di Gianni Graziosi – anteprima da Panorama Numismatico nr.259/Febbraio 2011
STORIA E CRONISTORIA DELLA BANCONOTA DA 1.000 LIRE EMESSA DALLA BANCA D’ITALIA. QUESTO BIGLIETTO È RIMASTO IN CIRCOLAZIONE PER OLTRE UN SECOLO E, NELLA SCALA DEI TAGLI, HA RAPPRESENTATO IL VALORE MASSIMO ED È USCITO DI SCENA COME TAGLIO MINIMO. LA SVALUTAZIONE DELLA LIRA HA INFINE PORTATO ALLA CONIAZIONE DI MONETE DI PARI VALORE.
“Se potessi avere mille lire al mese …” questo è il celebre ritornello della canzone scritta, nel 1938, da Carlo Innocenzi e Alessandro Soprani per il film (fig. 1) Mille lire al mese del regista austriaco Max Neufeld, con gli attori Alida Valli, Umberto Melnati e Renato Cialante. Il film è stato del tutto dimenticato mentre la canzone, al contrario, è ricordata e troppo spesso viene citata come parametro utile a definire il valore reale del denaro alla vigilia della seconda guerra mondiale. Secondo una generica interpretazione, mille lire al mese indicavano la soglia della ricchezza, ma ciò non è assolutamente vero. Già gli autori della canzone precisavano quali potevano essere le ambizioni di chi guadagnava mille lire al mese “… senza esagerare, sarei certo di trovare tutta la felicità! Un modesto impiego, io non ho pretese, voglio lavorare per poter alfin trovare tutta la tranquillità! Una casettina in periferia, una mogliettina giovane e carina, tale e quale come te. Se potessi avere mille lire al mese …”. Il sogno dell’impiegato.
Ad esempio nel 1937, al massimo della campagna demografica, il regime fascista offriva un assegno nuziale di 1.000 lire agli impiegati che si sposavano entro i trent’anni (per gli operai era di 700 lire ma dovevano coniugarsi entro 25 anni di età). L’assegno nuziale era corredato da un prestito, non inferiore a 1.000 lire né superiore alle 3.000, che era elargito a quanti guadagnavano meno di 12.000 lire l’anno. La stragrande maggioranza degli italiani prendeva meno di 1.000 lire al mese. Alle madri riconosciute prolifiche (con almeno 7 figli) erano consegnate 5.000 lire e una polizza di assicurazione di 1.000 lire. Un’utilitaria, la Fiat Topolino (fig. 2), prodotta nel 1936 costava 8.900 lire, ma già nel 1932, al salone dell’automobile di Milano, era stata presentata la Fiat Balilla 508 (fig. 3) come la prima macchina destinata al popolo, costava da 9.900 a 10.800 lire. Nello stesso anno dell’uscita della Topolino la Lancia presentò l’Aprilia, la prima auto aerodinamica di lusso, a 23.500 lire. Con questo bolide si toccavano i 125-130 km all’ora. Ma gli impiegati e, con il maggior benessere degli anni 1934-1937, anche gli operai specializzati usavano la bicicletta: la Volsit (sottomarca della Legnano) costava, nel 1938, 200 lire.
Ma allora a quale stipendio odierno corrispondono le mille lire al mese della famosa canzone? La risposta a questo quesito è apparentemente semplice, anzi sembrerebbe banale, in realtà è uno dei problemi più ardui della storia dell’economia. Indagare sul valore di una moneta significa valutare il suo potere d’acquisto in termini di beni e di servizi disponibili in quel momento. Per effettuare confronti in genere si prende in considerazione un determinato insieme di beni e servizi, paniere in termini statistici, ad una certa data e lo si confronta con lo stesso paniere ad una diversa data. Ogni anno l’ISTAT, per il calcolo dell’inflazione, aggiusta la lista dei beni e servizi di riferimento per i quali vengono rilevati mensilmente i prezzi al consumo (nel 2010 le voci sono 1.206).
Oggi tra i beni d’uso troviamo: vino, abbigliamento, libri, automobili, benzina, televisione, computer, cinema, ferie e, tra le nuove voci, voli low cost nazionali, smartphone, badante. Ecco quindi le difficoltà. Come si può confrontare questo paniere con quello dei tempi di Augusto, dei Longobardi, della Roma della metà del Cinquecento o della Modena del Settecento? Cosa mettere al posto dell’automobile, del computer, di internet, del telefonino, della televisione, dei voli low cost? Dire a quanti euro corrisponde un sesterzio romano, un tremisse longobardo, una piastra papale, una lira modenese è semplicemente impossibile. Inoltre beni identici, in epoche differenti, non sempre avevano lo stesso uso e quindi lo stesso valore. Anche il progresso, l’aumento frenetico dei consumi, i cambiamenti repentini dei costumi di vita sono eventi che rendono difficili i confronti e le valutazioni. Trasformare in euro attuali un valore del passato ha senso solamente quando si raffrontano prezzi tra anni ravvicinati, soprattutto se lo sviluppo economico ed il progresso tecnologico non sono stati importanti. Non è difficile confrontare il valore della lira del 2000 con quello del 1980 oppure del 1960. Ma quando si vuole paragonare il potere d’acquisto fra periodi secolari le cose, come detto, si complicano. Certo è possibile dire, con buona approssimazione, quanto valevano mille lire del 1938, è sufficiente utilizzare le tabelle di rivalutazione monetaria elaborate dall’Istituto Centrale di Statistica facendo riferimento all’indice dei prezzi al consumo, per tutti gli anni dal 1861 ad oggi. Mille lire del 1938 corrispondevano a circa 860 euro di oggi. Fatte queste premesse, per avere un’idea del valore della lira nel corso degli anni, rivisiteremo la storia della banconota da 1.000 lire considerando però solamente i tipi emessi dalla Banca d’Italia.
Probabilmente il taglio da 1.000 lire (in circolazione dal 1897 fino all’introduzione dell’euro) è quello che, più di ogni altro, ha caratterizzato la storia e le emissioni del XX secolo in Italia.
Segue……
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One Comment
Cartamoneta
Bel post, adoro la cartamoneta delle vecchie lire !