Il Settecento è stato un secolo di svolta per tutte le discipline. L’Illuminismo ha aperto nuove strade, ha guardato con occhi diversi liberi dai pregiudizi, ha aperto nuove frontiere.
Anche la numismatica, pur essendo una disciplina quasi di secondo piano rispetto a quelle storiche e scientifiche, ha beneficiato di questi preziosi e nuovi influssi. Fino all’età illuministica le opere di numismatica – le prime risalgono addirittura alla metà del Cinquecento – riguardavano quasi esclusivamente la monetazione antica e spesso erano intese come opere di pura erudizione. Fu nel Settecento che si aprirono davvero nuove frontiere. Gli studi economici allargarono gli interessi degli studiosi alle monete medievali e perfino a quelle coeve. Soprattutto, si ricercarono documenti di zecca, si fecero indagini sulle zecche, sulla loro organizzazione, sulle caratteristiche intrinseche ed estrinseche delle monete. Era davvero nata la numismatica secondo l’accezione moderna.
Se l’abate austriaco Joseph Eckhel si può dire il padre della numismatica antica rifondandola completamente col suo Doctrina numorum veterum, il bolognese Guido Antonio Zanetti è sicuramente il padre della numismatica italiana con la sua Nuova raccolta delle monete e zecche d’Italia.
Nato a Bazzano, presso Bologna, nel 1741, lo Zanetti fin da giovane si avvicinò alla numismatica prima come appassionato collezionista poi come infaticabile studioso. La Nuova raccolta comprende saggi e monografie di numismatiche che lo Zanetti chiese ad altri studiosi e che pubblicò a sue spese tra mille difficoltà. I volumi usciti furono cinque e comprendono saggi ancora oggi fondamentali, come quelli per i Gonzaga e Parma a cura di Ireneo Affò.
di Gianni Graziosi
Nel tardo pomeriggio del 6 maggio 1937, alle 19 e 25, il dirigibile Hindenburg, mentre cercava di attraccare al pilone di ormeggio della stazione aeronavale di Lakehurst (New Jersey, USA), prese fuoco e venne completamente distrutto in meno di un minuto. Per commemorare i 75 anni della tragedia, le isole Cook hanno messo in vendita un conio, di ispirazione moderna, sul quale lo zeppelin tedesco Hindenburg è raffigurato, su una lamina di madreperla iridescente, mentre vola nel cielo di New York; al dritto la classica immagine della regina Elisabetta II. La moneta in argento, valore facciale 50 dollari 2013, appartiene alla serie “Mother of Pearl Coins”, pesa 155,5 g (5 oz.) e ha un diametro di ben 65 mm; solo 750 gli esemplari prodotti. Già nel 2012, per rendere omaggio al centenario dell’affondamento nell’Oceano Pacifico del Titanic, le isole Fiji hanno prodotto una moneta da 50 dollari in argento (stesso titolo, peso, diametro, tiratura) sulla quale, anche in questo caso, l’immagine del transatlantico in navigazione è realizzata su una lamina di madreperla posta al rovescio.
di Roberto Diegi
IL SIGNIFICATO DELLA CORONA RADIATA SULLE MONETE TRA IL I E IL III SECOLO d.C. E LE RIFORME DEL SISTEMA MONETARIO ROMANO.
È convinzione diffusa e ben radicata che nella monetazione imperiale romana l’apposizione di una corona radiata, anziché laureata, sul capo dell’imperatore di turno avesse il preciso significato di valore doppio della moneta in questione. In linea di massima ciò è vero, ma non sempre è stato così.
Gli assi coniati da Tiberio per la divinizzazione di Augusto, ad esempio, portano tutti la corona radiata ed è ben certo che queste monete non erano dupondi, cioè due assi. Il notissimo conio che riporto (foto 1), coniato da Tiberio nel 14 d.C., dimostra chiaramente come la corona radiata non avesse, in questo caso, alcun significato di “doppio”. Ma anche sotto Nerone, si hanno indifferentemente assi e dupondi sia con la corona laureata che radiata. Riporto due dupondi, uno con la corona radiata (foto 2) e l’altro con quella laureata (foto 3).
Ma la questione della testa radiata che avrebbe dovuto distinguere le monete di valore doppio crea non pochi problemi anche dopo Nerone. Adriano ha coniato dei bellissimi dupondi dove l’imperatore appare sia con la classica corona laureata che con quella radiata ed è solo in base al peso e alla lega che si possono distinguere gli assi dai dupondi. Le foto 4 e 5 sono emblematiche al riguardo.
La circostanza che nel I e II secolo d.C. la corona radiata non indicasse sempre e necessariamente un valore dopppio è testimoniata anche da questa anomala moneta (foto 6) fatta coniare da Lucio Vero: asse o dupondio? Il peso (9,67 grammi) fa pensare ad un asse, ma il capo di Lucio Vero porta una corona radiata.
Segue: articolo completo in formato pdf da Panorama Numismatico nr.280 – gennaio 2013.
Segnaliamo l’iniziativa che Bid Inside ha introdotto a fine anno: una nuova sezione dedicata agli shop con listini a prezzo fisso disponibile a partire dal portale aste. Sono già online i negozi dei commercianti che hanno aderito all’iniziativa. Di seguito elenchiamo gli shop attualmente attivi:
Sintoni Numismatica e Filatelia
Monete antiche e moderne, medaglie, francobolli, interi postali
Articoli ora in vendita:
Raccolta di impronte di intagli e di cammei del Gabinetto Numismatico e Medagliere delle Raccolte Artistiche del Castello Sforzesco di Milano
Presso il Gabinetto Numismatico e Medaglie delle Raccolte Artistiche del Castello Sforzesco di Milano è conservata una importante collezione di calchi tratti da intagli e cammei, antichi e moderni.
In questa collezione sono comprese tre cassette contenenti 197 calchi in zolfo rosso realizzate dal più famoso incisore della seconda metà del Settecento, Giovanni Pichler, un tempo appartenute al principe Alberio XII Barbiano di Belgiojoso d’Este.
Pichler, nato a Napoli nel 1734 e morto a Roma nel 1791, appartenne a una celebre famiglia di incisori e fu prevalentemente attivo nella Roma di fine Settecento producendo, tra le tante opere, gemme alla maniera degli antichi. Così grande era la sua abilità che non di rado le sue produzioni venivano spacciate proprio per antiche.
Il libro illustra con splendide foto a colori i citati calchi in zolfo rosso, tutti di forma più o meno ovale ed inseriti in una cornice dorata. Sono di solito abbastanza piccoli, non andando oltre i 4 cm di altezza, ma è palese la grande maestria tecnica del Pichler.
Due principalmente i soggetti di queste opere: di ispirazione mitologica o comunque antica da una parte e ritratti dall’altra. Ogni opera è presentata con una ampia scheda tecnica e con numerosi riferimenti incrociati alla produzione del Pichler sparsa per altri musei e collezioni private.