di Francesco di Rauso
LA MEDAGLIA NAPOLETANA DEL SETTECENTO DIMOSTRA ANCORA UNA VOLTA DI ESSERE UN ECCEZIONALE TESTIMONE DELLA STORIA DELLA FAMIGLIA REALE DEI BORBONE.
Una misteriosa acquaforte di una medaglia di Ferdinando IV di Borbone
Ferdinando IV di Borbone e la consorte Maria Carolina d’Austria sono raffigurati su medaglie che commemorano i più lieti eventi dei loro regni, in particolare le nascite. In questo articolo vengono illustrate quelle per la nascita del principe ereditario Carlo Tito (1775) e del Principe Francesco (1777), quest’ultimo divenuto duca di Calabria (1778-1825) e re delle Due Sicilie (1825-1830) in seguito alla morte prematura di Carlo Tito nel 1778.
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di Francesco di Rauso*
Nato a Palermo nel 1810 e divenuto all’età di venti anni re del Regno delle Due Sicilie, il più importante reame d’Italia, Ferdinando II di Borbone, il più napoletano dei re si spense a Caserta il 22 maggio 1859 a causa di un male che portava avanti già da qualche anno. Egli, con grande senso di responsabilità, mise in primo piano i bisogni del popolo e della nazione più che gli interessi personali. Iniziò a diminuire le somme da elargire alla Regia Corte e contribuì, in più occasioni, con la sua cassa personale ai fabbisogni dello Stato. Fece tutto ciò che fu possibile perchè il suo popolo vivesse in condizioni dignitose affrontando con notevole determinazione le varie problematiche del Regno. Durante i suoi 29 anni di governo, le Due Sicilie acquisirono posizioni di rilievo in numerosi campi ed i primati da essa raggiunti non furono eguagliati prima d’allora da nessun altro Stato italiano. Nulla da invidiare quindi alle altre grandi potenze europee. Le tante opere pubbliche, molte delle quali giunte intatte sino ai giorni nostri, testimoniano la grandezza di questo sovrano e la sua “passione per il progresso”.
Le cronache del tempo narrano di un sovrano sempre presente e che preferiva rendersi conto di persona dei problemi reali della gente grazie ai suoi numerosi viaggi effettuati nelle varie province del Regno. A causa, però, della sua grande personalità fu tanto odiato da quel gruppetto di rivoluzionari e sovversivi che fregiandosi con l’appellativo di “patrioti”, andarono all’estero a bollare come tiranno un sovrano deciso e determinato che non amava farsi pestare i piedi.