di Michele Straziota
da «Panorama Numismatico», n. 379, marzo 2024, pp. 49-51.
Spesso nell’ambiente numismatico le banconote vengono considerate esclusivamente per il loro contenuto economico e collezionistico; cioè esiste la percezione che vengano trattate unicamente attraverso il loro prezzo, che sia congruo o meno, o se può essere un investimento e possibilmente che sia pagata il meno possibile. D’altro canto, esiste la perentoria esigenza che tali banconote siano esteticamente impeccabili. Da qui la forsennata ricerca, soprattutto negli ultimi anni, della conservazione del fior di stampa. Tutto ciò in contrasto con l’obiettivo per cui la banconota è stata creata, quella di essere maneggiata e destinata alla circolazione. Se è pur vero che conservare tali beni, preservandoli dal tempo e da manomissioni, è altamente lodevole, dobbiamo osservare che in molti casi il bene viene custodito come una reliquia tra vetri, plexiglass o altro per proteggerla dalla manipolazione (operazione che oltretutto è un sacrosanto diritto di chi la possiede) impedendo al collezionista o estimatore di maneggiarla, toccarla, studiarla, ma piuttosto tenerla in esposizione come oggetto di venerazione (economico-finanziario) fine a sé stesso. Se è comprensibile, dati i costi di molti pezzi di cartamoneta, la volontà di proteggerli, come lo è la ricerca di biglietti esteticamente gradevoli, l’esagerata protezione, soprattutto in alcune perizie anglosassoni con banconote sigillate con pesanti plastiche, rende la banconota impossibile da studiare in tutti i suoi aspetti.
La banconota rappresenta un periodo storico, espressione di governi e di popoli, il lavoro di artisti ed incisori che si sono sforzati di coniugare in uno spazio così ridotto arte, cultura, esigenze politiche, gradimento della popolazione ed un messaggio, per estensione, della propria identità nazionale. Non a caso su alcune banconote che hanno più di un secolo osserviamo firme a mano di illustri banchieri o di funzionari, o ancora delle annotazioni di governanti e di re (nei titoli dei Banchi del Regno delle due Sicilie con Gioacchino Murat e Giuseppe Napoleone) o addirittura di personaggi storici come Giuseppe Garibaldi (banconote risorgimentali del Soccorso a Sollievo dei Romani).
Talvolta incredibili errori di stampa ci forniscono indicazioni significative su meccanismi di fabbricazione e di progettazione nelle varie fasi di stampa, dalla impaginazione ai sistemi di riproduzione. Insomma, esplorare il mondo della cartamoneta rappresenta una continua ricerca e spesso si verifica un ritrovamento di esemplari rari o unici nella loro tipologia. Considerare una banconota un reperto storico è una possibilità plausibile quando essa rappresenta, con le sue peculiarità, espressione di un momento storico o di un evento.
Recentemente ci siamo imbattuti in una banconota da 50 lire della Banca Nazionale negli Stati Sardi, catalogata nell’interessante testo La Cartamoneta Italiana di Guido Crapanzano ed Ermelindo Giulianini (Guido Crapanzano ed Ermelindo Giulianini, La Cartamoneta Italiana. Corpus Notarum Pecuniariarum Italiae, editore Unificato, Milano 2010), corredata da una interessantissima nota a piè pagina. Riportiamo il testo integramente: «il 31 gennaio 1860 durante un trasporto tra sede e filiali furono rubati tutti i biglietti della serie P (1000 esemplari) ed a seguito di questo evento venne decisa la sospensione delle emissioni da 50 lire sino alla metà del 1864» (Figg. 1 e 2).
Le banconote in questione, come segnalato dallo stesso catalogo, apparterrebbero al contingente datato 21.07.1859 (come si evince dal numero di serie contraddistinto con “P”). Da un approfondito esame della banconota sottoposta, si è notata un’altra particolarità e cioè che il carattere numerico dell’ultima cifra della data della banconota è stata alterata (è ben evidente anche ad occhio nudo ma ci siamo serviti anche di una lente d’ingrandimento, per la conferma vedere Fig. 4, e di un altro esemplare in Fig. 5). Il numero alterato è la cifra “7” per cui la data diverrebbe 1857 (decreto antecedente al misfatto). È evidente che i malfattori hanno alterato la data per poter dimostrare ad un eventuale controllo, nella fase di spaccio, che la banconota non apparteneva al contingente sottratto ma ad un altro quantitativo del decreto precedente. Vogliamo però sottolineare la superficialità di questi malviventi nel trascurare l’incongruità del resto con la data. Infatti la data riportata sul biglietto diventava 21.07.1857 (Fig. 3). In realtà questa è una data inesistente poiché il vero decreto corrispondente è 08.01.1857. Inoltre le firme reali del biglietto sono Carbone, Duprè, Adamini cioè del decreto 1859 e non del decreto 1857 che riporta firme diverse e cioè Todros, Grendy, Adamini. Quindi l’alterazione è ben documentata ed evidente di per sé.
Dopo questa indagine lo stesso biglietto assume una profondità impensabile. La nostra mente spazia e viaggia a ritroso nel tempo con immagini di altre epoche (sono trascorsi quasi due secoli). Come un film inconsciamente ci trasmette visioni e suggestioni che non avremmo mai pensato di provare nel maneggiare una pur modesta e semplice banconota anche se di un certo valore numismatico. Al pari di un quadro d’autore che ispira la mente in reminiscenze storiche, anche una banconota è riuscita nello stesso intento ispirando inaspettate sensazioni.
La nostra mente vaga nell’atmosfera di quegli anni in cui il portavalori era un semplice carro trainato da cavalli assistito da una scorta di qualche gendarme forse mal equipaggiato, e magari i malviventi si sarebbero pure dileguati a piedi o con qualche cavallo come documentato in qualche ripresa cinematografica. Inoltre, abbiamo anche immaginato la scaltrezza di tali individui che avevano in maniera certosina e professionale imitato il punzone della data, alterando la stessa per una migliore penetrazione nello spaccio sul mercato libero. Possiamo anche immaginare una normale tipografia allestita come officina di contraffazione di biglietti con complici borderline reclutati tra ignari cittadini.
Insomma, i pensieri vengono coinvolti involontariamente in immagini di un’altra epoca e virtualmente possiamo anche intravedere uno spaccato di una società in quel periodo storico in cui un biglietto del genere poteva rappresentare un certo valore, forse uno stipendio conteso in una popolazione bisognosa ed uno stato, quello sabaudo, in perenne crisi finanziaria. Possiamo anche immaginare i funzionari di banca che, come in un noto film di Walter Chiari, alla notizia del furto convocarono d’urgenza una riunione tra esponenti della banca e tutori dell’ordine per una strategia investigativa con il tentativo di recuperare il quantitativo sottratto.
Allora dobbiamo essere grati a questa banconota per aver evocato immagini romanzesche e incredibili. Sicuramente è un reperto storico di una certa rarità che ci invita a riflettere sulla numismatica ed in particolare sulla collezione di cartamoneta, che ci regala una visione nuova e più profonda di un collezionismo che non è una semplice raccolta, ma estimazione di veri e, talvolta, unici ed inediti reperti storici.