Il Medaglione aureo con il ritratto di Teoderico venne presentato al mondo numismatico da Francesco Gnecchi (1850-1919) in un suo articolo pubblicato, nel 1895, sulla Rivista Italiana di Numismatica. Il monile era infatti entrato a far parte della raccolta del noto collezionista milanese; infine, nel 1923, venne acquistato dal Museo Nazionale Romano e, ancora oggi, è uno tra i reperti più significativi che vi sono conservati. Manufatto eccezionale sotto diversi punti di vista; ha un diametro di 33 mm, pesa 15,32 g con la chiusura a spilla saldata sul rovescio, risulta quindi essere un multiplo da tre solidi. Questo capolavoro dell’arte iconografia numismatica antica è l’unico documento che ci tramanda un’affascinante immagine di Teoderico e costituisce un unicum relativamente alla sua effige. Il celebre sovrano goto è ritratto di prospetto con sottili baffetti, il capo scoperto ornato da una lunga capigliatura liscia, arricciata alle punte. Dalle poche informazioni che ci sono pervenute, il ritrovamento è avvenuto in terra marchigiana, nel territorio di Morro d’Alba, in contrada Sant’Amico, nel podere Tognietti in un non meglio specificato deposito sepolcrale che venne sconvolto da lavori di scasso.
di Pasquale Attianese – da Panorama Numismatico nr.232/Settembre 2008
L’AUTORE RISCOPRE TRE EMISSIONI DI MONETE DI BRONZO DELLA MAGNA GRECIA CHE IN PASSATO SONO STATE OGGETTO DI DISCUSSIONE TRA GLI STUDIOSI. SONO MONETE CON SIMBOLI DI CROTONE E METAPONTO MA QUALE DELLE DUE CITTA’ LE CONIO’?
di Francesco di Rauso – da Panorama Numismatico nr. 234 / Novembre 2008
Ho avuto occasione dal dr. D’Auria di ultimare gli studi su questa medaglia grazie al libro, da lui gentilmente messomi a disposizione, dal quale ho attinto le notizie utili alla stesura del seguente articolo. Il libro intitolato Le compagnie del gas in Napoli. A cura della compagnia Napoletana Gas nel centenario della sua costituzione 1862-1962, Napoli 1962 si è rivelato una miniera d’informazioni sul sistema d’illuminazione pubblica della città di Napoli, dai primi sistemi d’illuminazione ad olio, fino al sistema d’illuminazione a gas idrogeno. Nel leggere le cronache ed i documenti dell’epoca fantastico con la mente e mi pare di ritornare, in alcuni momenti, indietro nel tempo, in un XIX secolo in pieno fervore culturale, in una Napoli ricca e progressista, regnata da un sovrano che fece tanto per il benessere del suo Regno che più di tutti gli altri Stati italiani era al passo con i tempi sia sul piano economico che industriale e che nulla aveva da invidiare agli altri grandi Stati europei.
di Lorenzo Bellesia – da Panorama Numismatico nr.248/Febbraio 2010
IL NOMINALE DI DUE MONETE DI CASTRO NON E’ COERENTE COL LORO PESO E DELLO SCUDO D’ORO VIENE DATA UNA NUOVA INTERPRETAZIONE DEL ROVESCIO.
Giaceva Castro sopra un luogo erto, ed aprico all’Occidente della Toscana, all’Oriente del fiume Marta in distanza di circa tredici mila passi dal Mar Tirreno a mezzodì, e poco meno da Soana verso Borea, in quel tratto di Paese appunto che da Falisci, e da Volcentini, o Volsiniensi era anticamente abitato.
Così inizia quella che è ancora oggi l’unica monografia sulla zecca di Castro. Non firmata, ma datata da Parma, 30 maggio 1788, era contenuta nel volume V dell’antologia curata dal bolognese Guid’Antonio Zanetti che porta la data d’edizione di due anni prima.
Michele Chimienti ormai da decenni sta dedicando tutte le sue ricerche in campo numismatico alla zecca di Bologna perché in questa città è nato e lavora.
Sono decine e decine i contributi ad essa dedicati, contributi basati sopratutto su una attentissima e scrupolosa indagine archivistica. Soltanto nel 2008 aveva dato alle stampe il suo primo volume, La zecca di Bologna e le sue macchine, ed ora porta finalmente a compimento quello che tutti si aspettavano da lui: un libro dedicato alle monete bolognesi, non solo le medievali, quelle predilette dall’autore, ma anche quelle del Sette ed Ottocento per arrivare fino all’ultima emissione a nome di Vittorio Emanuele II che poi sancì la chiusura definitiva.
Come base di lavoro Chimienti ha utilizzato le monete del Museo Civico Archeologico di Bologna in modo che questo stesso libro ne diventasse il catalogo generale. Dove la collezione civica mancava è stata integrata con esemplari presi da altri musei o collezioni private o, ancora, cataloghi d’asta.