Negli ultimi anni la bibliografia riguardante la monetazione napoletana si è arricchita moltissimo. È il risultato della passione di una generazione di collezionisti, appassionati e commercianti che ha rinverdito la gloriosa tradizione della numismatica meridionale dei primi del Novecento e poi mano a mano cresciuta nel corso del tempo.
In questa ricca e valida bibliografia, che comprende opere intere oppure articoli su riviste (tanti di questi ospitati in queste stesse pagine), diventerà sicuramente una pietra miliare il libro che Pietro Magliocca ha ora dato alle stampe passando in rassegna due secoli di attività della zecca di Napoli. Una zecca che fu forse la più produttiva dell’intera penisola, che ci ha lasciato una quantità impressionante di monete che ora vengono un po’ ovunque da collezionisti che hanno bisogno di guide e manuali. E proprio come un manuale si propone questo libro, un manuale che fa un passo in avanti rispetto a quanto esistente per dare, come scrive l’autore nella sua presentazione, «una più rigorosa impostazione scientifica che l’oggetto metallico racchiude congiuntamente alle vicende storiche susseguitesi nei locali della prestigiosa zecca di Napoli.»
In realtà si tratta di ben di più di un manuale o di un catalogo inteso come un elenco di monete valutate nella loro rarità e prezzate secondo la conservazione. C’è tutto questo, e ciò accontenterà i collezionisti, ma c’è molto di più per accontentare anche gli studiosi e gli storici della moneta.
L’autore ha sondato non solo tutta la bibliografia esistente ma ha indagato anche direttamente le fonti, in primis all’Archivio di Stato di Napoli. Le monete sono così state inserite in un più ampio contesto storico e numismatico citando dati e documenti d’epoca. Numerose sono poi le monete ritrovate nei musei e quindi pubblicate per la prima volta. Vale a tal proposito la pena di citare i molti pezzi della Collezione Reale tante volte segnalati come riferimento ma mai fotografati.
L’ambito della ricerca va dal 1674 al 1860, iniziando in pratica dal momento in cui la zecca di Napoli abbandona definitivamente la produzione a martello per battere esclusivamente al torchio in modo da evitare l’endemico problema della tosatura delle monete che da sempre costituiva un grave ostacolo alla circolazione monetaria. La produzione meccanica non ha però impedito il proliferare delle varianti cui l’autore ha dedicato una particolare attenzione, in particolare nella enorme produzione a nome di Ferdinando II dal 1830 al 1859 quando, una volta istituito il Gabinetto d’Incisione, nella fase d’addestramento dei futuri incisori era possibile che l’inesperienza portasse a qualche errore rienuto, magari ininfluente o corretto successivamente. L’autore però propende che taluni errori potessero essere intenzionali per dare dei segni identificativi alle monete stesse. Dall’età di Murat, «con la scomparsa dei segni di zecca e delle sigle successivamente, aumentano in modo vertiginoso le varianti monetarie; se ne trovano tantissime» e queste varianti potrebbero essere state, appunto, intenzionali e non banali errori.
Venendo ora al catalogo vero e proprio, si osserverà come la numerazione sia progressiva per tutta l’opera: si tratta di 814 monete, varianti escluse. Ognuna è stata prezzata per quattro gradi di conservazione, da MB a FDC. Ma le valutazioni si trovano un po’ in tutti i lavori precedenti sull’argomento. La parte veramente innovativa del libro, invece, come anticipato, è l’ampia documentazione proposta che si estrinseca concretamente nell’analisi dei conii sui quali hanno operato gli incisori che si sono succeduti al lavoro nella zecca napoletana, tutti meticolosamente individuati dall’autore.
Per esempio, il capitolo sulla monetazione del periodo francese, che va dal 1806 al 1815 con i sovrani Giuseppe Napoleone e Gioacchino Murat, è fondamentale nell’individuare le varianti delle monete e indicare i diversi incisori che ne hanno inciso i conii, il tutto amalgamato con il puntuale elenco delle norme in materia emanate nel periodo. È infatti il periodo dell’imposizione del nuovo sistema decimale di tipo francese che va a sostituire quello tradizionale napoletano già adottato anche dagli stessi sovrani. È l’epoca delle rarissime monete da 40 franchi col titolo di grand’ammiraglio di Francia per Murat o delle monete da 10, 5 e 3 centesimi in rame a nome dello stesso e anche del 12 carlini del 1815 la cui emissione sanciva il fallimento della riforma monetaria. Di esse e di tutte le altre monete più comuni viene riportata la documentazione d’archivio, i riferimenti normativi e i dati tecnici più precisi e particolari.
Un altro merito dell’autore è stato sicuramente quello di cercare di individuare e riportare le fotografie di tutto quanto elencato. Di solito i cataloghi precedenti si sono limitati a riportare una fotografia per ogni tipologia di moneta e tutti i millesimi conosciuti per essa soltanto come elenco. Ciò poteva facilmente portare all’errore continuando a citare varianti o tipi inesistenti, copiando quanto riportato da autori precedenti che adottarono lo stesso metodo. Qui, invece, di ogni millesimo e di ogni variante è riportata anche la fotografia a testimonianza della sua esistenza. Per non appensantire la consultazione è stato scelto di riportare un esemplare nel catalogo lasciando ad apposite appendici fotografiche la presentazione di tutti gli altri, dandone anche le provenienze.
Non si può che concludere questa breve presentazione facendo la facile previsione che questo libro, molto curato anche dal punto di vista grafico, interamente a colori e proposto a un prezzo assolutamente concorrenziale, si imporrà come il punto di riferimento per i collezionisti e gli studiosi della zecca di Napoli.
Pietro Magliocca
MANUALE DELLE MONETE DI NAPOLI 1674-1860
D’Amico Editore
Nocera Superiore (SA) 2018
pp. 452
17 x 24 cm
55 euro – disponibile sullo shop online di Nomisma S.p.A.