
Non vi è nel mondo antico una situazione della società analoga a quella di Roma, nella quale la donna abbia sempre goduto di una grande emancipazione ai livelli più alti e, in alcuni casi, anche di poteri paragonabili a quelli degli uomini. È questo il caso di molte imperatrici – mogli, madri e sorelle di imperatori, Auguste esse stesse – sui ritratti delle quali vale la pena di soffermarsi.
Livia, moglie di Augusto e madre di Tiberio: molte sono state le monete dedicate da Tiberio a Livia.
Al nome di Iulia Augusta, come era stata chiamata Livia, dopo che era entrata a far parte, per adozione, della Gens Julia, l’imperatore Tiberio fece coniare anche lo splendido sesterzio che riporto a fianco. Per la cronaca si annota che alcuni autori attribuiscono invece questa moneta a Giulia, seconda moglie di Tiberio e figlia di Augusto.
Segue: articolo completo in pdf: Diegi Le donne I parte tratto da Panorama Numismatico nr.289 / Novembre 2013
di Roberto Diegi
Dall’Impero di Roma al Regno delle Due Sicilie
SIMBOLO DI RESURREZIONE, DI RINNOVAMENTO E D’IMMORTALITA’, L’IMMAGINE DELLA FENICE SI TROVA SULLE MONETE ROMANE E, CON MAGGIOR FREQUENZA, SU QUELLE DI COSTANTE E COSTANZO II. I BORBONE, 400 ANNI DOPO, LA RIPRESERO IN PIU’ OCCASIONI.
Il Quaderno di studi n. VII/2012, edito dalla nuova Associazione Culturale Italia Numismatica, è dedicato alla memoria di Andrea Morello e di quest’ultimo riporta un interessante articolo – già pubblicato sulla rivista Monete Antiche, n. 40/2008 – concernente l’iconografia paleocristiana sulle monete romane tardo antiche. In particolare questo articolo si sofferma sulla raffigurazione della fenice che si trova prevalentemente su alcuni piccoli bronzi emessi da Costante e Costanzo II, figli di Costantino, attorno alla metà del IV secolo d.C.
Questo articolo, peraltro, come dicevo, molto interessante, ha richiamato la mia attenzione perchè la raffigurazione della fenice non si ferma all’epoca romana ma viene ripresa con grande evidenza molti secoli più avanti, dai Borbone di Napoli e del Regno delle Due Sicilie. Ma cos’era la “fenice”?
Scarica tutto l’articolo in formato pdf, tratto da Panorama Numismatico nr.288 / Ottobre 2013
OPERA DI APOLLODORO DI DAMASCO, DEL PONTE VOLUTO DA TRAIANO ALLA VIGILIA DELLA SECONDA CAMPAGNA MILITARE CONTRO I DACI RIMANGONO OGGI POCHE SOPRAVVIVENZE. LE MONETE ROMANE NE MOSTRANO L’ORIGINALE GRANDIOSITA’
di Roberto Diegi
Un inquadramento storico-biografico si impone.
Come è noto, nel corso del II e del III secolo d.C., l’impero romano raggiunse l’apice dell’espansione territoriale e della prosperità materiale. Fino all’età di Traiano l’impero visse un lungo periodo di pace all’interno, accompagnato dalla progressiva espansione territoriale oltre i confini. Sotto Traiano (98-117 d.C.) l’impero conobbe il suo apogeo e anche l’arte riuscì per la prima volta – stando a quanto ci è dato conoscere – a staccarsi dall’influenza ellenistica.
Uno degli architetti più prestigiosi e geniali che lavorò sotto Traiano fu certamente Apollodoro di Damasco. Architetto, scrittore e ingegnere militare, fu molto attivo a Roma all’inizio del II secolo, ovviamente dopo Cristo. Su Apollodoro ci sono poche informazioni da parte degli autori antichi ma, nonostante il nome greco, va annotato che Apollodoro era un siriano ellenizzato, che aveva appreso il greco come seconda lingua e aveva adottato un nome greco, come peraltro faceva qualunque orientale che volesse acquisire rapidamente una posizione di rilievo nel mondo romano.
Apollodoro, come detto, fu l’architetto ufficiale di Traiano, che seguì nelle guerre contro i Daci. Il legame tra Apollodoro e Traiano si spiega col fatto che nel 76-77 d.C. il padre del futuro imperatore, M. Ulpio Traiano, era stato governatore della Siria, provincia in cui lo stesso Traiano aveva soggiornato da giovane. È molto probabile quindi che il padre dell’architetto sia entrato nella clientela di Traiano padre mentre questi era governatore in Siria. Quindi anche il futuro imperatore ebbe probabilmente modo di conoscere bene Apollodoro, che divenne l’architetto di fiducia di Traiano quando si trasferì a Roma e per l’imperatore progettò molti prestigiosi edifici civili. Ma Apollodoro è probabilmente più noto per la realizzazione del famoso ponte sul Danubio alla vigilia della seconda campagna militare contro la Dacia.
Nella sua attività di ingegnere militare Apollodoro costruì, nell’intervallo fra la prima campagna dacica (101-102 d.C) e la seconda (105-106 d.C), il ponte sul Danubio, sul quale le legioni romane passarono nell’estate dell’anno 105 e del quale rimangono vestigia presso Drobeta (Romania) e un’immagine in rilievo sulla Colonna Traiana.
Tra la prima e la seconda guerra tra romani e daci (101/102 e 105/106), periodo in cui l’imperatore Dace Decebalo era stato costretto ad accettare una dura pace imposta da Traiano, i romani avevano chiara in mente la necessità di una strada che potesse assicurare una comunicazione più diretta con la Dacia, nella prospettiva di vincere definitivamente il popolo dace. Per superare la difficoltà, l’imperatore Traiano prese in considerazione la costruzione di un ponte sul Danubio, allo scopo di eliminare uno degli ostacoli costituito proprio dalla mancanza di una comunicazione diretta con la Dacia, scegliendo personalmente il posto del futuro ponte sul fiume. Punto strategico di grande importanza, Drobeta offriva un particolare vantaggio: la scarsa profondità dell’acqua e una larghezza relativamente ridotta del Danubio nel luogo prescelto.
Alla fine della dominazione romana in Dacia, il ponte è stato distrutto più volte. Oggi si possono vedere ancora i monconi dei piloni del ponte alle due estremità sulle rive del Danubio; nel 1858, quando il grande fiume aveva registrato un livello molto basso, è stato possibile vedere anche la parte del ponte che si trova sott’acqua.
Ma la testimonianza più realistica di come potesse essere questo ponte, al tempo della sua integrità, ce la fornisce una volta di più la numismatica attraverso una splendida serie di sesterzi fatti coniare da Traiano per ricordare quest’opera per quei tempi decisamente eccezionale. Vediamone alcuni.
La foto 1 ci mostra tre splendidi esemplari di sesterzio con l’immagine del ponte sul Danubio tratti dall’opera di Elio Biaggi Le preziose patine dei sesterzi di Roma Imperiale (Ivrea 1992). Le tre monete proposte sono apparentemente identiche ma, in realtà, sono diverse le raffigurazioni di conio, soprattutto al rovescio.
Segue: articolo completo in formato pdf, anteprima da Panorama Numismatico nr.287 di prossima uscita (settembre 2013).
di Roberto Diegi
DAI PRIMI ASSI CON LA TESTA DI GIANO E L’IMMAGINE DI UNA PRORA ALLE MAIORINE DEL IV SECOLO, AL MARE E’ SEMPRE STATA DEDICATA UN’ATTENZIONE PARTICOLARE NELLE CONIAZIONI ROMANE, COSI’ COME E’ ACCADUTO NELLA STORIA DELL’IMPERO.
La prima cosa che uno pensa riguardo alla potenza militare di Roma e alle sue vaste conquiste militari è che questi risultati sono stati raggiunti grazie alle sue legioni di terra e alla loro perfetta organizzazione. Verissimo, ma non va dimenticato che Roma era collocata in mezzo al Mediterraneo e che il controllo del suo impero non poteva prescindere anche da un controllo del mare, sia militare che commerciale.
Non deve quindi stupire che Roma rappresentasse spesso la nave sulle sue monete, che – non dimentichiamolo – erano allora il primo e più immediato mezzo di “propaganda”. Antonio Morello, ha dedicato un importante studio sul potere marittimo di Roma nella monetazione repubblicana: io, molto più semplicemente, mi limiterò a una documentazione per immagini, allargando peraltro il mio orizzonte all’Impero.