di Lorenzo Bellesia
FINALMENTE SCOPERTA LA MISTERIOSA MONETA BATTUTA NEL 1514 DURANTE L’ASSEDIO DI CREMA? TANTI NE HANNO PARLATO MA IL CNI NON L’HA CONSIDERATA…
L’amico Gianbattista Nigrotti mi ha inviato le fotografie di una moneta di estremo interesse permettendomi di studiarla e pubblicarla.
Si tratta della moneta battuta durante l’assedio di Crema che invano si cercherebbe nel CNI ma le cui vicende sono state ben ricostruite da Mario Traina nella sua nota opera sulla monetazione ossidionale italiana.
Ma andiamo con ordine e ricordiamo il quadro storico.
Col trattato di Blois del 14 marzo 1513 Venezia ed il re di Francia Luigi XII intendono unire le forze per conquistare e spartirsi il Ducato di Milano. La sconfitta di Novara del 6 giugno 1513 frena però l’avanzata francese ed i territori veneziani sono invasi da truppe spagnole, tedesche e pontificie.
Crema, di cui Venezia era rientrata in possesso nel 1512, subisce l’assedio delle armi sforzesche, comandate da Prospero Colonna e Silvio Savello. Per ben 14 mesi la città ebbe a patire tutte le amarezze ed i sacrifizi che fanno lugubre corteggio alla guerra e crebbe al sommo la desolazione della forte città dopoché vide rizzarsi tra le sue mura gli orridi spettri della fame e della pestilenza.
Durante l’assedio, pochi mesi prima della liberazione avvenuta grazie ad una ardimentosa sortita nella notte del 25 agosto 1514, il comandante della guarnigione di Crema, Renzo Ceri, avendo esaurito ogni altro mezzo per far denaro, avrebbe fatto battere delle monete ossidionali o patacche, simili a quelle battute poi a Pavia nel 1524 e a Cremona nel 1526. La notizia è riportata da Pietro Terni, un contemporaneo e diligente storico delle vicende di Crema e dell’assedio del 1513-14. Nella sua cronaca manoscritta egli scrive testualmente: absentati i cittadini, Renzo ed il Contareno misero mano negli argenti del Monte di Pietà e Santa Maria della Croce, in quelli della gesa dico che per voto erano donati et batterono alcune monete da 15 soldi di Milano l’una, et non con cuneo ma col martello facevano le piastre d’argento, hor quadre, hor tonde, hor di sei, hor di otto cantoni, come per sorte venivano sotto il martello, et da un lato solo sculpevano l’imagine di San Marco di forma rotonda tanto piccola che non prendeva il quinto della piastra, rimanendo il resto come dall’incudine era lassato, et per rude et poco solemnigiata forma petacchie erano demandate, et per la loro bontade per tutta la Lombardia ebbono gran corso e questo fu di avosto dell’anno 1514 ed in tutto maggior pregio erano perché da ogni lato monete false si facevano.
Un’altra testimonianza su questa eccezionale battitura ossidionale di Crema del 1514 ci viene dal discepolo del Terni, a lui di pochi anni posteriore: Alemanio Fino. Venuto il mese di agosto, vedendo Renzo che in Crema ci era gran bisogno di denaro, pose mano negli argenti del Monte di Pietà e di Santa Maria della Croce, e cominciò a battere certe monete di valuta di 15 soldi l’una, le quali eran detto petacchie. Non avevano impronto alcuno, fuorchè una imaginetta di San Marco da un lato. E poiché l’altre monete che correvano per il più erano false, queste per la loro bontà avevano grandissimo corso per tutta la Lombardia.
Le testimonianze del Terni e del Fino, osserva Mario Traina, concordano anche nei particolari, e questo può anche essere comprensibile e scontato dato che il secondo si era formato alla scuola del primo. Ad interpretare alla lettera le parole dei due cronisti et per la loro bontade per tutta la Lombardia ebbero gran corso sembrerebbe quasi che di queste patacche ne siano state battute una gran quantità: il che è, direi, impossibile sia per il breve tempo a disposizione del Ceri (le monete vennero battute in agosto e il 25 la città venne liberata) sia per la limitata disponibilità del prezioso metallo requisito sia, infine, per la stessa esiguità della guarnigione cui le monete dovevano essere date in pagamento del soldo spettante.
Penso, continua Traina, che in realtà le parole del Terni e del Fino debbano essere interpretate nel senso che queste patacche, essendo state coniate in ottimo argento e di buon peso, superiori per valore intrinseco al loro valore nominale di 15 soldi, erano ricercatissime in tutta la Lombardia ed il Veneto, dove, a causa della guerra, correvano in gran copia solo monete di bassa lega e monete false. E così si spiegherebbe la loro eccezionale rarità: tanto rare da non essere pervenute fino a noi se non per informazioni bibliografiche.
Fino a qui le testimonianze storiche. Usando ancora le parole di Traina passiamo a ricostruire le vicende, per così dire, numismatiche.
Stando così le cose il fatto che queste patacche ossidionali di Crema del 1514 non ci siano pervenute può anche essere giustificato. Per la loro forma ed impronta, senza leggende, data e indicazione del valore, possono benissimo essere scambiate per gettoni o, addirittura, per pesi monetali. E confuse forse tra questi ultimi nummi le patacche di Crema continuano a dormire ignorate nel fondo dei cassetti o delle bacheche di qualche museo! Certo depone a sfavore della reale esistenza di queste monete ossidionali il fatto che il Lazari, il più attento studioso delle monete di Venezia e dei suoi possedimenti, non abbia accennato alle patacche di Crema del 1514. Né il Kunz, che pur svolse lunghe ed accurate ricerche per rintracciare queste monete, riuscì nel suo intento.
Segue: articolo completo in formato PDF (1,8 MB) da Panorama Numismatico nr.250/aprile 2010