TRA LE TANTE IMMAGINI DELLA MADONNA CHE SI POSSONO OSSERVARE NELLA MONETAZIONE ITALIANA UN POSTO DI RILIEVO MERITA SICURAMENTE LA MADONNA DI SAN LUCA DI BOLOGNA.
di Gianni Graziosi
Tra le numerose emissioni della zecca di Bologna esistono carlini, mezze lire, mezzi scudi, scudi che riportano, al verso, l’immagine della Vergine con il bambino. Questa immagine viene identificata nella Madonna di san Luca che, nella città di Bologna, è oggetto di una forte devozione popolare. La moneta più rappresentativa è certamente lo scudo in argento da 10 paoli (cento bolognini) sia per l’aspetto iconografico che per il momento storico in cui fu emessa: venne battuta dal governo popolare di Bologna (1796-1797). La bella moneta (fig. 1) presenta al dritto lo stemma della città e, dall’altro lato, la figura della madre di Gesù. Prima di illustrare le monete bolognesi con la raffigurazione della Vergine è opportuno fornire alcune notizie sulla tavola della Madonna con il Bambino, detta di san Luca, che è conservata nell’omonimo santuario sul colle della Guardia a Bologna.
Secondo la tradizione cristiana, che risale al VI secolo, le prime icone della Madre di Dio furono dipinte dall’evangelista Luca che l’avrebbe ritratta tre volte quando era ancora viva. Luca è l’autore del terzo Vangelo e degli Atti degli Apostoli, probabilmente era un medico, almeno stando a quanto dice di lui san Paolo. Luca è considerato il patrono dei chirurghi, indoratori, lavoratori del vetro, vetrai, medici, miniaturisti, notai scrittori, viene rappresentato mentre scrive il Vangelo o ritrae Maria, tra le sue attribuzioni ci sono il libro ed il bue. Nel suo vangelo mette in risalto la figura di Gesù come Salvatore ed illustra molti episodi riguardanti la sua nascita e la sua infanzia; da qui deriva la consuetudine secondo la quale egli avrebbe conosciuto direttamente la Madonna. La leggenda vuole che fosse anche pittore e, di conseguenza, avesse realizzato il primo ritratto di Maria determinandone il modello iconografico. Luca avrebbe stabilito i tre fondamentali tipi di icone mariane: l’Eleusa (della tenerezza); l’Odighitria (colei che indica la via; che ci guida, del buon cammino); la Madre di Dio orante (Maria senza il Bambino). Si conservano diversi ritratti della Madonna attribuiti all’evangelista: quello custodito nella chiesa di santa Giustina a Padova (icona molto rovinata e mezza bruciata); la Salus Populi Romani nella chiesa di Santa Maria Maggiore in Roma; l’immagine miracolosa nella chiesa di Santa Maria della Salute in Venezia; Maria Avvocata detta di san Sisto in Roma; la Madonna patrona di Bari; l’icona che si trova nel santuario di Bologna. Gli studiosi che si occupano di icone riportano la tradizione secondo la quale la prima immagine della Madonna, dipinta dall’evangelista Luca, sarebbe stata inviata a Costantinopoli all’imperatrice Eudocia nel V secolo. La sacra immagine venne distrutta dai Turchi, il 29 maggio 1453, quando presero la città. Il culto delle immagini fiorisce attorno al VI-VII secolo, e proprio a questo periodo risalgono le icone più antiche. Oggi esistono numerose copie di varie epoche che vengono chiamate con il nome di Madonna di san Luca, almeno seicento fra Europa ed Oriente cristiano. La tavola, conservata nel santuario del Monte della Guardia, presenta Maria che indossa un mantello (maphorion) blu scuro listato in rosso, la mano destra indica il Bambino, questi è atteggiato nel gesto di benedizione alla greca con l’indice ed il medio, della mano destra, affiancati (digiti porrecti). Gesù veste tunica e manto rosso, la mano sinistra è chiusa a pugno. Questa icona della Madonna è fedele al tipo canonico della Odighitria.
L’immagine che possiamo osservare oggi è databile tra la fine del XII e l’inizio del XIII secolo e potrebbe essere stata dipinta in occidente sul modello delle Madonne bizantineggianti dette anche Madonne dei crociati. Le indagini radiografiche, stratigrafiche e le fotografie a raggi infrarossi effettuate sulla tavola hanno portato alla scoperta di un dipinto bizantino nascosto sotto l’attuale versione. Quindi l’odierna immagine sarebbe un rifacimento operato su di una pittura più antica, attribuibile al secolo X o XI: probabilmente la Madonna di san Luca è un’icona bizantina ridipinta, forse anche in Italia. Al momento attuale delle conoscenze e delle indagini, in ogni caso, non è possibile stabilire in modo certo sia la provenienza, che l’autore. Le fonti scritte ed i documenti consentono di ricostruire la storia della Madonna di san Luca, del suo culto, del suo santuario, dalla fine del XII secolo e non permettono di verificare le vicende precedenti dell’immagine che, secondo la tradizione, sarebbe stata portata a Bologna da Costantinopoli.
Il santuario bolognese della Madonna di san Luca è visibile da molti chilometri di distanza per chi arriva in città dalla pianura o dalla valle del Reno. I documenti ci informano che una ragazza di nome Angelica si ritirò a condurre una vita eremitica sul colle della Guardia, in un terreno donatole dei genitori. Quando Angelica iniziò la sua vita di solitudine e preghiera non è noto con precisione, la prima notizia sicura risale ad un atto, datato 30 luglio 11923, in cui ella faceva dono ai canonici renani (canonici di santa Maria di Reno e san Salvatore di Bologna) della terra che possedeva sul Monte della Guardia, ove intendeva costruire una chiesa. La donazione venne sancita da numerose clausole e condizioni. La decisione di Angelica di vivere una vita in solitudine, ricca dal punto di vista interiore e religioso, va considerata alla luce dell’attrazione per la vita eremitica che si manifestò in tutta Europa, tra l’XI ed il XII secolo, con l’apertura di numerose comunità sia maschili che femminili. La costruzione della chiesa sul colle della Guardia iniziò il 25 maggio 1194 quando Gerardo Gisla, vescovo di Bologna, pose la prima pietra, inviatagli a tale scopo da Papa Celestino III (1191-1198), nelle fondamenta dell’edificio sacro. Morta Angelica fra il 1242 ed il 1244 la comunità eremitica si trasformò in comunità monastica domenicana. L’ordinamento monastico di san Luca sopravvisse fino all’arrivo delle armate napoleoniche quando le monache di san Mattia e san Luca vennero espulse dalle rispettive sedi il primo gennaio 1799. Il santuario di san Mattia venne messo in vendita con tutti i suoi beni, la chiesa chiusa e profanata, il santuario di san Luca venne invece rispettato. Le suore, verso la metà di febbraio, dovettero comunque lasciare il convento ed abbandonare la custodia e la venerazione dell’icona e non poterono più farvi ritorno. La storia della comunità femminile fondata da Angelica terminò in questo modo definitivamente.
Secondo la tradizione l’icona della Vergine col Figlio, venerata nel santuario sul colle della Guardia, sarebbe stata dipinta da san Luca e portata a Bologna da un eremita che l’avrebbe avuta a Costantinopoli. Il giureconsulto bolognese Graziolo Accarisi (ca. 1380-1470), nel 1459, provvide alla stesura e divulgazione di un codice con la cronaca della storia dell’icona bolognese che ci è pervenuto in copia originale. Il racconto dell’Accarisi ci informa che la tavola, con la figura di Maria, si trovava da molto tempo nella chiesa di santa Sofia in Costantinopoli con una scritta che avvertiva: “quod dicta tabula manu sancti Luce picta, debebat locari et situari in ecclesia santci Luce super Monte della Guardia, …”4. Ma nessuno sapeva indicare dove si trovasse la chiesa di san Luca sul Monte della Guardia, luogo predestinato per la tavola che quindi rimaneva a santa Sofia. Un giorno un eremita, capitato casualmente in santa Sofia, dopo aver letta la scritta, si offrì di andare in pellegrinaggio fino a quando non avesse trovato il luogo predestinato all’immagine. Avuta la tavola l’eremita iniziò a girovagare per cercare il posto indicato dalla scritta. Un giorno capitò a Roma e, passando davanti ad un palazzo, fu notato da un nobile cittadino bolognese, il quale incuriosito chiese perché portasse in giro quella tavola. Avuta la risposta dal pellegrino, il senatore lo avvertì che il luogo che stava cercando si trovava vicino a Bologna. Il nobile a questo punto consegnò all’eremita una lettera di presentazione per gli Anziani di Bologna, lo fornì di un compagno di viaggio e di due cavalcature. Giunto infine in città presentò la lettera gli Anziani, i quali, dopo averla letta, con grande devozione ospitarono provvisoriamente la sacra immagine nel loro palazzo. Dopo tre giorni di processioni fecero solennemente collocare la tavola nella chiesa sul Monte della Guardia. L’Accarisi conclude dicendo che l’eremita, ricevuta una grossa elemosina, se ne tornò alla sua patria. Nel secolo XVI la storiografia locale continuò a ripetere la leggenda descritta dall’Accarisi, ma nel frattempo la arricchì di particolari e ne definì la collocazione temporale. Lo storico e geografo domenicano Leandro Alberti fu il primo a cercare nei documenti conservati dalle monache di san Mattia e san Luca nuovi elementi. Dalla loro lettura emerse che l’eremo era stato fondato da una giovane chiamata Angelica, ritrovò inoltre la bolla papale di Celestino III che autorizzava la costruzione. In questo modo determinò l’origine della costruzione e pensò di poter assegnare l’arrivo della tavola dall’Oriente al 1160. Alberti nel 1539 pubblicò un libretto dove la tradizione dell’Accarisi trovava conferma, fu la prima storia stampata della Madonna di san Luca. L’immagine della Madonna era considerata un vero ritratto fatto dall’evangelista Luca, e quindi una reliquia preziosissima, che pervenne alla città di Bologna con il consenso dei religiosi costantinopolitani, che l’avevano detenuta, in ossequio alla volontà espressa dalla stessa immagine e non per opera di un furto, fatto abbastanza usuale per le reliquie, la documentazione storica ce ne fornisce molti esempi. La vocazione bolognese dell’icona trova quindi una sua nuova conferma.
La prima traslazione in Bologna della Madonna di san Luca venne effettuata nel 1433, almeno secondo i documenti oggi a disposizione, per scongiurare il pericolo delle piogge. Da allora in poi l’immagine viene trasferita in città ogni anno, ma possono essere fatte processioni straordinarie in seguito ad eventi particolari (carestie, guerre, tumulti, pestilenze, terremoti, siccità, grandi piogge, visite del Pontefice). Il 23 giugno 1630, ad esempio, a causa di carestia, guerra e contagio, fu esposta per tre giorni in san Petronio con le reliquie dei santi protettori della città. Il sentiero che congiungeva Bologna al santuario era in cattivo stato ed esposto alle intemperie, questo fatto rendeva disagevole il cammino dei pellegrini oltre a rendere faticoso e difficile il trasporto dell’icona in città. Pertanto si decise di costruire il lungo portico che, partendo da porta Saragozza, raggiunge la chiesa della Madonna di san Luca. La costruzione, iniziata nel 1674, venne terminata nel 1793, l’intero percorso coperto, lungo ben 3.796 metri (forse il portico più lungo al mondo), è costituito da 15 cappelle e da 666 arcate, numero che richiama quello della bestia menzionata da Giovanni5 (Apocalisse 13, 16-18). Il porticato sinuoso che si arrampica sulle pendici del Colle della Guardia, per arrivare alla base del tempio che custodisce la venerata immagine mariana, potrebbe così rappresentare il serpente il cui capo è schiacciato dalla Madonna. I luoghi di culto, i santuari, rappresentano particolari punti di riferimento per le comunità locali ma anche luoghi di incontro tra le genti, luoghi di pellegrinaggio dove ci si reca per semplice devozione, per chiedere grazie, per sciogliere un voto.
Segue: articolo completo in formato PDF tratto da Panorama Numismatico n.231/luglio-agosto 2008