Questa è la terza e ultima parte dell’articolo. Per leggere la seconda parte cliccare qui.
di Francesco di Rauso
Se anche queste attinenze tra Eneide e potere imperiale nelle Due Sicilie non sono banali casualità, allora è facile intuire che la medaglia in oggetto venne ideata in ogni minimo particolare da uomini con buone conoscenze della letteratura classica, esoterismo e veggenza. Una serie di cripto-messaggi che rende questa medaglia tra le più significative e misteriose dell’epoca.
Riporto di seguito alcune ricerche riguardanti il significato dei numeri e in particolare il sette e il ventotto.
I numeri racchiudono il codice segreto per interpretare l’universo. La valenza simbolica dei numeri è data dal loro valore qualitativo e dalle interazioni con tutti gli altri elementi strutturanti l’universo. Tutte le componenti dell’universo sono caratterizzate da una sequenza numerica che stabilisce il rapporto con tutto ciò che la circonda. Le interazioni composte dai numeri vanno al di là di un mero calcolo quantitativo. Infatti, da un punto di vista spirituale, l’uno rappresenta l’unico, cioè l’unicità della divinità; il due non proviene dal raddoppiamento dell’uno, ma dalla sua divisione. Il due divide e rompe l’armonia dell’uno e il ritorno all’unità si ha con il tre, cioè con il percorso inverso. Fatto che spiega come il tre, il triangolo, la triade, siano espressioni dell’unità. In tutte le tradizioni antiche i numeri sono sacri, proprio perché permettono di comprendere l’ordine delle cose e le leggi del cosmo. La Cina da millenni riconosce ai numeri una funzione ordinatrice, energizzante e armonizzante del mondo e della materia vivente. Tutti i numeri partecipano del simbolismo dell’unità, sia per addizione teosofica, che consiste nell’addizionare le cifre tra loro, sia per scomposizione. Per esempio, il 20= 2+8 = 10 = 1+0 = 1; il numero ventotto è dunque l’espressione dell’unità primordiale. Ma il ventotto è anche composto di 4×7, apparentato alle quattro fasi della luna. I multipli di un numero possiedono in generale gli stessi suoi significati, tuttavia hanno meno forza ed energia, non essendo forme pure. I numeri si dividono in pari e dispari in base a delle specifiche qualità. I numeri pari hanno una polarità femminile, quindi sono passivi e rappresentano degli stati dell’essere, mentre i numeri dispari, con polarità maschile, sono attivi e rappresentano degli avvenimenti.
Il numero sette esprime la globalità, l’universalità, l’equilibrio perfetto e rappresenta un ciclo compiuto e dinamico. Considerato fin dall’antichità un simbolo magico e religioso della perfezione, perché era legato al compiersi del ciclo lunare, gli antichi riconobbero nel sette il valore identico della monade in quanto increato, poiché non prodotto di alcun numero contenuto tra 1 e 10. Presso i babilonesi erano ritenuti festivi, e consacrati al culto, i giorni di ogni mese multipli di sette. Tale numero fu considerato simbolo di santità dai Pitagorici. I Greci lo chiamarono venerabile, Platone anima mundi. Presso gli Egizi simboleggiava la vita. Il numero sette rappresenta il perfezionamento della natura umana allorché essa congiunge in sé il ternario divino con il quaternario terrestre. Essendo formato dall’unione della triade con la tetrade, indica la pienezza di quanto è perfetto, partecipando alla duplice natura fisica e spirituale, umana e divina. E’ il centro invisibile, spirito e anima di ogni cosa. Il sette è il numero della piramide in quanto formata dal triangolo (3) su quadrato (4). Quindi i sette è l’espressione privilegiata della mediazione tra umano e divino.
Segue: la terza ed ultima parte dell’articolo in formato PDF; tratto da Panorama Numismatico n.272/aprile 2012.
di Stefano di Virgilio
E’ innegabile che l’Austria del XVIII secolo abbia sostenuta la propria potenza bellica grazie ad una solita struttura finanziaria. La Guerra di Successione austriaca, oltre alle grandi battaglie contro la Prussia di Federico il Grande, indebitarono però oltre modo il regno di Maria Teresa. Un grande aiuto alle finanze statali furono le emissioni di obbligazioni statali del Wiener Stadt Banco, la banca centrale dell’Impero asburgico con sede a Vienna; nel 1759 cominciarono le emissioni di “Banco-Zetteln” ovvero di “biglietti di banca” da 10 e 20 gulden, seguiti dai tagli da 5, 25, 50, 100, 500, 1000 gulden delle emissioni più che complete del 1762, 1771, 1784 e 1796. I biglietti erano ben accettati, ma la guerra contro la Francia ne richiese ulteriori emissioni che ne causarono la perdita di valore.
Un decisivo “contributo inflattivo” nei confronti dei Banco-Zetteln, fu però dato da Napoleone.
La Francia era da poco uscita dal marasma degli assegnati e Bonaparte, primo Console della Repubblica, aveva legiferato con grande severità a protezione della pubblica finanza, sia dal punto di vista del circolante monetario metallico che cartaceo. (altro…)
Nel periodo tardo imperiale Ravenna fu una città la cui importanza crebbe fino a diventare la sede della corte imperiale e quindi anche sede di zecca, nonostante le difficoltà economiche di quei momenti abbiano portato sicuramente ad una drastica diminuzione delle emissioni. In particolare si tratta di produzioni di monete in oro destinate ad avere una ampia circolazione e a diventare monete da tesaurizzazione, o di bronzo, destinate invece ad una circolazione locale per i piccoli pagamenti quotidiani. Proprio quest’ultima è l’oggetto del libro in esame, opera di due appassionati collezionisti e ricercatori, padre e figlio, che non è la prima volta che pubblicano qualcosa sull’argomento avendone già dato alle stampe una prima edizione nel 2006 cui ha fatto seguito anche un supplemento.
La prima moneta ad essere censita è un nummo dell’imperatore d’Occidente Maioriano (457-461). L’ultima moneta è invece il noto e rarissimo bronzo emesso dal re longobardo Astolfo (749-756). Nel 739 i Longobardi avevano invaso il territorio ravennate e nel 751 occuparono definitivamente Ravenna ponendo fine alla dominazione bizantina dell’esarcato.
Monete e banconote in euro
Copertina azzurra con scritte blu. Questo è l’aspetto con cui si presenta la decima edizione del catalogo delle monete e banconote in euro edito dal noto professionista numismatico Fabio Gigante.
Anno dopo anno il catalogo ha visto aumentare, in modo significativo, il numero delle pagine. Rispetto alla prima edizione, mandata in stampa nel 2003, le pagine sono diventate 348 – erano 200 all’inizio. Nella prefazione, Gigante ribadisce che la collezione degli euro è, senza dubbio, la collezione europea del futuro e, con l’ingresso di nuovi paesi, sarà destinata ad ampliarsi sempre di più. A questo proposito ricordo che la Lettonia (membro dell’Unione europea dal 1 maggio 2004) ha ufficialmente presentato la richiesta di entrare nell’Eurozona dal 1 gennaio 2014. Anche il principato di Andorra, situato nei Pirenei orientali tra Francia e Spagna, a partire dal primo gennaio 2014, comincerà ad emettere proprie monete in euro che inizialmente saranno distribuite nelle confezioni Starter kit. Questo farà aumentare il numero degli Stati che hanno adottato la moneta unica. Attualmente sono venti, 17 sono membri dell’Unione europea mentre il Principato di Monaco, la Repubblica di San Marino e lo Stato della Città del Vaticano, pur non facendo parte dell’Unione, hanno sottoscritto trattati e possono emettere monete in euro.
NON VALE UN SOLDO BUCATO: SI USA DIRE PER QUALCOSA CHE PROPRIO NON VALE NULLA. EPPURE ANCHE LE MONETE BUCATE HANNO IL LORO FASCINO. ECCO UN VIAGGIO NEL MONDO ALLA RICERCA DI QUESTI FORO NUMISMATICI.
di Gianni Graziosi
Chi colleziona monete sa che molte di esse presentano un foro in genere di forma circolare, ma anche quadrangolare. Queste monete possono essere suddivise e classificate in due grandi gruppi: nel primo si possono collocare tutte quelle che vengono coniate già forate, molti stati hanno emesso o continuano ad emettere tali pezzi: nel secondo, viceversa, si possono raggruppare tutte le monete nelle quali il pertugio è stato creato successivamente la coniazione, anche dopo parecchi anni, per diversi motivi. Per cercare una spiegazione più o meno attendibile della monetazione forata bisogna forse risalire alle usanze di alcune popolazioni primitive presso le quali molti oggetti avevano la duplice funzione di mezzo di scambio e di ornamento come, ad esempio, conchiglie, perline di vetro, denti di animali, dischetti di metallo, ecc. Ovviamente per assolvere a questa doppia finalità venivano forati. Sembra quindi esistere un legame stretto fra gli oggetti ornamentali e le monete forate le quali, proprio per la loro forma, possono essere usate indifferentemente come mezzo di scambio e come ornamento. Inoltre solamente queste monete possono essere attraversate da cordicelle o bastoncini, al dine di facilitare il trasporto ed anche il conteggio con la formazione di gruppo monetali aventi lo stesso valore. Un altro aspetto sicuramente importante è che il foro serve egregiamente per differenziare e riconoscere facilmente i nominali. Alcuni vi scorgono anche un metodo che permette, all’autorità emittente, di risparmiare metallo così che, con la stessa quantità, si ottengono tondelli di diametro maggiore. Prima di continuare sono necessarie due premesse: in primo luogo la classificazione presentata è puramente indicativa, ne possono essere proposte altre; in secondo luogo è opportuno ricordare che gli esempi forniti sono solamente una piccola parte fra le molte possibilità quindi questa non è esaustiva né per quanto riguarda le nazioni che hanno coniato tali monete, né per gli esempi delle monete forniti.
Segue articolo completo in formato Pdf tratto da Panorama Numismatico n. 236/gennaio 2009