Il volume Signorie pontificie dell’Emilia Romagna. Storia, numismatica, araldica, pubblicato dall’Accademia Italiana di Studi Numismatici (AISN) è composto, secondo la consuetudine della Nuova Collana di Numismatica, da una serie d’interventi di diversi autori col proposito di analizzare le vicende storiche e numismatiche dei governi signorili dell’area emiliano-romagnola, in dipendenza feudale dallo Stato della Chiesa.
Il saggio introduttivo di Michele Chimienti e Fabio Pettazzoni è un’ampia premessa a partire dall’alto medioevo sulla nascita e sull’organizzazione dello Stato Pontifico, per comprendere l’origine dei complessi rapporti tra esso e i governi signorili nati dall’evoluzione dei comuni dell’area.
In molti casi si assiste ad un gioco di alleanze continue e diverse con l’Impero o il Papato. Questi sono i poteri forti di carattere universalistico che dopo l’anno Mille si sono continuamente contesi il predominio politico sulla cristianità. Il testo si propone anche di evidenziare le caratteristiche distintive tra la parte emiliana e quella romagnola. Nel 1278 il pontefice ottenne da Rodolfo d’Asburgo, in cambio del proprio sostegno politico, la rinuncia ufficiale dei diritti dell’impero sulla Romagna a favore dello Stato della Chiesa. Il testo esamina anche l’origine delle concessioni del diritto di battere moneta nelle zecche locali. L’esame delle emissioni monetarie aiuta a ricostruire la dinamica storica di molti contesti. Sino al XV secolo i feudi pontifici emiliano-romagnoli ebbero origine dall’evoluzione dei regimi comunali verso l’affidamento del vicariato pontificio ad alcune dinastie cittadine. Dopo la metà del XV secolo gli equilibri si modificarono a seguito dei tentativi da parte di alcuni pontefici per creare vasti feudi principeschi per propri parenti (Sisto IV per Girolamo Riario, Alessandro VI per Cesare Borgia, Paolo III per Pierluigi Farnese). Dopo la metà del XVI secolo la Chiesa decise di rientrare nel possesso diretto di tutti i feudi sovrani che si trovavano nel suo stato, appena si esauriva la discendenza diretta; in particolare di quelli ducali dotati di eccessiva autonomia. In questi casi la Chiesa applicò regole diverse da quelle del Sacro Romano Impero.
Guglielmo Cassanelli e Michele Chimienti hanno esaminato l’evoluzione delle signorie e della monetazione nella parte occidentale della regione, quella definita emiliana, in contrapposizione con la Romagna. Quest’area, le cui principali città sono Piacenza, Parma, Reggio e Modena, non rientrava nella Romagna, ceduta formalmente dall’Impero alla Chiesa nel 1278. Le signorie principali che s’imposero su questi territori furono essenzialmente quella viscontea, proseguita in quella sforzesca, e quella estense. Per poter conservare la propria giurisdizione su queste città, le dinastie cercarono di ottenere, in occasioni diverse, sia il vicariato imperiale che quello pontificio.
Giulio Carraro nel suo contributo sulla monetazione ravennate inizia partendo dall’analisi fisica e geologica del territorio ravennate, essenzialmente palustre, per spiegarne l’evoluzione storico-politica e socio-economica sotto l’influenza degli arcivescovi alleati degli imperatori per ottenere una significativa autonomia da Roma. La ricerca archivistica negli archivi polentani e arcivescovili aiuta a comprendere la travagliata produzione monetaria di Ravenna nel periodo medievale. L’autore segnala un progetto in corso che prevede l’analisi metallografica delle monete (per mezzo dell’utilizzo dell’emissione di raggi x o γ) di tutta la regione emiliana a livello interuniversitario. Infatti le caratteristiche intrinseche delle monete (lega e peso), il suo uso e la loro circolazione offrono informazioni importanti sulla storia economica e sociale, oltre che sulle organizzazioni economiche del passato.
Francesco Pagliani ha esaminato la monetazione della zecca imolese. Infatti una delle sole quattro monete conosciute ed emesse da questa zecca, è stata rinvenuta in uno dei contesti studiati per l’elaborazione della sua tesi di laurea magistrale, vincitrice del V Premio Traina. Tale tesi verteva sui ritrovamenti monetari medievali dell’area montana tra Romagna e Toscana, posta nel medioevo sotto la giurisdizione feudale dei conti Guidi e Ubaldini, questi ultimi confinanti con il territorio imolese. Anche se l’esiguo campionamento degli esemplari noti sino ad oggi (4 in totale, ma ignoti sino a non molto tempo fa, anche al CNI) e l’assenza di documentazione archivistica hanno rappresentato un limite alle conclusioni finali, le legende permettono di restringere l’epoca di emissione al vescovato imolese di Rimbaldo di Cahors (1319-1339).
Renzo Bruni, dopo una breve premessa storica e una riflessione sulla concessione del titolo ducale da parte del pontefice, esamina l’iconografia monetaria della signoria estense dove compaiono ripetutamente alcune immagini fortemente emblematiche, le “imprese”. Per mezzo di esse le monete estensi hanno non solo un aspetto storico-artistico, in quanto le monete rinascimentali di Ferrara erano spesso delle vere e proprie opere d’arte, ma contengono anche un messaggio politico-morale che oggi non è sempre evidente in quanto tali imprese non sono sempre accompagnate da un motto esplicativo.
Bernardino Mirra ha trattato della zecca di Faenza. Sull’inizio della sua attività, ci sono pareri discordi. Certamente le emissioni s’intensificarono negli ultimi anni del XV secolo. Comunque furono di scarso rilievo economico e influenzate dagli stretti rapporti tra questa città e la vicina Bologna.
Lorenzo Bellesia ha affrontato le emissioni medievali di Rimini sotto la signoria dei Malatesta. I membri di questa dinastia non considerarono da subito la moneta quale simbolo del loro potere, per cui non ebbero interesse a modificare la moneta comunale riminese fino alla fine del Trecento. È solo con Carlo Malatesta (1385-1429) che il nome della famiglia compare sulle monete Riminesi mentre le ultime emissioni sono quelle di Sigismondo Pandolfo Malatesta morto nel 1468.
Michele Chimienti e Luciano Domenico Moretti esaminano le missioni della zecca di Bologna sulle quali furono raffigurati, dopo la lunga fase del periodo comunale, i nomi e i simboli delle signorie che conquistarono in tempi successivi il dominio sulla città: i Pepoli, i Bentivoglio, e i Visconti, in alternativa o sottoposti al dominio pontificio con emissioni a nome dei pontefici e dei cardinali legati come Bertrando del Poggetto. Indubbiamente le monete, come la storia medievale di Bologna, furono fortemente influenzate dalla ricerca di autonomia da parte della città in contrasto con il dominio Pontificio che portarono a numerose rivolte e ad una grande varietà tipologica delle monete.
Mario Limido e Michele Chimienti hanno descritto la presenza in Emilia dei Visconti che cercarono di estendere la loro autorità anche ad est della Lombardia, nei territori che l’Impero aveva riconosciuto alla Chiesa. La loro politica monetaria fu rivolta ad affermare non solo lo sviluppo economico del proprio stato, ma anche a favorirne l’unificazione e l’omogeneità.
Fabio Pettazzoni ha descritto in due diversi contributi sulla zecca di Forlì e sulle conquiste di Cesare Borgia, le emissioni effettuate a Forlì da Girolamo Riario, nipote del pontefice Sisto IV che con la diplomazia riuscì a creare, per lui e per la moglie Caterina Sforza, un feudo che comprendeva Imola e Forlì. Papa Alessandro VI, riuscì però farlo occupare dal proprio figlio, Cesare Borgia, con l’intenzione di creare per lui un esteso feudo che andasse dalla Romagna alle Marche e da qui verso l’Umbria e la Toscana. Tuttavia anche il progetto di Alessandro VI fallì, come quello di Sisto IV, con la morte del pontefice.
Marco Bazzini e Michele Chimienti hanno esaminato l’origine del feudo dei Farnese a Parma e a Piacenza, la cui creazione fu opera di Paolo III a favore del figlio Pierluigi. Questo tentativo si scontrò però con la volontà dell’imperatore Carlo V che riteneva quei territori di proprietà dell’Impero e quindi impropria e non legale la manovra del pontefice. In effetti solo la successiva sottomissione dei Farnese all’impero, riuscì a conservare i possedimenti emiliani a quella dinastia.
A cura di Renzo Bruni, Signorie pontificie dell’Emilia Romagna. Storia, numismatica, araldica
Ed. Alberto D’Andrea, 2023, in 4°, pp. 340 a colori