Pio IX, l’ultimo papa-re: la parabola di un “parroco di campagna”
Seconda parte
di Giovanni B. Vigna, Michele Chimienti, Guglielmo Cassanelli
Zecca e monetazione: 1849-1859
Dopo la caduta della Repubblica Romana, Roma e lo Stato Pontificio risultavano inondati di moneta erosa e di cartamoneta: circa sette milioni di scudi erano stati emessi dai diversi governi del biennio rivoluzionario, e oltre un milione e mezzo erano i Buoni della Banca Romana che circolavano a corso forzoso. Con il ripristino del Governo Pontificio, cessarono immediatamente le monetazioni rivoluzionarie: i conii relativi furono raccolti e sigillati in un baule mentre le monete plateali presenti nelle Pubbliche Casse furono deformate e vendute come bassa lega d’argento ad altre zecche. Il ritiro della moneta di rame avvenne invece successivamente. Si trattò dunque di riprendere le coniazioni metalliche ordinarie, in particolare quelle del rame, al fine di far ripartire l’economia locale e poter ritirare l’eccesso di Boni cartacei e cartamoneta repubblicana che si erano diffusi nelle Legazioni. La Zecca di Bologna non era più in grado di gestire in autonomia l’intero processo produttivo, quantomeno per tirature monetarie elevate: andavano stipulati appalti specifici per garantire l’approvvigionamento di tondelli di rame in grande quantità…
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Articolo a stampa su Panorama Numismatico n. 401, gennaio 2024