Ci sono luoghi del pensiero in cui spesso un collezionista o un cultore monetario veleggia con sospirata nostalgia, attingendo allo scrigno dei ricordi e all’ardore dell’immaginazione per interpretare, con spirito nuovo, tempi e luoghi ormai lontani, da cui trae origine la sua storia. In Italia, dove la sensibilità artistica e la vena poetica hanno acquisito uno statuto particolare, questa forma del pensiero assume una conformazione precisa: un itinerarium mentis, che dalla severità barocca di Barbetti approda alla postmodernità policromatica di Capranesi, evolvendo verso sentieri tecnologici sempre più attuali e affascinanti.
Stiamo parlando del biglietto più conosciuto e nominato nella storia della cartamoneta italiana, un topos del pensiero e dell’azione: il simbolo della cartamoneta per antonomasia incarnato per secoli dal biglietto da Mille Lire. Questo “personaggio”, dal carisma magnetico, ha assunto fattezze e colori diversi nel corso della sua lunga storia. Compie il suo esordio a Torino, nel 1746 come cartamoneta di Stato con rendita annuale, per poi prendersi una “pausa tecnica” di circa un quarto di secolo. Infatti, a causa della Rivoluzione Francese nonché dell’invasione napoleonica, i “biglietti delle Regie Finanze” di Torino subirono una forte perdita del potere di acquisto e cessarono il loro corso con la loro ultima emissione del primo settembre 1799.
Il taglio da Mille Lire riappare sotto forma di biglietto di banca (recte banconota), a Firenze nel 1817, con funzione e struttura diversa. Ma siamo ancora agli esordi estetici del taglio e prima che esso potesse assumere la locuzione retorica di “lenzuolo”, esso ha avuto modo di profondersi nelle più svariate interpretazioni cromatiche e soggettive. Straordinaria sarà la scultura visiva del Mille Lire della Banca di Genova, nemmeno giunta a emissione; ambiziosa quella del Mille Lire della Banca dello Stato Pontificio, di una rarità eccelsa.
Una svolta assoluta sarà poi raggiunta dal Mille Lire della Banca Nazionale nel Regno “II tipo”, con una tessitura cromatica, una fusione di controcampi estetici e una organizzazione della profondità prospettica davvero unica, nella storia della cartamoneta.
Una curiosità da non passare sottotraccia è il Mille Lire “già Consorziale”, che in termini formali rappresenta un biglietto di Stato, il cui valore facciale, davvero altissimo per l’epoca, non è stato più replicato, restando confinate le successive emissioni di Stato, con i suoi modesti facciali, al rango di ancilla minor della circolazione bancaria. Ma questa è una questione di natura finanziaria su cui, considerato l’argomento, è buona pratica indulgere in questo racconto, per riservarlo ad altra più opportuna sede.
Non potevano passare indifferenti le testimonianze del Banco di Napoli e del Banco di Sicilia, con esemplari di raffinata fattura e con un senso della composizione di particolare pregio estetico. Poi, quasi sommessamente, appare sulla scena il “Barbetti matrice”, su cui si sono consumati fiumi di inchiostro: detrattori e adulatori, collezionisti e banchieri, cultori e antiquari, tutti hanno profanato col volgo idioma il celebre biglietto dell’orafo senese, che avrebbe accompagnato la nostra storia per oltre mezzo secolo. Servito in tutte le salse, dalla “testina” alla “medusa”, dalla matrice alla cornice, dal fondo cenere a un beige anticato, dalla carta pesante della prima emissione a quella sottile del “Grande M Fascio primo tipo”, è tutto un turbinio evolutivo… ma il difetto di base permane immutato e va risolto. Infatti, sia per l’incedere troppo ricorrente dei falsari, che lo hanno riprodotto senza troppa difficoltà, sia per il carattere ritenuto troppo “austero” del biglietto, esso viene reietto dal pubblico e ha gran gioco il Capranesi, accademico di San Luca, che fin dal 1930 incanta il mondo con un biglietto di notevole fattura, all’avanguardia nella tecnologia, di peso minore e di più evoluta consistenza. L’impronta francese della carta (in fibra di ramiè, ad essere precisi) unita a una fattura tutta italiana, realizzeranno un manufatto, conosciuto poi come Mille Lire “Regine del Mare”, talmente affascinate che sarà poi utilizzato come base per le successive emissioni dell’Africa Orientale Italiana (AOI), con un senso della sperimentazione cromatica davvero avanzato per l’epoca.
Intanto, con il secondo conflitto mondiale e la tragica esperienza delle AM-Lire, il biglietto si opacizza, si restringe nelle dimensioni e nell’estetica, passando quasi del tutto inosservato, se non fosse per quelle tre cifre apposte dopo l’unità a suggerire, sempre negli anni ’40, il senso di un valore monetario ancora consistente. L’inflazione si inizierà ad avvertire qualche anno più tardi quando, a seguito dell’utilizzo massiccio di questi rettangoli azzurri stampati in litografia, il potere di acquisto della moneta ne sarà fortemente scemato e da allora gli italiani inizieranno a prendere confidenza in modo più diretto con concetti come inflazione, svalutazione e austerità.
Poi, dopo varie emissioni di occupazione, ecco apparire all’orizzonte un biglietto che sarà apprezzato in tutta Europa, per la concezione avanzata del colore e della rappresentazione grafica del ritratto. Siamo giunti al 1947 e tra le rovine diroccate del dopoguerra e una nazione appena diventata Repubblica, si staglia sul panorama monetario il Mille Lire “Italia ornata di perle”, qualcosa di più che una semplice banconota. Il biglietto successivo (il “Verdi primo tipo”), ne uscirà quasi offuscato dalla regale bellezza di impronta botticelliana della splendida Grazia, ritratta elegantemente sul recto, con una maestria del bulino (frutto del condominio artistico di Canfarini, Nicastro e Baiardi), che solo più tardi il celebre Cionini seppe superare in abilità e splendore con la celeberrima serie degli Uomini illustri.
Intanto, con il “Verdi secondo tipo”, la manifattura monetaria si riprenderà la sua rivincita e, con la severità di uno sguardo ieratico e la plasticità dell’arpa estense su carta ocra, suggerirà un nuovo modello di iconografia, destinato ad albergare nei recessi dell’immaginario collettivo per oltre un decennio.
Il Mille Lire “Marco Polo” che proseguirà il percorso delle emissioni, ne uscirà sostanzialmente indenne quanto ad attenzione e, nonostante arguti conati di sperimentazione tecnologica, quest’ultima tipologia non sarà gradita né ai fruitori né ai collezionisti.
Terminerà la carrellata storica il celebre Mille Lire “Montessori”, che col naturalismo plastico della celebre pedagogista italiana, cui fanno da contrappunto, al verso del biglietto, i bambini allo studio, resterà nei ricordi di ogni italiano che nel momento in cui si scrive, avrà superato gli “anta”.
Questo libro non è solo illustrazione e analisi tecnica degli esemplari, ma è anche narrazione attenta e appassionata dello sviluppo socioeconomico di un Paese, riflessione sui fenomeni monetari e sul modo in cui essi si inerpicano nelle tasche e nei pensieri degli italiani; caleidoscopio di eventi e di storie ormai dimenticate, che si fondono con immagini ancora cangianti. Una particolare attenzione è infatti dedicata alla analisi del valore storico del taglio il quale, si badi, non è dato dalla mera conversione in base alle tabelle di ragguaglio Istat, ma obbedisce a regole e principi più articolati, che il testo illustra in modo puntuale, senza appesantire il discorso ma con esempi calzanti e accattivanti, ponendosi come strumento divulgativo, anche di elementi di economia monetaria.
Per chi, poi, volesse approfondire gli aspetti tecnici della simbologia monetale, ovvero alcuni spunti di matematica finanziaria, un interessante corredo di note a piè di pagina infarcisce lo snodo narrativo del racconto, fornendo inedite digressioni al lettore più esigente e al palato più raffinato.
Le Conclusioni che chiosano il volume, rappresentano una sintesi economico-statistica in ordine ad alcuni argomenti cruciali della narrazione e sono arricchite da alcuni grafici a colori che illustrano l’evoluzione del valore medio del salario di un operaio, con mansioni generiche, dall’Unità di Italia ai giorni nostri.
Accompagna l’opera una dettagliata bibliografia, per chi intendesse approfondire aspetti specifici della esposizione o volesse verificare le fonti da cui ha preso spunto il testo.
Nel complesso il libro si compone di 142 pagine, in edizione brossurata in ottavo, di 39 immagini di biglietti (fronte/retro), di cui 6 in bianco e nero. Edito da Lampi di Stampa (Vignate MI), con logo “Ti Pubblica”, nel febbraio 2018, è acquistabile nel sito www.lampidistampa.it al prezzo di copertina di 16,60 euro. Il testo è inoltre acquistabile anche mediante il bonus cultura elargito MIUR agli aventi diritto.
Tale lavoro, si inquadra in un più vasto e organico progetto editoriale che si è appropriatamente definito “Collana di nummografia”: iniziativa che vedrà impegnati gli stessi autori, Gaetano Russo e Giovanni Ardimento, in collaborazione con la casa editrice Lampi di stampa, in un percorso di scandaglio culturale destinato allo specifico settore della cartamoneta, alias nummografia, che comprenderà, tra le prossime pubblicazioni, monografie dedicate al processo di creazione di una banconota, alla evoluzione storica della lira, alla lessicologia monetale, nonché alla ritrattistica monetaria con una indagine iconografica di ampio respiro.
Ci auguriamo che tale percorso storico-monetario, compiuto dalla mente e dal cuore, sarà di stimolo per una nuova generazione di collezionisti e di cultori.
Gaetano Russo – Giovanni Ardimento
MILLE LIRE AL MESE – TRE SECOLI DI STORIA RACCONTATI DA UNA BANCONOTA
Lampi di Stampa
Vignate Milanese 2018
pp. 142
39 immagini a colori e b/n
brossura editoriale
16,60 euro sul sito www.lampidistampa.it
Info e sito di riferimento culturale:
www.lartedellalira.it