La lega bolognese e la lega romana
Come abbiamo detto, i pontefici tentarono più volte di omogeneizzare tra loro le monete emesse nelle zecche del proprio stato. Si trattava di un tentativo più che razionale, ma si scontrò sempre con il preteso diritto di autonomia di Bologna che si rifaceva ai capitoli di Niccolò V.
Oltre al problema del diverso valore tra il soldo romano e quello bolognese, vi era anche quello della lega utilizzata per le monete d’argento. Infatti quella di Roma era del 92% circa, e quella di Bologna del 82%. I Bolognesi non volevano adattarsi a quella della capitale perché una lega più bassa permetteva di utilizzare con minor spesa gli argenti provenienienti da oggetti preziosi che erano appunto eseguiti con una lega peggiore. Ma questa situazione creava dei problemi negli altri territori dello Stato pontificio perché le monete bolognesi, a parità del contenuto d’argento, erano più grosse e pesanti. In particolare le lire da 20 bolognini (fig. 3, B) venivano spacciate negli altri territori dello Stato della Chiesa come testoni da 30 baiocchi pur valendone circa 2475. Questa situazione venne considerata intollerabile dal pontefice Clemente VIII (1592-1605) che in primo tempo minacciò persino di chiudere la zecca di Bologna76. Ma non riuscendo a convincere il riottoso Senato, nel 159677 ordinò che almeno le monete della zecca emiliana venissero coniate senza il suo ritratto o il suo stemma (cioè l’aspetto doveva essere di tipo autonomo) per non essere confuse con le altre monete pontificie di lega migliore.
Seicento e Settecento: la crisi della zecca di Bologna
Solo con Paolo V (1605-21) i pontefici ottennero di ridurre ulteriormente l’autonomia di Bologna e che la zecca battesse esclusivamente monete alla lega romana. In seguito, nel volgere di pochi anni, il bolognino, scese gradualmente allo stesso valore del baiocco e da allora fu sempre mantenuta l’equivalenza. Solo i tipi monetari restarono quelli soliti della tradizione bolognese (stemma di Bologna, leone rampante, croce gigliata, S. Petronio, Madonna col Bambino in braccio, ecc.). Solo dopo un secolo (1736) la zecca bolognese ottenne l’autorizzazione a battere alcune monete alla vecchia lega bolognese78 (carlino da 5 bolognini e poi il bianco da 12). Certamente il nuovo rapporto tra Roma e le città emiliane era stato influenzato dal rafforzamento dell’autorità dei pontefici determinato dalla guerra, favorevole alla Chiesa, contro Cesare d’Este per riportare Ferrara sotto il diretto controllo di Roma (1598).
Figura 5
La politica monetaria di Paolo V per Bologna
Un esempio evidente dei nuovi rapporti con Roma è un episodio accaduto nel 1614, quando il governo bolognese decise di riprendere l’emissione di monete d’argento dopo diversi anni. Anzitutto il Senato bolognese cedette alle disposizioni di Roma usando per l’argento la lega di tipo romano anziché quella bolognese. Invece per quanto riguardava la tipologia delle monete furono seguite le disposizioni impartite da Clemente VIII evitando di usare lo stemma del pontefice o il suo ritratto (fig. 4, E-I-L). Ma quando il pontefice vide quelle monete montò su tutte le furie e pretese che fossero rifuse per batterle con dei nuovi coni dove fosse raffigurato il proprio ritratto o il proprio stemma (fig. 4, F-H-M). Per tale motivo sotto questo pontefice furono emesse due serie di monete, una di tipo autonomo ed una francamente pontificia79.
Vi sono invece due rare monete di Paolo V per le quali non si conosce alcun documento che ne parli. Si tratta di un giulio (fig. 5, A) e di un testone da tre giulii. Anche se di dimensioni diverse presentano la stessa tipologia: il ritratto del pontefice al dritto e lo stemma di Bologna al rovescio. Forse furono emesse alla fine del pontificato di Paolo V in occasione della definitiva riduzione del bolognino al valore del baiocco e quindi il vecchio paolo ed il testone corrispondevano già a 10 e a 30 bolognini. Il mistero che avvolge questi nominali non esiste invece per le monete emesse dopo pochi anni (1624) con la stessa tipologia a nome di Urbano VIII. Infatti il contratto per l’appalto della zecca di quell’anno80 parla chiaramente di un bianco del peso di 3,2 grammi81 e del valore di 10 bolognini. Questa è la prova che il giulio da 10 baiocchi era divenuto definitivamente una moneta da 10 bolognini, cioè il soldo bolognese era stato ridotto allo stesso valore di quello di Roma82.
Tutto avvenne in sordina e senza che si trovi alcun documento dell’epoca che ne parli. Probabilmente il governo centrale di Roma non voleva che il popolo si accorgesse di questo ulteriore giro di vite a danno dell’autonomia bolognese, né il senato gradiva pubblicizzare una manovra che poteva apparire come una svendita dell’autonomia in cambio di chissà quali benefici.
Se la nuova moneta da 10 bolognini risultava ridotta nel suo valore metallico, i vecchi bianchi e le vecchie lire, si trovarono a valere di più, rispettivamente 12 e 24 dei nuovi bolognini. Certamente queste monete continuarono a circolare a lungo perchè nel 1683, sotto il pontificato di Innocenzo XI, furono emessi due nominali con quel valore (12 e 24 bolognini) (fig. 5, C).
La stessa cosa accadde per le madonnine d’argento, battute a partire dal 1666 con valore di 6 bolognini che avevano un aspetto quasi identico ai carlini da 5 bolognini del 1615. E così fu per il mezzo carlino (con il busto di S. Petronio e l’epigrafe bononia docet) che passò dal vecchio valore di 2,5 bolognini a 3.
Tabella 4 – Monete emesse sotto il pontificato di Paolo V. Inizialmente erano di tipo autonomo secondo le disposizioni impartite in precedenza da Clemente VIII.. Paolo V, viste le monete, pretese di farle fondere e di di emettere solo monete con le sue insegne o il suo ritratto al dritto. Le nuove monete mantennero la tipologia del rovescio, che in genere corrispondeva a quella degli stessi nominali del secolo precedente. Furono emessi anche un giulio ed un testone da tre giulii di cui non resta però alcunamenzione nei documenti dell’epoca e di cui non si conosce il valore esatto.
Monete di tipo autonomo | Monete di tipo papale | ||||
nominale | valore | dritto |
rovescio | dritto | rovescio |
testone | ? s. | – | – | Busto di Paolo V | Stemma Bologna |
lira o piastra | 20 s. | Felsina | S. Petronio seduto | Stemma di Paolo V | S. Petronio seduto |
bianco | 10 s. | Busto S. Petronio | Leone rampante | Busto di Paolo V | Leone rampante |
giulio | ? s. | – | – | Busto di Paolo V | Stemma Bologna |
carlino | 5 s. | Stemma Bologna | Madonna | Stemma di Paolo V | Madonna |
mezzo carlino | 2,5 s. | Busto S. Petronio | epigrafe | Stemma di Paolo V | epigrafe |
5 Comments
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Kaj Madsen
Dear Michele Chimenti,
Please allow me a couple of questions:
-Is it possible to establish the meaning of the great letter A om the bolognini’es (figs. 1E and 1F)?
-Is the letter A perhaps an icon for the university of Bologna, Alma Mater Studiorum?
-Is the bolognini 1380-1443 issued by the university?
My best Regards, thanks in advance,
Kaj
admin
Dear Mr.Kaj,
I’ve forwarded your questions to Mr.Chimenti. Will post here his reply, if we get it.
Kind Regards,
Massimo
costanza baiocco
When did the word “baiocco” first appear in Italy?
Gracias
lucifero
vorrei contattare collezionisti per scambi monete,io colleziono monete dello stato pontificio zecca di bologna grazie