Bologna Sabauda. Dal Governo delle Romagne al Regno d’Italia. Chiusura della Zecca (1859-1862)
di Giovanni B. Vigna, Michele Chimienti, Guglielmo Cassanelli, Renzo Bruni
Il 4 giugno 1859, durante la seconda guerra d’indipendenza, l’esercito franco-piemontese sconfisse gli austriaci (Battaglia di Magenta), costringendoli a ritirarsi dai presidi a sud del Po. Nella notte tra l’11 e il 12 giugno questi abbandonarono Bologna, seguiti dal Legato pontificio Giuseppe Milesi Pironi Ferretti. La Municipalità diede allora vita ad una Giunta Provvisoria di Governo che rivolse ai cittadini un proclama annunciando di avere «invocata la dittatura» «del magnanimo Re di Piemonte». Essa venne riconosciuta come Centrale di Governo dai Comitati costituiti nelle città limitrofe, reggendo il capoluogo e le ex Legazioni nelle settimane successive; tra le disposizioni emanate, stabilì il corso legale della Lira italiana nel territorio (28 giugno 1859), provvedimento accolto con favore dalla popolazione…
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Articolo a stampa su Panorama Numismatico n. 410, novembre 2024
Pio IX, l’ultimo papa-re: la parabola di un “parroco di campagna”
Seconda parte
di Giovanni B. Vigna, Michele Chimienti, Guglielmo Cassanelli
Zecca e monetazione: 1849-1859
Dopo la caduta della Repubblica Romana, Roma e lo Stato Pontificio risultavano inondati di moneta erosa e di cartamoneta: circa sette milioni di scudi erano stati emessi dai diversi governi del biennio rivoluzionario, e oltre un milione e mezzo erano i Buoni della Banca Romana che circolavano a corso forzoso. Con il ripristino del Governo Pontificio, cessarono immediatamente le monetazioni rivoluzionarie: i conii relativi furono raccolti e sigillati in un baule mentre le monete plateali presenti nelle Pubbliche Casse furono deformate e vendute come bassa lega d’argento ad altre zecche. Il ritiro della moneta di rame avvenne invece successivamente. Si trattò dunque di riprendere le coniazioni metalliche ordinarie, in particolare quelle del rame, al fine di far ripartire l’economia locale e poter ritirare l’eccesso di Boni cartacei e cartamoneta repubblicana che si erano diffusi nelle Legazioni. La Zecca di Bologna non era più in grado di gestire in autonomia l’intero processo produttivo, quantomeno per tirature monetarie elevate: andavano stipulati appalti specifici per garantire l’approvvigionamento di tondelli di rame in grande quantità…
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Articolo a stampa su Panorama Numismatico n. 401, gennaio 2024

Giovan Battista Gaulli, Ritratto di Clemente X (1670-1676), olio su tela, Firenze, Galleria degli Uffizi.
di Michele Chimienti e Guglielmo Cassanelli
LA COLLEZIONE DI MONETE PAPALI DI SAVERIO SCILLA, DISPERSA GIÀ IN ANTICO, SI PUÒ RICOSTRUIRE GRAZIE ALLE RIPRODUZIONI PUBBLICATE DA SERAFINI E ZANETTI
Le monete d’oro del XVII secolo emesse dalla zecca felsinea di cui non si conosce alcun esemplare
Alcuni autori (Scilla, Zanetti, Serafini) hanno pubblicato le immagini di monete d’oro emesse dalla zecca di Bologna a nome di Clemente X e di Innocenzo XI di cui oggi non si conosce nessun esemplare. Probabilmente quelle emissioni erano tanto scarse (si trattava di poche centinaia di esemplari ognuna) che non ne è sopravvissuta nessuna alle successive fusioni. In effetti, contrariamente a quanto accade oggi, il valore delle monete d’oro e d’argento da collezione era spesso di poco superiore, se non uguale, a quello del loro contenuto in metallo prezioso per cui poteva risultare semplice e conveniente consegnarle in zecca perché fossero fuse e averne in cambio delle nuove ben accette sui mercati. A conferma di ciò si può citare quanto accadde alla collezione di Saverio Scilla, che il 26 giugno 1746 fu ceduta al Medagliere Vaticano dal figlio Ponziano. Il figlio lamentò il fatto che il valore intrinseco delle monete d’oro e d’argento era superiore alla stima eseguita per la vendita (Archivio della Biblioteca Vaticana, vol. 11, f. 396).
Segue: articolo completo in formato PDF, anteprima del numero di giugno 2015 di Panorama Numismatico