di Roberto Diegi
L’ADORAZIONE DEL SOLE NELLE MONETE IMPERIALI DEL III E IV SECOLO
La festa liturgica del Natale è stata istituita in Occidente – probabilmente poco prima della metà del IV secolo – e si è diffusa rapidamente in Oriente. Si tratta di una celebrazione relativamente tardiva, poiché in quell’epoca le comunità cristiane già osservavano le festività canoniche della Pasqua e della Pentecoste, ereditate direttamente dal giudaismo, conoscevano un ciclo quaresimale di durata variabile secondo le varie località e festeggiavano quasi ovunque il 6 gennaio l’Epifania, dedicata essenzialmente al battesimo di Gesù.
La festa di Natale del 25 dicembre era quindi sconosciuta ai cristiani dei primi tre secoli. Fino all’inizio del IV secolo questo giorno, destinato a costituire in seguito una data centrale nel cristianesimo, passava del tutto inosservato ai credenti. Invece, nell’impero romano, il 25 dicembre era una importante festività dedicata al culto pagano di Mitra, all’adorazione del Sole e nella quale veniva celebrata la fine del solstizio invernale.
Ma già prima dell’introduzione del culto di Mitra, gli imperatori romani avevano eretto dei templi al Sol invictus. Nel terzo secolo poi, il 25 dicembre era divenuto ufficialmente il Dies Natalis Solis Invicti. Aureliano consacrò un tempio del Sol Invictus il 25 dicembre 274, in una festa chiamata, appunto, Dies Natalis Solis Invicti, “Giorno di nascita del Sole Invitto”, facendo del dio-sole la principale divinità del suo impero. La festa del Dies Natalis Solis Invicti divenne via via sempre più importante in quanto si innestava, concludendola, sulla festa romana più antica, i Saturnali.
Sol Invictus (“Sole invitto”) o, per esteso, Deus Sol Invictus (“Dio Sole invitto”) era un appellativo religioso usato per tre diverse divinità nel tardo impero romano: El-Gabal, Mitra e Sol.
Il culto del Sole, nato in Oriente, acquisì importanza a Roma per la prima volta con l’imperatore Elagabalo (sebbene vi siano emissioni monetali antecedenti dove compare il Sole, come divinità, all’epoca di Caracalla), che tentò di imporre il culto di Elagabalus Sol Invictus, identificando la sua persona con quella della divinità, il dio solare della sua città natia, Emesa, in Siria. Elagabalo fece anche costruire un tempio dedicato alla nuova divinità sul Palatino. Con la morte violenta dell’imperatore nel 222 questo culto cessò di essere coltivato a Roma, salvo riprendere vigore dopo cinquant’anni e affermarsi anzi come culto di prevalente importanza.
Nel 274, come detto, Aureliano ufficializzò il culto solare di Emesa, edificando un tempio sulle pendici del Quirinale e creando un nuovo corpo di sacerdoti (pontifices solis invicti). L’adozione del culto del Sol Invictus fu vista da Aureliano come un forte elemento di coesione dato che, in varie forme, il culto del Sole era presente in tutte le regioni dell’impero. Anche molte divinità greco-romane, come Apollo, erano identificate con il Sole. Inoltre, come riferisce Tertulliano, molti credevano che anche i cristiani adorassero il sole.
Da tempo, lo ripeto, si andava diffondendo nell’impero il culto del Sole, in conseguenza delle idee monoteiste che stavano prendendo sempre più consistenza nel pensiero pagano: Caracalla, ad esempio, dedicò al Sole diverse monete, tre delle quali sono qui riprodotte (foto 1, 2, 3).
Anche Elagabalo, come già accennato, aveva tentato non di affiancare ma di sostituire i tradizionali culti di Roma con la religione del Sole, della quale era anche sacerdote, ma con scarsi risultati. D’altra parte è cosa nota che Elagabalo non dimenticò mai la sua funzione di sacerdote del tempio di El-Gabal, il siriano dio Sole, rappresentato da una pietra nera a forma conica che si diceva fosse caduta dal cielo e che era fortemente venerata in Syria: il giovane imperatore la volle condurre con sé in Roma al centro di uno sfarzoso corteo e fece costruire sul Palatino un tempio dove la pietra nera fu collocata e venerata.
Segue: articolo completo in formato PDF tratto da Panorama Numismatico nr.283/aprile 2013