Segnaliamo qui due aggiudicazioni notevoli dell’ultima asta di Jean Elsen a Bruxelles.
Un aureo di Postumo del 267, lotto 512, molto raro e in condizioni eccezionali, partiva da 25 mila euro ed é stato aggiudicato a 271.400 euro. Un ducatone in oro di Carlo II delle Fiandre del 1694, lotto 1166, é stato invece aggiudicato a 51.920 euro (base d’asta 35.000 euro).
In questa pagina del sito di Elsen si trovano tutte le aggiudicazioni dell’asta 116: Prix réalisés.
Titus Flavius Vespasianus
Titus Flavius Vespasianus (Titus)
Titus Flavius Domitianus
Titus Flavius Vespasianus
Titus Flavius Vespasianus nacque a Reate nel 9 d.C. da una famiglia dell’ordine equestre. Il padre era stato esattore delle tasse; suo fratello maggiore Sabino era divenuto senatore ed era prefetto di Roma quando fu ucciso durante gli ultimi giorni di strenua resistenza di Vitellio e dei suoi seguaci.
Nel 40 Vespasiano divenne pretore e successivamente ebbe altre cariche, grazie alla protezione del potente liberto Narciso, ministro ai tempi di Claudio.
Come comandante di legioni si distinse, nel 43-44, nella campagna per l’invasione della Britannia; nel 51 fu proconsole in Africa dove meritò molti elogi per la sua buona e onesta amministrazione. Nel 67 fu nominato gvernatore della Giudea, con l’incarico di domare la rivolta degli Ebrei: alla metà del 68 Vespasiano aveva ridotto all’obbedienza quasi tutto quel turbolento paese, con l’eccezione della capitale Gerusalemme e di alcune fortezze periferiche: le operazioni furono sospese alla notizia della morte violenta di Nerone e Vespasiano riconobbe Galba come nuovo imperatore.
La guerra civile scoppiata a Roma, con l’uccisione di Galba, lo scontro tra Otho e Vitellio e l’assunzione al trono di quest’ultimo, indussero però Vespasiano ad intervenire, tramite i suoi due generali Gaio Licinio Muciano e Marco Antonio Primo: specialmente Muciano preparò il terreno a Vespasiano, che alla morte di Vitellio fu proclamato imperatore.
di Roberto Diegi
L’ORIGINE E L’USO DELLE ABBREVIAZIONI “P P” E “D N” IN EPOCA ROMANA
Chiunque prenda in mano una moneta imperiale romana non può non rimanere interdetto di fronte alla ricchezza dei termini contenuti nella legenda del diritto, quella che circonda normalmente la testa o il busto dell’imperatore. Moltissimi di questi termini sono poi abbreviati, complicando ancora di più la vita del malcapitato che, digiuno di numismatica classica, tenti di decifrare per intero la legenda, magari forte dei suoi studi umanistici, che peraltro in questi casi non servono a molto, anzi a niente. I collezionisti e i cultori di numismatica classica col tempo, l’esperienza e soprattutto con l’aiuto di qualche buon testo, hanno superato il problema acquisendo una, diciamo, relativa dimestichezza con le apparentemente enigmatiche legende monetarie.
Poco sopra ho scritto “numismatica classica” perché non solo la monetazione romana imperiale presenta questo “vizietto”: già in epoca repubblicana, i denari dei magistrati monetari abusavano delle abbreviazioni, probabilmente per mancanza di spazio sul tondello, creando così non pochi problemi ai decifratori. Stendo ora un velo pietoso sulle emissioni provinciali romane, nelle quali la lingua greca, già per se stessa oggi non frequentatissima, abusa ancor più delle abbreviazioni, causando spesso la ripulsa dei collezionisti nei confronti di questa serie, peraltro a mio avviso affascinante.
di Roberto Diegi
Lucius Domitius Aurelianus
Aureliano nacque da una famiglia di umili origini attorno al 214-215, nella Provincia danubiana della Moesia Inferiore.
Fece una brillantissima carriera nell’esercito, fino ad arrivare ad essere nominato comandante della cavalleria con Claudio II, contribuendo in modo determinante alla pesante sconfitta inflitta ai Goti nel 269 dall’esercito romano nella battaglia di Marcianopolis in Tracia.
Secondo alcuni, alla morte di Gallieno, nel 268, avrebbe dovuto essere lui il nuovo imperatore ma, come sappiamo, le cose andarono diversamente e venne eletto Claudio.
Ma non dovette attendere poi molto: nel 270 venne infatti acclamato imperatore e regnò sino al 275. Alla morte di Claudio, Aureliano pose rapidamente fine alle ultime resistenze dei Goti ad Anchialus e a Nicopolis, contestò le pretese al trono di Quintillo, fratello di Claudio e alla fine dell’anno 270 accettò la nomina ad imperatore. (altro…)
di Roberto Diegi
DOPO ANTONINO, L’APPELLATIVO “PIUS” VENNE ADOTTATO DA ALTRI IMPERATORI ROMANI, E APPOSTO SULLE LORO MONETE, PERDENDO IL SIGNIFICATO ORIGINALE.
In questo articolo intendo soffermarmi su una in particolare delle abbreviazioni che compaiono sulle monete romane imperiali: P F = Pius Felix.
Sul termine Felix ci sono pochi dubbi: sta a significare colui che è sereno, felice del suo essere Pius; ma che significa quest’ultimo aggettivo, poi sostantivatosi nel tempo? Secondo gli antichi Romani Pius era colui che esercitava la Pietas, il cui significato era però ben diverso da quello che noi attribuiamo oggi al termine pietà.
La Pietas era anzitutto senso del dovere, sentimento religioso basato sul rispetto del sacro e degli dei, che non erano una entità astratta ma punti di riferimento concreti nell’esercizio di tutte le diverse azioni umane. In altri termini la Pietas era sentimento di devozione e di giustizia verso gli dei, gli antenati, la patria.
Venendo ora alla monetazione sulla quale vediamo comparire l’abbreviazione P F, osservo che anche in tal caso, come era avvenuto per Augusto e il suo titolo di Pater Patriae, l’origine di questa attribuzione risale in modo specifico ad un imperatore, avendo poi i successori adottato quella abbreviazione in modo quasi automatico, assieme ad altre e spesso con poca o nessuna rispondenza alla realtà.
A Titus Aurelius Fulvus Boionius Arrius Antoninus, figlio adottivo di Adriano, assieme al nuovo nome di Titus Aelius Hadrianus Antoninus, derivante dalla adozione, venne attribuito l’appellativo PIVS che contraddistinse il suo lungo regno (dal 138 al 161) durante il quale l’imperatore governò tenendo fede ai princìpi della Pietas, nell’accezione che abbiamo sopra visto. Le monete di Antonino portano tutte questo appellativo Pius che successivamente, ma parecchi anni dopo la sua morte, venne adottato da altri con la ormai nota abbreviazione di P F.
Segue: articolo completo in formato PDF da Panorama Numismatico nr.275 – Luglio/Agosto 2012