Di solito in questa rivista ci occupiamo di libri riguardanti le monete. Si tratta di saggi su una particolare zecca o moneta oppure prezzari. Invece non ci era mai capitato prima di recensire un romanzo, cioè un romanzo che vede come protagonista proprio una moneta. Poi, quasi accanto a questo romanzo, abbiamo trovato un altro libro di grande diffusione che ancora vede come una moneta al centro dell’attenzione. E visto che non c’è due senza tre, abbiamo trovato un Internet notizia di un altro romanzo, molto ma molto curioso.
La moneta di Akragas
Ecco quindi come la moneta, in tutti e tre i casi dell’età antica, può diventare materia per scrittori sicuramente molto bravi ed appassionanti. Ma hanno saputo, questi scrittori, abbinare le loiro licenze narrative con il necessario rigore dell’indagine numismatica? Vediamo.
Andrea Camilleri è scrittore notissimo e grande fortuna, anche televisiva, ha avuto il suo commissario Montalbano. Camilleri è infatti uno scrittore di gialli, chiamiamoli ancora così, anche se il termine sembra essere caduto in disuso, ed anche quello che stiamo presentando è un giallo con una moneta antica che diventa il corpo del reato, il motivo per cui si uccide, insomma il perno intorno al quale gira tutta la vicenda.
E visto che l’autore è siciliano (è nato a Porto Empedocle nel 1925) per forza siciliana doveva essere questa moneta. Come dice espressamente il titolo si tratta di una moneta di Akragas o Agrigento che dir si voglia.
Tutto comincia nel 406 a.C. L’età dell’oro della numismatica siciliana sta volgendo al termine ma nascono ancora piccoli capolavori. Non c’è però il tempo di apprezzarli nella città di Agrigento sotto assedio dei Cartaginesi. Un mercenario al servizio della città, Kalebas, riesce a scampare al massacro degli abitanti portando con sé un sacchetto di monete d’oro che costituiscono la paga di un lungo periodo di lavoro.
Sono monete appositamente coniate, scrive Camilleri, da un lato c’è un’aquila ad ali aperte e una lepre, dall’altra un granchio e un pesce. Ognuna pesa 1,74 grammi d’oro, comprensivo anche della quotidiana razione di grano, perché negli ultimi mesi ad Akragas è stato più facile trovare oro da fondere che frumento ed equivale a sei giorni di paga. Nel sacchetto di Kalebas di queste monete ce ne sono trentotto. Ne ha spese, in otto mesi d’assedio, appena due in vino e meretrici. Col nemico che preme alle porte, ha poco tempo per l’ozio e il divertimento.
La sua fuga comunque dura poco. Per un destino davvero beffardo, sfuggito alla battaglia, finisce moribondo per il morso di una vipera. Prima della fine ha la forza di gettare via le sue monete.
Passano gli anni, i secoli. Arriviamo al 1909. Tre contadini stanno zappando in un campo ed uno di loro nota una piccola moneta nel terreno. La prende e, pur sapendo del suo potenziale valore, decide di donarla al dottor Stefanio Gibilaro che possiede una piccola collezione e che gli ha sempre fatto del bene. Il dottore passa proprio di lì. E’ a cavallo e nel vedere quella monetina, che intuisce essere d’oro e di estrema rarità, per l’emozione, cade e si frattura un piede. Portato in ospedale pensa alla moneta che non è riuscito a prendere. Una volta guarito egli ritorna dal contadino che sembra scomparso. Dopo qualche giorno lo trova morto. Assassinato. E della moneta, ovviamente, nessuna traccia.
La vicenda si dipana come un classico viaggio, ovviamente tra sospetti, interrogatori, depistaggi e continua anche dopo l’arresto del colpevole per uno strascico giudiziario riguardante la proprietà della moneta. Nel romanzo entra anche la figura di Vittorio Emanuele III di cui il protagonista conosce la passione numismatica cominciatagli a sei anni, quando la governante irlandese gli fece dono di un soldo di Pio IX e continuata allorchè il suo precettore, il tenente colonnello Egidio Osio, numismatico, l’incoraggiò ad intraprendere una collezione sistematica. Sa anche che al momento Sua Maestà possiede un imponente medagliere di circa 60.000 pezzi.
Il re, pur se appassionato soltando di monete italiane, vorrebbe vedere personalmente quel piccolo gioiello dell’antichità e gli manda appossitamente un ambasciatore.
E’ un romanzo, come si usa dire, avvincente e che si legge tutto d’un fiato. Il collezionista dovrebbe leggerlo se non altro perché, per una volta, la moneta diventa la protagonista di un giallo e bisogna scoprire non una datazione od una rarità, bensì addirittura un assassino!
Infine ci piace ricordare che tra i ringraziamenti per la consulenza scientifica compare il nome della professoressa Lucia Travaini.
A. Camilleri
LA MONETA DI AKRAGAS
Skira Editore, 2010
13 x 18 cm, 115 pp.,
15 euro