di Adolfo Sissia e Alessandro Giarante
UN SINGOLARE RITRATTO MONETALE DI META’ XIII SECOLO NEL PATRIMONIO DI SAN PIETRO IN TUSCIA.
Agli inizi dell’XI secolo Viterbo iniziò il suo periodo di espansione e di splendore che la condusse, con il suo distretto nel Patrimonio di San Pietro in Tuscia, ad essere protagonista nell’Alto Lazio, di cui divenne indiscussa capitale all’inizio del XIII secolo. La città fu sede vescovile dal 1192 (regnante Celestino III, 1191-98) e in seguito, a più riprese sede pontificia; ebbe anche una parte rilevante nei contrasti fra Papato, eretici, popolo romano e Impero. Sono poche le città che, dopo Roma, possono essere definite sedi pontificie, e “Viterbio” è una di queste. Giustamente pertanto è detta la “Città dei Papi”: a ricordarcelo c’è ancor oggi il bellissimo palazzo papale, uno dei più rilevanti monumenti dell’architettura medievale. Quarantanove furono i pontefici che per un millennio varcarono le sue porte, compresi sei antipapi. Se si può affermare che la storia della Chiesa è primariamente legata a Roma, nulla va tolto all’importanza che hanno avuto i soggiorni “extra Urbem” dei pontefici, in passato numerosi e spesso non brevi.
Inizialmente Viterbo fu antagonista di Roma, poiché i due comuni aspiravano a espandersi nello stesso territorio. Faceva parte del “Patrimonium Beati Petri” e fu a più riprese guelfa o ghibellina, alternandosi nella fedeltà del momento in base alla buona sorte o alle disgrazie del Papa e dell’Imperatore. Alle soglie del 1240 Federico II, dopo aver occupato la Toscana, ottenne giuramento di fedeltà dalle autorità viterbesi e soggiornò nella città per breve periodo, proclamandola Aula Imperiale e concedendole il diritto di battere moneta. La zecca non approfittò subito del privilegio e si ritiene, come evidenziano alcuni documenti, che abbia iniziato a coniare moneta dal 1257 circa, dopo l’avvenuto trasferimento della sede papale da Roma a Viterbo con papa Alessandro IV (1254-61), circostanza a cui si deve molta della prosperità medievale della città, congiuntamente all’essere base logistica e crocevia essenziale sulla Via Francigena.
Ad oggi, l’unico vero studio approfondito riguardante la zecca di Viterbo nel XIII secolo rimane quello del Martinori, associato ai riferimenti storici del Pinzi per la città e del Calisse per i Prefetti di Vico in particolare. CNI e Muntoni prendono in esame la catalogazione delle monete coniate, anche se con qualche dubbio ancora da risolvere. Da segnalare l’eccellente lavoro di Rovelli per quanto attiene alla circolazione monetaria nel territorio. Infine, lo stato degli studi sulla zecca viterbese nel periodo medievale è stato efficacemente compendiato da Lucia Travaini nella sua opera più recente.
Il XIII secolo per la zecca viterbese è caratterizzato dal periodo della monetazione autonoma (1257-1268) durante il quale inizia la produzione di un grosso in argento (CNI XIV pag. 269 n.1) di cui esiste un esemplare unico (ex collezione Zoppelli), e di un denaro in mistura (denaro viterbese o viterbino minuto: CNI XIV pag. 269-270 n.2-11). In un periodo ancora da definire vengono prodotte le monete coniate per volontà di Pietro III Di Vico (CNI XIV pag. 270 n.1-3), Prefetto di Roma (1244?-1262). Durante il concilio (1268-1271) che porterà all’elezione di Papa Gregorio X la zecca conia le monete tradizionalmente definite “di Sede Vacante”: il grosso in argento con testa barbata di San Pietro di prospetto e chiavi in palo (Muntoni IV pag. 175 n. 1) che il CNI attribuisce a Viterbo, Grierson alla zecca di Roma, mentre Muntoni, insieme a Martinori, ascrivono invece a zecca incerta; il grosso in argento da dodici denari con croce e chiavi in palo (Muntoni I pag. 23 n. 1); il denaro paparino in mistura (Muntoni I pag. 24 n. 2). In realtà il denaro paparino era già in circolazione al momento della morte di Clemente IV il 29 Novembre 1268 (compare in un documento dello stesso anno); la sua introduzione dovrebbe essere quindi di poco precedente e non avrebbe dunque alcun legame con le vicende del conclave. È peraltro probabile che questa emissione sia proseguita per alcuni decenni, fino alla fine del XIII secolo.
Segue: articolo completo in formato PDFda Panorama Numismatico nr.269, gennaio 2012