La ripresa delle emissioni auree in Occidente
Oltre alla comparsa dei grossi l’altra grande novità del XIII secolo fu il ritorno all’oro dell’Occidente europeo17. Nel 1252 furono coniati per la prima volta il fiorino (fig. 1, H) ed il genovino d’oro18 che si affermeranno completamente verso la fine del secolo. La moneta d’oro era utilizzata per i pagamenti di maggiore entità e gradualmente il suo uso divenne prevalente rispetto alla moneta d’argento nei pagamenti internazionali. La coniazione della moneta d’oro non si estese subito ovunque ed alcune zecche cercarono di difendere i propri grossi d’argento, come accadde a Venezia19 e a Bologna20. Infatti mentre Firenze, puntando sulla moneta d’oro, svalutò ripetutamente i propri grossi d’argento dopo la metà del ‘200, Bologna e Venezia ne mantennero inalterato il contenuto d’argento sino al ‘300 avanzato. Dopo la sua affermazione, la moneta d’oro divenne la valuta internazionale per eccellenza mantenendosi praticamente stabile sino all’inizio del ‘50021. Fiorini e ducati furono imitati in tutta Europa e nel bacino del Mediterraneo.
Nel 1264 anche il governo bolognese progettò di coniare una moneta d’oro di cui non si conosce oggi alcun esemplare. Rimane il dubbio se siano stati tutti rifusi in un secondo tempo per lo scarso successo commerciale oppure se la loro progettata emissione non sia neppure iniziata perché non era ritenuta conveniente da chi avrebbe dovuto consegnare allo scopo il proprio metallo22.
Alla fine del XIII secolo Ancona, imitata poi da altre zecche, creò un grossa moneta d’argento del valore di due bolognini che ormai erano la moneta dominante nelle Marche. Poiché venne originariamente battuta ad Ancona, prese il nome di grosso agontano (fig. 1, L)23. Il suo successo fu enorme e circolava regolarmente anche a Bologna, tanto che nel 1337 Taddeo Pepoli ne emise uno a suo nome che imitava l’aspetto della moneta anconetana ed aveva lo stesso valore di due bolognini. Prese il nome di pepolese (fig 1, M).
L’area monetale del bolognino
Nel 1367 il pontefice francese Urbano V, rientrando in Italia dopo il lungo “esilio” avignonese iniziato nel 1305, decise di emettere una nuova moneta che fosse diversa da quelle che sino ad allora erano state battute a Roma dal governo locale24. Scelse un nominale che era ormai diffuso in tutto lo Stato Pontificio, dalla Romagna, alle Marche, all’Umbria, al Lazio: il bolognino25.
La legenda BONONIA con la grande A nel campo venne sostituita dal busto del pontefice che da tempo era raffigurato sulle monete di Avignone. Per il rovescio venne invece mantenuta la solita tipologia delle quattro lettere in croce: nel contorno era scritto IN.ROMA, nel campo le quattro lettere erano U.R.B.I.. Queste parole nella città di Roma, oltre ad indicare la zecca di coniazione della moneta, intendevano celebrare il ritorno del pontefice nella città eterna. Il nuovo nominale venne chiamato bolognino papale (fig. 1, O).
L’anno seguente anche i Bolognesi vollero rendere omaggio al papa francese che aveva accettato di ritornare in Italia ed emisero un loro bolognino con il busto del pontefice. Ma era diverso dalle monete papali in quanto, pur con tutto il rispetto per il papa, vollero mantenere al dritto il nome della loro città. Il busto del papa fu invece raffigurato al posto delle quattro lettere in croce (fig. 1, N). Questo bolognino può essere classificato come bolognino papale di tipo bolognese per distinguerlo da quello di Roma.
In quegli anni l’area monetale in cui circolava regolarmente il bolognino divenne molto vasta. Infatti anche i re di discendenza angioina, che governavano lo stato di Napoli, emisero delle monete che imitavano i bolognini papali (fig. 1, P)26. Anche alcune zecche toscane batterono dei nominali che imitavano i bolognini papali di tipo bolognese, segno evidente che i bolognini dovevano circolare correntemente in quei territori.
Ma la vasta area del bolognino si spezzò ben presto perché i bolognini papali di tipo romano andarono incontro ad una rapida svalutazione divenendo più piccoli e quindi di minor valore dei bolognesi. Non vi era più l’interscambiabilità.
Il successo del bolognino potrebbe sembrare ingiustificato considerando che era uno dei grossi con l’intrinseco più scadente. Mentre la maggior parte degli altri aveva un peso superiore ai due grammi, quello del bolognino era solo di un grammo e mezzo e si ridusse ulteriormente dopo il 1336. Ma anche la sua lega era una delle peggiori tra i grossi (82%). Per spiegarne il successo si potrebbe chiamare in causa la legge di Gresham27, secondo la quale “la moneta cattiva scaccia la buona”, ma è più probabile che il motivo principale per cui tante zecche, o meglio tanti mercanti28, scelsero di battere dei bolognini con il proprio argento, sia da cercare nella sua lega scadente. Essa richiedeva una raffinazione meno costosa permettendo di utilizzare al meglio l’argento proveniente da manufatti, che rispetto alle monete erano eseguiti in lega d’argento più bassa29.
La ripresa economica e la riforma del 1380
La parte centrale del XIV secolo vide un lungo periodo di crisi economica per Bologna che terminò solo nell’ultimo ventennio. Nel 1380 fu attuata una significativa riforma monetaria il cui elemento più innovativo era rappresentato dalla emissione di un bolognino d’oro che questa volta ebbe un notevole successo commerciale e fu emmesso in buona quantità. Si scelse di farlo equivalente al ducato d’oro di Venezia che stava conquistando mercati sempre più vasti a scapito del fiorino d’oro. Poiché nel 1375 i Bolognesi si erano ribellati al pontefice vollero rimarcare la propria autonomia nei confronti dello Stato della Chiesa abbandonando la tipologia del bolognino papale per tornare alla precedente. Inoltre furono introdotte delle nuove legende che facevano riferimento con orgoglio alla propria Università degli Studi: BONONIA MATER STUDIORUM sull’argento (fig. 1, Q) e BONONIA DOCET sull’oro. Sul bolognino d’oro comparve per la prima volta il leone rampante al dritto, mentre al rovescio c’era la figura di San Pietro, il santo titolare della cattedrale e quindi il protettore di Bologna in quanto non era ancora stato sostituito da San Petronio sotto questo aspetto (fig. 1, R).
Dopo qualche anno, probabilmente poco prima del 140230, comparve la figura di San Petronio su una moneta. La devozione dei Bolognesi per questo loro vescovo si era rafforzata dopo la ribellione del 1375 facendone un simbolo dell’autonomia nei confronti del pontefice. In quegli anni fu deciso di costruire la grande chiesa sulla piazza maggiore, in antitesi con la cattedrale dedicata a San Pietro. Tuttavia, nonostante le aspirazioni di una relativa autonomia i Bolognesi non avevano l’intenzione di uscire definitivamente dallo Stato della Chiesa e per questo motivo continuarono a raffigurare San Pietro sui bolognini d’oro. La prima moneta su cui comparve l’immagine del vescovo bolognese fu l’agontano anonimo da due bolognini.
Figura 1
4 Comments
Kaj Madsen
Dear Michele Chimenti,
Please allow me a couple of questions:
-Is it possible to establish the meaning of the great letter A om the bolognini’es (figs. 1E and 1F)?
-Is the letter A perhaps an icon for the university of Bologna, Alma Mater Studiorum?
-Is the bolognini 1380-1443 issued by the university?
My best Regards, thanks in advance,
Kaj
admin
Dear Mr.Kaj,
I’ve forwarded your questions to Mr.Chimenti. Will post here his reply, if we get it.
Kind Regards,
Massimo
costanza baiocco
When did the word “baiocco” first appear in Italy?
Gracias
lucifero
vorrei contattare collezionisti per scambi monete,io colleziono monete dello stato pontificio zecca di bologna grazie