La crisi della zecca di Bologna
La maggior parte del XVII e del XVIII secolo rappresentarono per Bologna una fase di declino economico e la zecca risentì molto di questa situazione. Soprattutto a cavallo dei due secoli le emissioni erano prevalentemente di rame e di mistura perché quelle d’oro e di buon argento risultavano antieconomiche. La crisi della zecca si manifestò anche nella qualità artistica dei conî perché la retribuzione disponibile per gli incisori dei conî era troppo bassa, quindi o accettavano di lavorare solo dei soggetti poco dotati oppure lasciavano l’incarico appena trovavano un’attività più redditizia. Una discreta ripresa delle emissioni d’argento (92%) si ebbe solo tra il 1664 ed il 1683 sotto forma di lire da 20 bolognini e piccole madonnine da 6 bolognini83. Dopo quella data il prezzo dell’argento risultò di nuovo troppo caro perché nella zecca di Bologna fosse conveniente coniarlo84. Come conseguenza per mezzo secolo, oltre alla scadente moneta di rame e di mistura per i piccoli scambi quotidiani, furono effettuate solo scarse emissioni di ostentazione per celebrare l’elevazione al soglio pontificio di un pontefice o la nuova nomina di un cardinale legato che voleva vedere il proprio stemma familiare sopra una moneta85. Per questo motivo le monete d’argento di modulo maggiore sono molto rare sino al pontificato di Pio VI.
Nel 1736 per poter riprendere le coniazioni d’argento si pensò di emettere delle monete alla vecchia lega bolognese del 82% in modo da abbattere le spese di raffinazione dell’argento. Le nuove monete erano di piccolo modulo, avevano un valore di 5 bolognini ed erano chiamate carlini86. Ebbero un grande successo e l’emissione proseguì abbondante sin quasi alla fine del secolo (fig. 5, F-G-H).
Il ‘600 e gran parte del ‘700 furono due secoli di scarse innovazioni per Bologna ed anche le emissioni monetarie non presentarono novità significative se si escludono le esigue emissioni di scudi da 4 lire (fig. 5, D) e mezzi scudi da 2 lire87.
L’ultimo bolognino di mistura fu emesso nel 1715. I suoi tipi erano gli stessi del primo che risaliva al 1526, anche se di stile diverso: al dritto le chiavi decussate con la legenda BONONIA MATER che si completava al rovescio con STUDIORUM attorno al leone rampante.
Note
- Alcuni autori affermano che la fine dell’Evo antico, e quindi l’inizio del Medioevo, non dovrebbe coincidere con la caduta dell’Impero Romano d’Occidente, ma con la nascita del Sacro Romano Impero, cioè all’epoca di Carlo Magno e Maometto (Pirenne 1972).
- In realtà circolavano nell’Europa occidentale anche le monete d’oro ma erano quelle di produzione bizantina o araba.
- Cipolla 1975.
- Anche se il valore delle monete era dato in massima parte dal loro contenuto metallico, questo incideva in modo di-verso per le monete di lega d’argento elevata (chiamate correntemente monete d’argento o semplicemente moneta e in epoca moderna moneta reale) o di lega bassa (chiamate di mistura e dopo il XV secolo moneta di quattrini, anche se oltre che dai quattrini era costituita da denarini, sesini, bolognini e muraiole da due soldi). Nelle monete di mistura, che avevano un valore nominale più basso, i costi di produzione erano percentualmente maggiori ed anche l’aggio per le casse governative era maggiore. Per questi motivi al momento di rifondere le monete per farne delle nuove il danno diveniva consistente.
- A questo fine vi erano anche accordi tra gli stati per emettere monete di ugual valore per creare un’unica e grande area monetaria in cui gli scambi commerciali fossero facilitati.
- Il termine di moneta reale indicava quei nominali il cui valore era quasi uguale a quello del contenuto metallico (intrinseco); invece la moneta di mistura, che più tardi sarà chiamata “plateale” cioè “corrente sulla piazza”, era quella di mistura che circolava per un valore molto più elevato di quello dell’intrinseco in quanto le spese di produzione e l’aggio incamerato dal governo incidevano in percentuale maggiore.
- Chimienti e Di Mella 1992.
- Per fare un esempio sarebbe come se qualcuno usasse le monete da un euro per pagare l’acquisto di un’automobile.
- Grierson. Il primo grosso d’argento comparso in Europa occidentale è considerato il ducato d’argento di Venezia, chiamato anche grosso matapan, emesso a partire dagli ultimi anni del XII secolo.
- Chimienti 1994.
- Secondo la terminologia numismatica le due faccie di una moneta sono di solito suddidivise in una parte centrale chiamata campo, che può comprendere una figura oppure delle lettere alfabetiche, ed una iscrizione nel contorno chiamata leggenda o legenda (con termine latino); per tipo si intende l’aspetto generale di una faccia.
- I.P.R.T. stava per IMPERATOR.
- Chimienti 2001 b.
- Chimienti 1993. Nel XIX canto del Paradiso Dante Alighieri si scaglia contro i cattivi governanti e ai versi 140 e 141 recita: … e quel di Rascia- che male ha visto il conio di Vinegia. Si riferiva proprio all’emissione dei grossi di Rascia che imitavano i ducati veneziani come aspetto ma erano di lega molto più scarsa. quel di Rascia è Urosio II Milutino, re della Rascia dal 1276 al 1321. Questo stato comprendeva la Croazia oltre ad una parte della Serbia e della Dalmazia. Le monete d’argento imitavano i grossi veneziani con la differenza che San Marco era sostituto da Santo Stefano ed il doge dal re serbo. Originariamente il peso e la lega corrisposero a quelli del ducato veneziano, ma ben presto la cupidigia spinse i governanti della Rascia a ridurre sempre più il contenuto di fino delle loro monete. Così esse passarono da imitazioni a vere e proprie contraffazioni truffaldine in quanto erano spacciate allo stesso valore dei grossi veneti.
- E’ significativo che tra coloro che avevano sollevato il problema fosse assente l’Arte dei Cambiatori (con questo nome si indicavano i banchieri) che avrebbero dovuto essere i primi a rendersi conto di ciò che stava accadendo al mercato monetario. Probabilmente proprio tra di loro si trovassero i principali responsabili della speculazione.
- Si diede arbitrio al podestà di indagare con ogni mezzo e con i poteri più ampi. In questo senso si andò forse oltre i limiti della legalità concedendo di procedere non solo per probationes (cioè per prove), ma anche per famam, per indicia et presuntiones (in pratica erano sufficienti indizi, presunzioni o addirittura voci correnti per trascinare qualcuno sul banco degli accusati). Diverse persone furono accusate e le procedure furono veramente rapide. Ma a questo punto il Consiglio del popolo fece inaspettatamente marcia indietro. A quanto pare si temevano tumulti per le insolite e gravi procedure che infamavano boni et honorati uomini per cui si propose di attuare una specie di sanatoria per la pace del popolo (desistat ab omni processu … ut amorem et unio semper crescat in populo).
- Lopez.
- Contemporaneamente al fiorino fu coniato anche il genovino d’oro, identico per contenuto metallico. Invece Venezia iniziò solo nel 1284 l’emissione di una propria moneta d’oro, chiamata inizialmente ducato e dal ‘500 zecchino. Il ducato impiegò molto tempo per raggiungere l’importanza del fiorino in quanto in un primo tempo Venezia preferì sostenere il proprio grosso d’argento. Solo dopo la metà del ‘300 a seguito della gravissima crisi finanziaria che colpì Firenze, il ducato d’oro raggiunse e superò il fiorino.
- Venezia emise la sua prima moneta d’oro solo nel 1284 facendola uguale al fiorino per lega e per peso. Ma inizialmente preferì sostenere il proprio grosso d’argento (che era chiamato ducato d’argento mentre la moneta d’oro era chiamata ducato d’oro e successivamente, dal ‘500, zecchino). Solo dopo la crisi economica che colpì Firenze nella prima metà del XIV secolo Venezia abbandonò la difesa della sua moneta d’argento per sostenere il suo ducato d’oro. Da quel momento l’uso del ducato d’oro incominciò ad equivalere a quello del fiorino, sino a superarlo (Russo e Chimienti).
- I bolognini grossi comunali mantennero inalterato il proprio contenuto d’argento per un secolo, dal 1236 al 1336 circa. Bologna svalutò per la prima volta l’intrinseco del proprio grosso nel 1337 l’intrinseco del proprio grosso nel 1337 con l’emissione del pepolese da due soldi. Emise il bolognino d’oro solo a partire dal 1380.
- Russo e Chimienti.
- Chimienti e Malavasi 2001 b.
- La lega del grosso agontano era migliore rispetto a quella del bolognino (96,5% rispetto al 83%).
- Nel lungo periodo dell’esilio avi-gnonese Roma venne retta dal Senato che in assenza dei pontefici era divenuto autonomo anche nel governo della moneta.
- Chimienti 2005 b.
- I primi bolognini di tipo papale emessi in Abruzzo sono quelli dell’Aquila o di Sulmona battuti tra il 1382 ed il 1384: bolognini papali di Luigi d’Angiò (MEC, n. 724) e di Carlo III di Durazzo (MEC, n. 726 e n. 227). Gli ultimi sono quelli di Giovanna II per l’Aquila e Guardiagriele (MEC, n. 747 e n. 749). Nel 1435 non erano più battuti.
- Secondo la legge di Gresam, quando in un territorio circolano due monete di valore nominale uguale mentre il valore intrinseco (contenuto metallico) di una è migliore dell’altra accade che la migliore venga tolta dalla circolazione per essere tesaurizzata o fusa. Questo comporta la sua scomparsa dalla circolazione.
- Erano i mercanti che portavano l’argento alle zecche ricevendone in cambio monete nuove. Spesso l’argento era costituito da oggetti lavorati.
- Finetti.
- Archivio di Stato di Bologna, Comune, Libro dei banditori, volume I, carta 90.
- Chimienti 1989 b; Chimienti e Russo.
- I quattrini furono battuti per la prima volta dalla zecca di Firenze nel 1347 al valore di quattro denari toscani, da cui derivò il loro nome; in seguito furono imitati da numerose zecche.
- Le informazioni migliori sulla cir-colazione della moneta di mistura sono offerte dai reperti archeologici sporadici mentre per lo studio della moneta d’ar-gento grossa o dell’oro i dati sono forniti dallo studio dei ripostigli. Per conoscere la circolazione minuta del territorio bolognese sono particolarmente significativi gli scavi di Castel San Pietro. Le monete ritrovate in quel sito sono per la maggior parte spiccioli di bassa lega d’argento e possono essere suddivise in tre gruppi: monete appartenenti al XIII secolo, alla prima metà del XIV e alla seconda metà del XIV. (Chimienti 2001 a; Chimienti 2003 a).
- Nell’arca di San Procolo, situata nell’omonima chiesa bolognese, nel corso di un’ispezione furono rinvenute diverse monete (Chimienti 1987). Tra queste vi erano 5 quattrini bolognesi e 4 toscani (2 di Firenze e 2 di Siena). L’arca era stata aperta ed esposta ai fedeli tra il 1389 ed il 1437 per cui le monete vennero introdotte in questo lasso di tempo. Ritengo meno probabile che le monete siano state poste all’interno del sarcofago al momento della sua chiusura.
- Il termine quattrino significava moneta da quattro denari ma a Bologna ne valeva solo due in quanto il denaro bolognese aveva un contenuto d’argento praticamente doppio di quello toscano (Chimienti 1989 a).
- Chimienti 1990.
- Fuggito da Roma per la rivolta dei Colonna, Eugenio IV giunse a Bologna il 22 aprile 1436. Si fece prestare dai Bolognesi 30.000 ducati d’oro per orga-nizzare in città un Concilio Ecumenico che però fu aperto a Ferrara l’8 gennaio del 1438. Si determinò quindi una nuova rottura dei rapporti con il pontefice che fuggì nottetempo da Bologna.
- Chimienti 1992.
- Nella seconda metà del ‘400, sui mercati europei si riversarono grandi quantità di argento, proveniente da nuove miniere europee, e di oro, proveniente dai territori sudsahariani. Ma fu soprattutto l’argento che affluiva a Milano e Venezia dalle miniere del Tirolo e della Sassonia a determinare le principali modificazioni nella monetazione italiana. Nel 1472 a Venezia fu deciso di coniare monete più grosse, del valore di una lira, per riuscire a smaltire tutto l’argento che si accumulava in zecca. Questa scelta fu fatta anche a Milano due anni dopo (Cipolla 1988). L’oro arrivava invece da miniere sud-sahariane e giungeva con le carovane sulla sponda araba del Mediterraneo dove veniva scambiato con l’argento veneziano, oppure giungeva dal Portogallo che proprio allora iniziava ad utilizzare le rotte navali africane a largo raggio (Spufford). Alcuni anni dopo anche la zecca bolognese emise delle monete equivalenti alle lire milanesi; erano chiamate quarti d’argento e corrispondevano solo a 16 soldi bolognesi perché il soldo di Bologna si era svalutato meno di quello milanese.
- Se la situazione economica e la politica monetaria non erano in grado di far affluire metalli preziosi nella zecca, l’attività di coniazione si fermava oppure si limitava a moneta spicciola di scarsa qualità che presentava un margine di guadagno maggiore.
- Archivio di Stato di Bologna, Comune, Partiti, I, c. 189. Die quarto Januarii, 1455 … datia et gabellas in civitate et comitatu bononiensi solvere ea possit et ei liceata in moneta quatrinorum bonorum bononiesium solum et non aliorum quatrinorum cum lagio unius denarii pro bononeno et ad rationem bononeni et non ultra.
- Queste monete sono rarissime ed ignote persino al Corpus Nummorum Italicorum.
- Covo e Antegnate erano due feudi lombardi concessi a Giovanni II Ben-tivoglio dagli Sforza.
- Chimienti 2001 c.
- Carlo I Angiò era cugino del re di Francia ed il suo stemma era un campo blu cosparso di gigli (fiordalisi).
- La legenda LIBERTAS sarebbe giunta a Bologna assieme ad uno stendardo blu donato ai Bolognesi dal governo fio-rentino dopo che la città si era ribellata al pontefice nel 1375.
- Il CNI impropriamente chiama queste monete carlini.
- Il CNI attribuisce a Filippo Maria Visconti tutti i bolognini d’argento con la biscia viscontea che in realtà appartengono per la maggior parte alle emissioni di Giangaleazzo; anche il bolognino d’oro con la biscia deve essere considerato di Giangaleazzo (Chimienti 2005 a)
- Chimienti 2005 a.
- In un primo tempo alcune di queste monete furono battute alla lega romana del 92% anziché alla bolognese del 82%.
- Il complesso sistema monetario in corso a Bologna, soprattutto nel XV e XVI secolo, ha determinato molti errori nella classificazione delle monete di questa zecca che sono stati riportati anche dal C.N.I.
- Poiché il bolognino valeva 6 quattrini, il bianco da 10 bolognini ne valeva 60. Sotto Paolo III (1534-49) al bianco fu dato il nome di paolo, per cui la moneta corrispondente a 10 baiocchi era chiamata due terzi di paolo. Ma già sotto Giulio III (1550-55) la moneta da 10 bolognini era chiamata bianco e quella da 10 baiocchi moneta da 40 quattrini. All’epoca di Gregorio XIII la moneta corrispondente a 10 baiocchi venne chiamata a Bologna gregorio e sotto Sisto V, sisto.
- Chimienti 1985.
- Moneta mora, cioè di colore scuro.
- Chimienti 1985.
- Questa lira (g 11,67), oggi chiamata lira della carestia, pesava poco più del quarto d’argento emesso nel 1495 per un valore di 16 bolognini (g 11,58).
- In realtà nel 1538 è chiamato paolo che dovrebbe essere il nome della moneta corrispondente a 10 baiocchi romani che in questa occasione è chiamato due terzi di paolo (= 6 bolognini e 4 quattrini = 40 quattrini). Solo con l’appalto del 1550 compare in un documento ufficiale il termine bianco (Chimienti 1986). Nello stesso do-cumento è definito anche giulio grande per distinguerlo dal giulio da 10 baiocchi (Malaguzzi Valeri, doc XI, p 172).
- I bianchi del XVI secolo presentano sul dritto una straordinaria galleria di ritratti dei pontefici, opera dei maestri dei coni della scuola bolognese che raggiunse in questo secolo i suoi massimi livelli. Invece nel XVII secolo l’arte degli incisori dei coni di Bologna precipitò ai suoi livelli più bassi (Chimienti 2006).
- Archivio di Stato di Bologna, Senato, Partiti, vol. 10, c. 102. Nell’appalto del 1580 se ne prescrivono le caratteristiche tra cui il peso (g 29,33) di poco inferiore all’oncia.
- Chimienti 1983 a.
- Poiché il bolognino ed il baiocco venivano svalutati in modo indipendente dai due governi, il cambio tra di loro fu instabile per tutto il XVI secolo. Naturalmente anche le monete bolognesi emesse sul piede del baiocco romano, modificarono più volte il loro valore espresso in bolognini.
- Chimienti 1984.
- Lo Zanetti (Ms 1063 dell’Archiginnasio di Bologna, c. 81) riporta il testo dei capitoli per l’appalto della zecca ad An-tonio Maria Campeggi a cui il Senato bolognese riconobbe l’incarico con un partito del 3 settembre 1523 (Archivio di Stato di Bologna, Senato, partiti, vol. 16, c. 115 v.). Il testo dei Capitoli recita: et l’argento sia a lega d’oncie nove et denari XX in libra di peso d’argento et di tale argento così cimentato et ridotto batta et batter faccia grossi bolognesi secondo il presente uso, cioè grossi cento settanta sei et mezzo fino in cento settanta sette al più per ogni libra d’argento. Comunque un grosso bolognese era già stato emesso sotto il pontificato di Leone X (1513-21) (Chimienti 1983 b).
- Archivio di Stato di Bologna, Senato, Partiti, vol. 10, c 44 v.
- Chimienti 1989 a.
- Muntoni, volume II, p 103, , Gregorio XIV, n 6.
- Verso il 1590 gli scudi d’argento valevano a Bologna circa 78 bolognini ed a Roma 102 baiocchi. A volte erano chiamati ducatoni. Probabilmente nacquero come corrispettivo in argento dello scudo d’oro ma, per l’instabilità del rapporto oro/argento e per la ricorrente svalutazione delle monete d’argento, l’equivalenze si perse molto presto (verso il 1590 lo scudo d’oro valeva circa 95 bolognini.
- Dello scudo d’oro del sole vennero emessi sino alla fine del ‘700 dei multipli chiamati doppie e quadruple. Nei primi tempi furono battuti in esiguo numero anche dei mezzi scudi.
- Con il termine “moneta di quattrini” si intendevano tutte le monete di bassa lega che erano rappresentate a Bologna dalle muraiole da due bolognini, dalle monete da un bolognino, dai sesini da due quattrini, dai quattrini ed infine dai denari o piccioli da mezzo quattrino.
- In questo modo i principi delle zecche emittenti ed i loro zecchieri speculavano con grandi guadagni battendo monete il cui costo di produzione era molto inferiore al valore per cui erano immesse sui mercati.
- Il termine “quattrini con il gonfalone” deriva dalla raffigurazione del gonfalone, emblema araldico della Chiesa, su una delle faccie. Chimienti 2007.
- Gli ultimi furono i sesini battuti nel 1594 a nome di Clemente VIII.
- Con questo nome si indicavano i piccoli baiocchi di mistura
- Nel corso del XVI secolo il soldo di Roma, chiamato baiocco, valeva circa un quinto in meno di quello bolognese che era chiamato bolognino. Dopo l’inizio del XVII secolo il bolognino fu ridotto al valore del baiocco. Poichè i quattrini romani valevano un quinto del soldo mentre quelli bolognesi, valendo un sesto erano più leggeri, i quattrini bolognesi erano chiamati quattrinelli.
- Anche se i soldi bolognesi valevano di più di quelli di Roma, la lira bolognese da 20 bolognini non poteva equivalere al testone romano da 30 baiocchi. Secondo un bando pubblicato a Roma il 23 di-cembre 1595 le lire bolognesi valevano poco più di 24 baiocchi ma, avendo un maggior contenuto di rame, pesavano g 9,2; avvicinandosi ai g 9,9 dei testoni alla lega romana.
- Chimienti 1988.
- Archivio di Stato di Bologna, Bolle e Brevi, Q. XXX, c. 94 v.
- La vecchia lega bolognese era del 82% circa, mentre quella nuova imposta da Roma all’inizio del XVII secolo era del 92% circa.
- Entrambe le serie, quella autonoma e quella pontificia, erano composte da lira, bianco, carlino e mezzo carlino.
- Archivio di Stato di Bologna, Archivio notarile, protocollo x di Domenico Castellani, c. 131 v, 30 dicembre 1623 (riportato per esteso da Salvioni, p. 674).
- Questo peso corrisponde a quello della moneta di Urbano VIII con i tipi del vecchio paolo.
- In modo equivoco la moneta da 30 bolognini non venne chiamata testone, come sarebbe naturale in considerazione del suo valore, ma con il termine ormai inconsueto di gabellone.
- Nel 1683 il governo centrale di Roma impose un’emissione di testoni da 30 bolognini, che era un taglio tipicamente romano mentre a Bologna erano preferite le lire da 20 bolognini. Il contenuto d’argento imposto da Roma creò diversi problemi di politica monetaria che determinarono fluttuazioni nella valutazione della moneta. L’emissione fu ripetuta, in quantità molto più esigua solo nel 1686.
- Tuttavia si deve tener presente che i costi di produzione non dipendevano solo dal metallo ma anche dall’efficienza dell’officina monetaria che a quel tempo era a Bologna molto scarsa.
- Che queste emissioni fossero in perdita aveva poca importanza in quanto la loro entità era esigua essendo di pura ostentazione.
- A partire dal pontificato di Benedetto XIV (1740-58) furono coniati alla lega bolognese anche dei bianchi da dodici bolognini, ma il loro successo non fu equiparabile a quello dei carlini e quindi l’entità delle loro emissioni risultò molto scarsa.
- Nel corso del pontificato di Benedetto XIV furono emessi degli scudi d’argento da 90 bolognini, in quantità estremamente esigua e quindi privi di importanza per la circolazione monetaria, per rendere omaggio al grande pontefice bolognese.
4 Comments
Kaj Madsen
Dear Michele Chimenti,
Please allow me a couple of questions:
-Is it possible to establish the meaning of the great letter A om the bolognini’es (figs. 1E and 1F)?
-Is the letter A perhaps an icon for the university of Bologna, Alma Mater Studiorum?
-Is the bolognini 1380-1443 issued by the university?
My best Regards, thanks in advance,
Kaj
admin
Dear Mr.Kaj,
I’ve forwarded your questions to Mr.Chimenti. Will post here his reply, if we get it.
Kind Regards,
Massimo
costanza baiocco
When did the word “baiocco” first appear in Italy?
Gracias
lucifero
vorrei contattare collezionisti per scambi monete,io colleziono monete dello stato pontificio zecca di bologna grazie