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– Relazione della Camera di Commercio di Piacenza del 11 agosto 1794 firmato da Lorenzo Silvola.
La soverchia cussione di moneta erosa, e segnatamente dei soldi 15 e 7. 6 a corso di Piemonte fatti coniare non v’ha molto da S. Maestà Sarda, e l’aumento portato al quantitativo della medesima dai limitrofi Stati svizzeri, che secondando il loro interesse, dicesi ne abbiano imitato perfettamente il conio1, ha cominciato a causare l’introduzione, e smaltimento in questa Città ove valutasi rapporto a quella di soldi 15 L. 3, e riguardo all’altra di 7. 6 soldi 30 di questa abusiva moneta.
Al detto valore estrinseco, che viene ad essere esuberante di molto al confronto dell’intrinseco, non avendo di questo i primi, per quanto vengo assicurato da persona degna di tutta fede, che soldi 27. 6, e i secondi non più di soldi 10, l’aumento, che in conseguenza di ciò hanno colà dato la moneta d’oro, e d’argento, e la proscrizione de’ medesimi dallo Stato milanese, mi fan provvedere, che qui ne sia per colare una strabocchevole quantità senza che poi se ne possa sperare un’estero smaltimento, giacchè nei medesimi Stati di S. Maestà Sarda ne è emanata la proscrizione, quale avrà ad avere il suo effetto col principio del prossimo futuro novembre, sendo stato accordato quest’intervallo per portarli a questa R. Zecca, che in concambio ne passa altrettanti vaglia.
Riflettendo io pertanto al gravissimo pregiudizio, che ne verrebbe al suddito, ed alle finanze del Reale Sovrano, qualora si verificasse col fatto l’esposto mio timore, e pensando altresì, che il male quant’è facile a curarsi nel suo principio, altrettanto riesce difficile quando ha preso piede, e fondamento, stimo dovere preciso del mio istituto il rassegnarne al R. padrone coll’ossequiato mezzo di V. E. la corrispondente partecipazione per quelle speculazioni, e disposizioni, che potessero credersi dell’opportunità, e prevenendola, che simile notizia avanzo pure al Sup.mo Magistrato dette R.li Finanze, passo a ridirmi col solito profondissimo ossequio.
– Udita questa relazione, li Signori di Camera stabilirono quanto segue.
Fatte le riflessioni al tenue valor intrinseco dell’erose monete di Piemonte, alla loro proscrizione dai propri Stati di S. Maestà Sarda, proscrizione sospesa a tutto questo mese di agosto per il commercio in generale, e protratta al prossimo mese di ottobre per li soli pagamenti a quelle R. R. Casse, e con cambio di zecca in carte monetarie; alla copia di esse monete, che si è sparsa, e che al momentaneo profitto de’ minuti cambi minaccia di inondare questa Città, e Ducato con fatale esaurimento delle nobili monete d’oro, e d’argento.
Fatta considerazione, che di tali monete erose non apparisce alcuno sfogo ordinario, dacchi sono sbandite dal proprio Autore, e non ebbero, e meno ponno aver corso in altri Dominii, e dacchi pure non sembra convenire alla R. Zecca di Parma, l’incettazione di esse monete, e darne il concambio a monete erose nazionali per il minuto commercio alla Città, e Ducato di Piacenza.
Fatte le disamine sopra l’interno, ed esterno commercio di questi R. R. Stati.
Fatta per considerazione, che l’improvvisa, ed assoluta proscrizione di quelle monete rose da questi R. R. Stati, o la restrizione dell’estrinseco loro valore nel commercio, o la limitazione del loro numero nei pagamenti potrebbero dar causa a querele, e disordini nel basso popolo di Piacenza.
Sono convenuti nell’opinione, che possa addottarsi l’interinale temperamento.
Di proibire con pubblico editto l’introduzione di quelle erose monete in questa Città, e Ducato sotto la confiscazione di esse monete, e sotto le pene aflittive, e pecuniarie, che al provvido arbitrio di S. A. R. piacerà stabilire si contro gl’introduttori, che contro li ricevitori dall’estero, e sotto ancor maggiori pene contro li ricettatori di tali monete o per cambio, o per qualsiasi altro titolo.
Di prescrivere in quell’editto sotto le medesime pene, che qualunque persona a cui da estero Paese, o immediatamente, o mediatamente fosse stata rimessa di dette monete erose di Piemonte, debba tolta ogni dimora denunziarle all’uffizio Camerale di Piacenza, ed indi a breve termine da fissarsi a seconda delle circostanze da questo Sig. Giudice Delegato, giustificarne al medesimo l’asportazione, e lo sfogo pur in estero Paese.
Di manifestare a termini generici nello stesso editto, che S. A. R. qual Padre amatissimo de’ suoi popoli sta intrattanto disponendo altre provvidenze sopra quelle monete, onde così la popolazione di Piacenza sul timore dell’assoluta loro proscrizione, o restituzione di valore si contenga volontariamente a prudenziale governo nell’uso, e cambio delle medesime monete, resista pur volontariamente all’ulteriore loro introduzione, e ne’ procuri ancor lo sfogo fuori Stato.
Di pubblicare sotto le pene come sopra uno speziale editto di assoluta proscrizione di quelle erose monete ai paesi di Castel S. Gio. d’Olubra, Torre Farnese, Nibbiano, Pianello, e Borgo Novo, che come più vicini agli Stati di S. Maestà Sarda sono li canali, per cui si è fatta, e malgrado le sovrane proibizioni potrebbe proseguirsi l’introduzione di esse monete, prefinendo però breve termine di toleranza ai medesimi Paesi, in qual termine sarà loro agevole il ritorno, l’esportazione e lo smercio di quelle monete in detti Stati di S. Maestà Sarda.
Di proibire in ambi gli editti la menoma alterazione nel corso delle monete d’oro, e d’argento sotto le pene di cui sopra contro qualsiasi persona, che ne’ pagamenti, o nel cambio osasse spendere, o ricevere esse monete d’oro, e d’argento a maggior valutazione dell’odierno corso plateale (questa proibizione sembra proficua a frenare l’abuso nelle valute nobili, a sopprimere l’introduzione delle monete erose di Piemonte, ed a sollecitar l’esportazione, e lo sfogo di queste nell’estero Paese).
L’intimare in quegl’editti, che dalla Curia Camerale di Piacenza, e dai rispettivi giudici territoriali si procederà a quelle pene contro li disubbidienti si per denunzia, che per inquisizione, comunque più non apparisse il corso di delitto in specie.
Di assegnar pure in ambi gl’editti alcun premio agl’accusatori sopra le eseguite, ed attentate introduzioni, e ricezioni di quelle erose monete, e sopra l’usata, ed attentata alterazione nell’odierno corso plateale delle monete d’oro, e d’argento, ancor sotto assicuranza di soppressione del nome de’ medesimi accusatori.
Di conseguenza a quegl’editti prescrivere al Sig.r Giudice Delegato Camerale di Piacenza, ed a tutti li Giudici del Ducato, e specialmente ai Giudici de’ Paesi di sopra nominati la costante, e scrupolosa osservanza de’ sovrani comandi.
Di ordinare ai rispettivi comarchi sotto obbligo di assoluto adempimento, che si facciano le visite, e perquisizioni indistintamente sopra li viaggiatori non tanto esteri, che nazionali, e si proceda all’immediato arresto, e confiscazione di dette monete erose di Piemonte, che si rinvenissero a tali viaggiatori, oltre le pene, di cui sopra.
Note
- In un altro documento della stessa cartella ma riguardante il titolo dei buttalà piacentini si legge che è da temersi la finezza degli Svizzeri, gente povera, e assuefatta a contraffare le cussioni, e a rifondere le monete con guadagno. M. Lopez, Aggiunte alla zecca e moneta parmigiana del padre Ireneo Affò, in Periodico di Numismatica e Sfragistica per la Storia d’Italia, 1871, V, p. 191, riferisce che nel 1792 il duca venne a conoscere che andavano circolando ne’ suoi Stati monete erose di cussione forestiera, ma di conio perfettamente eguale a quello delle monete erose che uscivano dalla nostra zecca, e perciò impassibilmente riconoscibili dall’universale.
Non avevano il valore intrinseco prescritto, cioè di due once e sei denari per libbra, e dicevansi provenienti dalla Svizzera.