di Roberto Diegi
Caius Aurelius Valerius Diocletianus (Iovius)
Marcus Aurelius Valerius Maximianus (Herculius)
Flavius Valerius Constantius (Chlorus)
Marcus Galerius Valerius Maximianus (Armentarius)
Diocleziano si chiamava originariamente Diocles ed era nato in Dalmazia nel 240 da una famiglia di umilissime origini, facendo peraltro una splendida carriera militare: solo quando fu eletto imperatore, dopo l’assassinio di Numeriano, e rimase unico reggente dell’Impero dopo la morte di Carino, trasformò il suo nome in quello di Caius Aurelius Valerius Diocletianus.
Era il 285 e Diocleziano, come suo primo atto da imperatore, nominò cesare il suo camerata Massimiano, anch’esso di umilissime origini, nato a Sirmum in Pannonia nel 240 e importante ufficiale dell’esercito. L’anno successivo, nel 286 quindi, Massimiano fu elevato al rango di augusto, formalmente a parità di poteri con Diocleziano, anche se quest’ultimo manteneva di fatto una certa supremazia.
Era nata una forma di governo a due, che aveva già avuto precedenti nella storia dell’Impero, ma che con Diocleziano e Massimiano ebbe una sua particolare importanza. Questa “Diarchia” era, se così si può dire, la prova generale della Tetrarchia che sarebbe nata pochi anni dopo.
Nel 293, infatti, per iniziativa di Diocleziano, fu istituita la Tetrarchia, la ben nota forma di governo a quattro che aveva lo scopo principale di meglio controllare l’enorme Impero sempre minacciato dalle bellicose nazioni barbare, attraverso un poderoso rafforzamento delle truppe di stanza ai confini, poste sotto il controllo diretto di ciascuno dei tetrarchi, preposto appunto al governo di un quarto dell’Impero e residente a tal fine in una città decentrata e strategicamente più importante per la difesa, di quanto non lo fosse Roma.
Questa divisione dell’Impero in 4 prefetture ( una per ciascun imperatore, con a capo un prefetto del pretorio con compiti amministrativi), 12 diocesi (o Nazioni con a capo un vicario imperiale) e ben 95 province (con a capo un preside, sempre di nomina imperiale), non intaccava comunque per nulla l’unità dello Stato romano: le leggi erano assolutamente identiche e dovevano essere emanate congiuntamente e contemporaneamente dai due augusti e dai due cesari, i quali ultimi erano comunque tenuti ad una rigida obbedienza nei confronti dei propri augusti.
A questo punto è opportuno dedicare due parole all’innovativo sistema gerarchico della Tetrarchia. Ai due augusti, coimperatori a tutti gli effetti, anche se ad uno di loro, Diocleziano all’inizio, spettava una certa prevalenza nei confronti dell’altro (Iovius ed Herculius), erano affiancati due cesari, destinati a succedere agli Augusti, con diritto a nominare a loro volta i successori: la prima tetrarchia aveva innalzato al rango di augusti Diocleziano e Massimiano, mentre cesari erano stati nominati Galerio e Costanzo I.
Questo, succintamente, lo schema del primo governo tetrarchico:
- Diocleziano augusto chiamato Iovius, cioè primo principe dell’Impero, nato in Dalmazia nel 240.
- Galerio Massimiano suo cesare, soprannominato Armentarius in ricordo delle sue origini familiari (la sua era una famiglia di pastori): era nato nel 250 in Illiria.
- Massimiano, l’altro augusto, con il titolo di Herculius, in subordine quindi a Diocleziano Iovis: era nato anch’esso nel 240, come Diocleziano, ma a Sirmium.
- Costanzo I, suo cesare, soprannominato Chlorus per il colorito pallido del suo viso. Era coetaneo di Galerio e probabilmente anch’esso nativo dell’Illiria.
L’Impero risultava, ai tempi delle prima Tetrarchia, suddiviso così in quattro parti: l’Occidente affidato all’augusto Massimiano Erculeo, con capitale Mediolanum; l’Oriente, con la Grecia e l’Asia Minore, era la sfera di giurisdizione di Diocleziano, con capitale a Nicomedia; ai due cesari, Galerio e Costanzo, era stato affidato, rispettivamente, il controllo della Gallia, della Spagna e della Britannia (Costanzo) e della stategica zona danubiana (Galerio). Costanzo aveva come residenza uficiale Treviri, mentre Galerio risiedeva abitualmente a Sirmium. Roma era del tutto ignorata.
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