di Alberto Castellotti

Da Roger van der Weyden, Ritratto di Filippo il Buono con il collare dell’Ordine del Toson d’oro, olio su tavola, Digione, Musée des Beaux-Arts.
UNA STRANA INCISIONE SUL ROVESCIO DI UNA MONETA NAPOLETANA RIVELA IL SOVRAPPORSI DI LEGGENDE PAGANE E CRISTIANE
Come ho avuto sovente modo di dire ai tanti amici numismatici professionisti, sia italiani che stranieri, che mi conoscono da anni come collezionista, mentre un tempo, in campo numismatico, avrei potuto vagheggiare il possesso di pezzi pregiati, nell’era dell’euro, a malincuore, mi devo accontentare di esemplari un po’ meno sfolgoranti. Tant’è che, con una sorta di ritorno agli anni giovanili, quando frequentavo i mercatini, mi sono riabituato a rovistare fra la minutaglia e persino sul web, che a livello globale ha preso, tra i vari posti, anche quello delle bancarelle, mi trovo sovente a vagabondare.
In una recente scorribanda ho così potuto reperire una curiosa monetina che ha avuto il merito di mandarmi un messaggio subliminale talmente esplicito, nonostante la sua modestia, che non ho potuto resisterle.
di Pietro Magliocca
APPROFONDIMENTI SULLE VICENDE STORICHE E SULLE MONETE CONIATE A NAPOLI PER L’EVENTO, CON IMPRESSA LA LEGENDA “MAGNA OPERA DOMINI”.
Carlo V d’Asburgo, convinto difensore e sostenitore della fede cattolica, allo scopo di riconquistare alla cristianità la città di Gerusalemme e tutti i luoghi sacri, contrastò fermamente la riforma di Lutero. Il suo regno fu contrassegnato da una lunghissima guerra contro il suo rivale di sempre, Francesco I re di Francia, e la città di Napoli non ne rimase immune: nel 1528 venne invasa dalle truppe francesi di Odetto di Foix, visconte di Lautrec.
Contro il governo assoluto dell’imperatore Carlo V, la nobiltà cittadina e i baroni si schierarono, parteggiando per l’armata francese, scesa in Italia per volere del re di Francia, per liberare papa Clemente VII dalle prigioni di Castel Sant’Angelo. In quella occasione molti parentadi filofrancesi, ricordevoli di quel dominio sotto la casa d’Angiò, parteggiarono per Odetto de Foix, a causa del tedio ed odio del dominio spagnuolo.
Segue: Le quadrupe e le doppie d’oro di Carlo V per i tumulti napoletani del 1547 articolo completo in formato pdf tratto da Panorama Numismatico nr.298 – Settembre 2014
Un comune esempio numismatico
FIGURA SCOMODA PER LA LIBERALITÀ DI PENSIERO GIOVANNA D’ARAGONA VENNE DEFINITA “PAZZA” E RINCHIUSA PER BUONA PARTE DELLA SUA VITA. NONOSTANTE CIÒ, LA SUA IMMAGINE COMPARE SU ALCUNE MONETE FATTE CONIARE DAL FIGLIO CARLO V
Nel mondo numismatico, si sa, le monete sono spesso considerate come esempio di varie testimonianze (storica, artistica, etc.) per delineare in modo più preciso il periodo e l’ambiente che ne hanno curato la produzione. Alcune, però, riescono a comunicare meglio il loro messaggio, forse perché sono state coniate appositamente per svolgere questo importante compito.
Uno dei casi più interessanti, a livello storico, politico e sociale, è sicuramente la serie enea napoletana curata a nome della regina castigliana Giovanna e di suo figlio, Carlo di Gand, che passerà alla storia con il nome di Carlo V.
Le vicende che caratterizzarono l’esistenza della regina Giovanna sono state trattate in molti ambiti e sotto varie ottiche, tutte originali. La sua vita non fu certo semplice: lo si può immaginare già dalla dura infanzia che tormentò la giovane principessa, la quale doveva tenere testa ad un padre, Ferdinando II d’Aragona, che non esitò a sacrificarla ad un matrimonio politico, seppur ben riuscito, e ad una madre, Isabella di Castiglia, ossessionata, se così si può dire, dal fervore religioso. Fu così che Giovanna crebbe in un clima politico-religioso molto pesante: la madre, in particolare, la trattò sempre con una certa ostilità a causa della repulsione che la figlia dimostrava nei confronti del fanatismo religioso, ampiamente appoggiato dai cosiddetti “Re cattolici”. Tale attaccamento al cristianesimo divenne sempre più importante per i sovrani iberici, basti pensare che la Spagna, all’epoca, era ancora divisa in vari regni che godevano di organismi amministrativi del tutto peculiari. Anche se a Ferdinando II non mancò la volontà di unificare tutti i territori spagnoli sotto la propria corona, il suo impegno primario si svolse soprattutto verso l’eliminazione di tutte le presenze straniere di arabi ed ebrei, al fine di legittimare la sua posizione di sovrano cristiano agli occhi del papa e del resto d’Europa. Fu proprio grazie alle azioni politiche di Ferdinando che la Spagna poté intraprendere, anche se a fatica, quel duro percorso che nel giro di qualche generazione la farà entrare di diritto tra i Paesi più potenti ed influenti dell’intera Europa, e non solo.
Segue: articolo completo in formato pdf, anteprima da Panorama Numismatico nr.303, febbraio 2015