La classe dei bolognini
Nel 1526, dopo tre secoli di svalutazione, venne emesso per la prima volta un bolognino che era di mistura e non più di buona lega d’argento53 (fig. 3, G). Anche la nuova moneta da due bolognini coniata alcuni anni dopo era di bassa lega lega d’argento, e forse fu proprio per il suo colore non perfettamente bianco che le venne dato il nome di morajola54 e poi di muraiola (fig. 3, F).
Un’altra novità fu l’emissione per la prima volta nel 1529 di una moneta che valeva una lira bolognese55.
Così la lira, che dal tempo di Carlo Magno era stata solo un multiplo di conto del denaro e del soldo divenne anche a Bologna una moneta reale. Come era accaduto nella seconda metà del XV con i testoni d’argento, anche questa volta fu la necessità di coniare rapidamente delle monete di valore elevato che fece nascere la lira della carestia nel 1529 (fig. 3, A). Infatti in quell’anno la popolazione era travagliata da una terribile carestia per cui i frati domenicani decisero di dare il buon esempio offrendo i loro paramenti sacri d’oro e d’argento per acquistare frumento all’estero con cui sfamare i concittadini poveri. Il metallo accumulato, anche con le offerte di laici benestanti, dovette risultare parecchio per cui si ritenne opportuno aumentare le dimensioni delle monete prodotte56.
Nell’appalto del 1538 è citata per la prima volta una moneta da 10 bolognini57, quella che poi sarà chiamata bianco (fig. 3, C) e che diverrà il nominale più caratteristico della zecca bolognese nel XVI secolo58.
Il 27 giugno 1579 il Senato bolognese autorizzò l’emissione di un nuovo nominale chiamato piastrone da tre lire59.
La classe del giulio
All’inizio del XVI secolo, quando i pontefici non erano perfettamente sicuri del proprio potere sulla città, si limitarono ad affiancare la monetazione di tipo romano a quella tipica della zecca bolognese, senza avere la forza per costringere il sistema monetario bolognese ad uniformarsi in modo completo e definitivo a quello romano. Nel 1508 il pontefice Giulio II ordinò di battere anche a Bologna delle nuove monete di cui aveva già iniziato l’emissione a Roma per un valore di 10 soldi romani (baiocchi) (fig. 3, L)60.
I soldi delle due città avevano un contenuto d’argento diverso e quindi un valore diverso. Infatti il governo bolognese aveva sempre difeso la moneta argentea della sua zecca, riducendo al minimo le periodiche ed inevitabili svalutazioni, pertanto il contenuto d’argento del soldo bolognese era sempre stato uno dei maggiori tra le zecche italiane. Invece il soldo battuto dalla zecca di Roma, che era inizialmente chiamato bolognino, nel corso del XV secolo si svalutò più rapidamente del soldo bolognese e modificò il proprio nome in baiocco.
Come conseguenza la nuova moneta fatta battere a Bologna dal pontefice Giulio II corrispondeva a 10 baiocchi ma valeva solo 7 bolognini (= 42 quattrini). Di solito a questo nominale veniva attribuito il nome del pontefice regnante (giulio, leone, paolo, gregorio, sisto)61.
Tabella 3 – Valore del giulio (chiamato anche leone, paolo, gregorio o sisto, in ragione del nome del pontefice regnante) espresso in soldi bolognesi ed in quattrini.
1508 | 7 | = q. 42 |
1519 | 7 | = q. 42 |
1535 | 6.8 | = q. 40 |
1550 | 7 | = q. 42 (?) |
1551 | 6.8 | = q. 40 |
1563 | 6.8 | = q. 40 |
1574 | 7.4 | = q. 44 |
Prima del 152462 vennero anche emesse delle monete del valore di mezzo giulio che erano chiamate grossi bolognesi (fig. 3, M)63. Il CNI, come molti altri autori, chiama erroneamente queste monete con il nome di carlini. In realtà il termine carlino è specifico della moneta da 5 bolognini. Il 28/6/1577, sotto il pontificato di Gregorio XIII il senato autorizzò l’emissione dei multipli da trenta baiocchi (testoni) che erano chiamati piastre bolognesi da 3 gregori64.
La classe delle gabelle
Nel 1551 alle due classi monetarie del bolognino e del giulio se ne aggiunse una terza, quella delle gabelle (fig. 4, B). Una gabella valeva 26 quattrini, cioè 4 soldi e 4 denari65. Vi era un sottomultiplo, la mezza gabella, e dei multipli, il mezzo gabellone da 13 soldi, il gabellone da 26 soldi (fig. 4, C) e la rarissima moneta da tre gabelloni (= 78 soldi) (fig. 4, D)66.
Per comprendere l’origine di questa classe di monete si deve risalire al 1455 quando, come abbiamo visto, il governo bologese ammise la riscossione dei tributi anche in moneta di mistura ma con un aggio di un denaro per ogni soldo. In pratica un bolognino d’argento, che prima corrispondeva ad un soldo, si trovò a valere un soldo ed un denaro (cioè 13 denari). Come conseguenza i grossetti da due bolognini valevano 26 denari ed i grossoni 52 (= 26 quattrini).
Solo dopo l’inizio del ‘500 le monete d’argento tornarono ad essere emesse al consueto valore di 12 denari per bolognino. Ma restarono in circolazione i vecchi grossoni da quattro bolognini che valevano 26 quattrini e dovevano risultare molto utili per il pagamento di alcune tasse (gabelle). Infatti nell’appalto della zecca stipulato nel 1508 sono chiamati gabellotti (fig. 4, A). Anche se la loro emissione si interruppe dopo il primo decennio del ‘500 è probabile che abbiano continuato a circolare a lungo occupando una nicchia economica non trascurabile. Infatti nel 1551 furono emessi dei nuovi nominali da 26 quattrini a cui venne dato il nome di gabelle (fig. 4, B) e che diedero origine ad una nuova classe di monete.
Nel 1590, sotto il pontificato di Gregorio XIV, venne battuta una nuova grande moneta d’argento al cui esergo è scritto 78. Evidentemente valeva 78 bolognini equivalenti a tre gabelloni da 6 gabelle l’uno. La moneta ebbe un successo molto scarso perché se ne conoscono oggi due soli esemplari (fig. 4, D). Fu coniata per imitare i grandi scudi d’argento di Venezia che presentavano al rovescio la stessa tipologia dello scudo d’oro (fig 3, N): una croce con le estremità gigliate. In effetti le grandi monete estere circolavano liberamente a Bologna e nel restante Stato Pontificio come testimoniano alcuni bandi dell’epoca67.
Ma nella zecca felsinea non doveva essere conveniente emettere delle grosse monete d’agento, forse per la mancanza di una tecnologia adeguata oppure perché chi portava l’argento alla zecca preferiva nominali che fossero ben accetti anche sulle piazze straniere. Probabilmente gli stessi mercanti locali preferivano essere pagati con dei nominali esteri piuttosto che con una moneta locale che non sarebbe stata gradita altrove.
La fine del ducato d’oro sostituito dallo scudo d’oro del sole
Nel 1533 il ducato o bolognino d’oro, battuto sin dal 1380 sul piede del fiorino e del ducato veneziano in oro purissimo, fu sostituito da una nuova moneta di origine francese, lo scudo d’oro del sole68 che era alla lega del 91,7%. Solo nel 1738 la zecca bolognese tornerà a battere uno zecchino d’oro puro.
La crisi monetaria della seconda metà del ‘500
Verso la metà del ‘500 sorse una vera e propria psicosi nei riguardi dell’afflusso della moneta di mistura estera contro cui si lottò con la massima energia e senza tregua; ma essa continuava ad entrare in città in quantitativi sempre maggiori. Di conseguenza Bologna, come il rimanente Stato della Chiesa, si trovò inondata di monete di bassa lega che non si riusciva ad eliminare e che erano ritenute responsabili dell’inflazione e quindi del continuo incremento dei prezzi. L’incremento dei prezzi era poi considerato uno dei principali motivi del “pauperismo”, cioè dell’impoverimento crescente della popolazione e le autorità si convinsero sempre più che alla grave crisi sociale di quegli anni contribuisse l’eccesso di moneta di quattrini69 ed in particolare quella estera.
Tra le cause dell’afflusso di moneta estera scadente vi erano alcune zecche minori appartenenti a piccoli principi che si arricchivano emettendo delle contraffazioni di monete di altri stati70. I tipi erano praticamente uguali a quelli di Bologna, con le chiavi decussate su una faccia ed un santo seduto sull’altra; anche le legende si differenziavano di poco (ad esempio S. Petrus anziché S. Petronius e Bona decens anziché Bononia. Questo permetteva ai quattrini stranieri di mimetizzarsi con pochi problemi tra quelli bolognesi in circolazione. Naturalmente il governo cercò di porre un freno a questa invasione con dei bandi che li vietavano ma i risultati furono scarsi.
Sulla piazza bolognese lo squilibrio tra la quantità circolante delle monete buone rispetto alle cattive era divenuto di tale entità che fu necessario porre un limite per legge all’uso dei quattrini nei pagamenti. Già un bando bolognese del 1544, nel caso di un pagamento importante, vietava di utilizzare la moneta di mistura per oltre un quinto del totale; nel 1561 la situazione era peggiorata e il governo fu costretto a prenderne atto consentendo che i pagamenti inferiori a 4 lire potessero effettuarsi con moneta di mistura, mentre oltre le 25 lire poteva costituire solo un terzo della cifra totale.
Nel luglio 1591 tentando di eliminare la moneta che imitava i quattrini, il Senato bolognese decise di emettere un nuovo tipo di quattrino, di aspetto completamente diverso da quello dei vecchi che erano chiamati chiavarini. Dopo due mesi la popolazione fu avvisata che i chiavarini erano vietati e si potevano usare solo i nuovi quattrini con il gonfalone (fig. 3, O)71. Tra il 1591 ed 1592 ne furono emessi circa due milioni e mezzo di pezzi per un peso complessivo di quasi una tonnellata e mezzo. Ma anche questa soluzione non fu in grado di risolvere i pressanti problemi economici la cui vera causa non poteva essere solo l’eccesso di quattrini. Comunque dopo nemmeno un anno fu interrotta la coniazione dei nuovi quattrini e dopo poco fu sospesa l’emissione di qualsiasi moneta di bassa lega72. Lo shock psicologico nei confronti della moneta di mistura fu tale che occorse mezzo secolo prima che il governo bolognese, sull’esempio di monete di mistura provenienti dagli stati confinanti, tornasse a coniare una moneta di questo genere.
Nel 1604 la zecca bolognese riprese la battuta di quattrini, ma questa volta erano di rame puro (fig. 4, G). Comunque anche allora persistevano molte titubanze a mettere in circolazione dei nuovi quattrini e solo tre anni dopo furono introdotti sulla piazza. Nel 1612 vennero battuti anche dei mezzi bolognini di rame la cui produzione proseguì per due secoli.
Pure a Roma, dopo un fallito tentativo di eliminare le baiocchelle73 di mistura false o straniere punzonando quelle buone con una contromarca, fu ordinato di eliminare qualsiasi genere di moneta di mistura. I nuovi quattrini furono emessi di rame puro ad un valore di un quinto di soldo74.
4 Comments
Kaj Madsen
Dear Michele Chimenti,
Please allow me a couple of questions:
-Is it possible to establish the meaning of the great letter A om the bolognini’es (figs. 1E and 1F)?
-Is the letter A perhaps an icon for the university of Bologna, Alma Mater Studiorum?
-Is the bolognini 1380-1443 issued by the university?
My best Regards, thanks in advance,
Kaj
admin
Dear Mr.Kaj,
I’ve forwarded your questions to Mr.Chimenti. Will post here his reply, if we get it.
Kind Regards,
Massimo
costanza baiocco
When did the word “baiocco” first appear in Italy?
Gracias
lucifero
vorrei contattare collezionisti per scambi monete,io colleziono monete dello stato pontificio zecca di bologna grazie