Nella monetazione di Milano a nome di Bernabò e Galeazzo II Visconti (1354-1378) è noto un sesino così descritto:
1. D/ (croce potenziata) B G VICECOMITES
Biscia viscontea
R/ (croce potenziata) MEDIOLANVM
Croce potenziata
C. Crippa, 1986, 5/A (indicato come comune); A. Toffanin, s.d., 105/1; CNI 41-45. Illustrazione da A. Toffanin, s.d.
Di questo sesino è stata pubblicata anche una diversa versione:
2. D/ (croce potenziata) MEDIOLANVM
Biscia viscontea
R/ (croce potenziata) B G VICECOMITES
Croce potenziata
C. Crippa, 1986, 5/B (indicato R/5); A. Toffanin, s.d., 105/4; CNI manca. Illustrazione da A. Toffanin, s.d.
Luigi de Magistris la descrisse come un errore di conio1: «il prodotto di un errore involontario dello zecchiere» che mescolò inavvertitamente due parti dello stampo appartenenti a due monete diverse.
Ecco ancora una terza versione:
3. D/ (croce potenziata) MEDIOLANVM
Biscia viscontea
R/ (croce potenziata) MEDIOLANVM
Croce potenziata
C. Crippa, 1986, 5/C (indicato R/5); A. Toffanin, s.d., 105/5; CNI p. 74, n. 1 (ma attribuito a Matteo II, Galeazzo II e Barnabò Visconti 1354-1355)
Questa versione era stata pubblicata da Solone Ambrosoli nel 19022. Poiché di fatto era una moneta anonima e di estrema rarità, lo studioso aveva pensato di datarla al breve periodo in cui erano signori di Milano i tre nipoti di Giovanni Visconti, cioè Matteo, Bernabò e Galeazzo, dei quali non si conosceva alcuna emissione. Il CNI aveva seguito questa datazione citando appunto Ambrosoli. De Magistris la definì invece un banale errore di zecca come quello da lui pubblicato.
Crippa ne spostò la datazione a Bernabò e Galeazzo II affiancandola alle due precedenti versioni: «è probabilmente un ibrido, in quanto la scritta mediolanvm si ripete sia al diritto che al rovescio, mentre manca il nome dell’autorità emittente. Riteniamo che questo pezzo sia nato dall’errato abbinamento dei conii al momento della battitura: infatti esso è il risultato dell’unione del conio del diritto della varietà 5/B con quello del rovescio della varietà 5/A». Crippa illustra l’esemplare della Collezione Reale ma ne ha rintracciato altri quattro.
Esiste però una quarta versione3:
4. D/ (croce potenziata) . B . G . VICECOMITES
Biscia viscontea
R/ (croce potenziata) B . G VICECOMITES
Croce potenziata
AG – g 0,94 – h 3
Crippa manca; A. Toffanin, s.d., manca; CNI manca
Effettivamente questa versione non è inedita. Nel catalogo d’asta della ditta Carlo & Cesare Clerici, Le monete di zecche italiane nella raccolta Caprotti, battuta in Milano l’11 maggio 1908 e nei giorni successivi, al lotto 157, tra le monete milanesi, un sesino era così descritto: «(croce) b . g . vicecomites . Croce R/ (croce) b . g . vicecomites . Biscia. Inedita Gn»4.
La moneta non venne illustrata e passò probabilmente inosservata tanto da non essere compresa nel volume del CNI dedicato alla zecca di Milano che sarebbe stato pubblicato nel 1914. Sicuramente l’esemplare qui illustrato non è quello della collezione Caprotti.
Ora riassumiamo. Di questa moneta ci sono quattro versioni: una comune (versione 1) e tre di estrema rarità: un esemplare noto (versione 2), cinque esemplari noti (versione 3) e due esemplari noti (versione 4).
Le quattro versioni sono perfettamente incrociate tra loro: come la biscia al diritto si abbina alle leggende b . g . vicecomites (versioni 1 e 4) e mediolanvm (versioni 2 e 3), così la croce al rovescio si abbina alle stesse leggende b . g . vicecomites (versioni 2 e 4) e mediolanvm (versioni 1 e 3).
Quindi, le due versioni del diritto si abbinano alle due del rovescio dando vita a quattro monete diverse. È perciò molto improbabile che si sia trattato di errori o di ibridi, tanto sono vistosi, puntuali e ripetuti.
Ammesso che il tipo comune sia stato il primo a essere coniato, uno o più incisori dei conii dovrebbero aver sbagliato nel porre la leggenda mediolanvm insieme alla biscia ma poi questo conio sbagliato sarebbe stato abbinato da uno o più coniatori a un rovescio altrettanto sbagliato e con l’errore invertito, cioè con la leggenda b . g . vicecomites abbinata alla croce. In più, ci sarebbero le due versioni errate abbinate da qualcuno con due conii corretti, salvo poi accorgersi degli errori e continuare la produzione con la versione corretta. Gli errori sarebbero anche stati ripetuti in più conii (per esempio, il conio del rovescio della versione 2 è diverso dal conio di rovescio della versione 4) erroneamente abbinati più volte ma non ci sono, invece, i classici abbinamenti di due conii di diritto o due di rovescio, cioè monete con la biscia al diritto e al rovescio o con la croce al diritto e al rovescio. E il tutto senza considerare la sostanziale differenza tra un conio di martello e uno di incudine e la perplessità che un incisore si potesse confondere pensando di lavorare ad un conio di diritto piuttosto che a un conio di rovescio o viceversa.
Inoltre, altri casi del genere non sembrano attestati per le emissioni del periodo né sono noti errori ortografici vistosi e ripetuti nelle leggende, segno che le maestranze della zecca milanese erano attente e scrupolose.
Ci deve perciò essere una logica sottostante per eviatre di ritenere che la versione 1, quella comune, sia l’unica emissione con le altre tre versioni da intendersi come banali errori o scarti. Dovrebbero invece essere quattro emissioni in successione una con l’altra, con la versione 1 che potrebbe essere quella definitiva e ovviamente di maggior durata, successione proseguita con due altre emissioni contrassegnate da un piccolo trifoglio al termine della leggenda del diritto e uno all’inizio della leggenda del rovescio5 e da borchie6.
E allora potrebbe aver avuto ragione Solone Ambrosoli attribuendo la versione 3 ai fratelli Matteo, Bernabò e Galeazzo, sotto i quali, del resto, la zecca di Milano sarebbe stata altrimenti chiusa. E se esiste il mezzo fiorino anonimo7 attribuito a Luchino e Giovanni Visconti (1339-1349) o a Giovanni Visconti (1349-1354), perché non potrebbe appartenere allo stesso periodo anche il sesino con mediolanvm sia al diritto che al rovescio? E non potrebbero questi incroci di tipi e leggende essere stati concepiti a scopi celebrativi, per esempio, per battere monete da gettare al popolo?
Articolo tratto da Panorama Numismatico nr.337 – Marzo 2018.
Bibliografia
S. Ambrosoli, 1902 – Una moneta milanese anonima dei successori di Giovanni Visconti, in «Archivio Storico Lombardo», a. XXIX, fasc. XXXIII, 1902, pp. 143-146.
C. Crippa, 1986 – Le monete di Milano dai Visconti agli Sforza dal 1329 al 1535, Milano.
F. Gnecchi, E. Gnecchi, 1884 – Le monete di Milano da Carlo Magno a Vittorio Emanuele II, Milano.
L. De Magistris, 1971 – Il presunto sesino dei successori di Giovanni Visconti, in «Bollettino Numismatico», a. VIII, n. 2, aprile 1971, pp. 15-17.
A. Toffanin, s.d. – Monete Italiane Regionali. Milano, Milano.