di Paolo Pini
PER UNA STORIA DI BOLOGNA ATTRAVERSO LE SUE MONETE DAL GOVERNO POPOLARE ALLA CISPADANA E CISALPINA: MONETAZIONE
Gli ultimi anni del XVIII secolo e i primi del XIX a Bologna, come nel resto d’ Italia, sono densi di avvenimenti che si accavallano, sconvolgendo gli assestamenti politici e sociali precedenti: occupazione francese, esautorazione del potere pontificio, Repubblica Cispadana, Cisalpina, Regno d’Italia sotto Napoleone si susseguono.
Su questi eventi si può affermare che, a parte i fatti storici ben precisi e datati, non molto si sapeva, per quanto riguarda la vita municipale di Bologna, prima di recenti studi sulle carte inesplorate degli archivi da parte del Varni, uno storico che ha portato maggiore chiarezza nelle vicende della città in età napoleonica.
Non è stato facile fare ordine per fornire a chi ci legge un quadro del tempo fedele e chiaro, pur nella sintesi. Iniziamo da una data: il 19 giugno 1796 i Francesi entrarono in forze a Bologna (7.000 uomini, di cui un migliaio si assestano in Piazza Maggiore piazzando quattro cannoni con miccia accesa ai quattro angoli, in segno di occupazione militare).
Il giorno dopo giunse il generale Bonaparte che fece subito intendere le sue intenzioni ai reggitori della città: rimandato immediatamente a Roma il legato papale, che aveva avallato pochi giorni prima l’esecuzione dei due libertari Zamboni e de Rolandis, ricordò al Senato bolognese l’antica libertà da secoli offuscata dall’autorità pontificia, rimise nelle mani del Senato stesso tutto il potere legislativo e governativo, ma col vincolo di esercitare questo potere alla sua dipendenza e giurando fedeltà alla Repubblica Francese.
Prima di procedere, ricordiamo le figure dei due patrioti Zamboni e de Rolandis e il loro triste destino.
A Bologna le esecuzioni capitali venivano eseguite per impiccagione nella piazza del mercato, dove oggi si tiene la “Piazzola”.
L’ultima condanna alla forca, successivamente sostituita dalla fucilazione, fu quella di de Rolandis. Luigi Zamboni, bolognese, e Giovanni de Rolandis, astigiano di nascita, erano due studenti che avevano subito il fascino dei nuovi avvenimenti d’oltralpe ce, qui in Italia, delle idee libertarie propugnate dalle logge massoniche e dalle sette carbonare.
Bologna, con la sua Università, sensibile allo spirito di rinnovamento repubblicano, era al centro di ogni movimento rivoluzionario dello Stato pontificio.
Zamboni, nel novembre 1794, ideò un progetto, tanto entusiastico quanto avventuroso e temerario, per abbattere il governo pontificio della città e proclamare la repubblica, unico reggimento ‘degno di uomini’.
Lo seguirono nell’impresa De Rolandis e altri membri già addottorati dello Studio che però finirono col tradire i primi due.
Arrestati e, dopo lunga e penosa istruttoria processuale segreta, nonostante la difesa di Antonio Aldini, condannati alla forca, Zamboni si suicidò in carcere, de Rolandis venne impiccato nell’aprile del 1796.
l loro nomi sono legati alla loggia massonica tuttora esistente e quello di Zamboni a una delle strade più ricche di storia e più legate alla cultura della città: vi si affacciano infatti, oltre a palazzi signorili medievali, l’Univervità e, un tempo, quando si chiamava strà San Donato, il Palazzo Bentivoglio.
A questo punto soffermiamoci brevemente sui rapporti, al momento, fra Senato e Chiesa: le autorità senatoriali avevano, pochi giorni prima, ribadito la loro fedeltà alla Santa Sede, postillando tuttavia con un prudenziale ‘per quanto si potrà’. Infatti non si poté, di fronte alla imprevedibilità di eventi così sconvolgenti che avrebbero dato una svolta alla storia di Bologna e di tutta l’Italia.
Il governo bolognese era aristocratico e, spinto da interessi patrimoniali conservatori forse più che da affezione alla Chiesa, molto titubante sulle nuove istanze democratiche, rivoluzionarie, che muovendo dagli eventi francesi incombevano sulla scia dei nuovi lumi all’ombra dell’albero della libertà e operavano grande suggestione nell’animo popolare.
Ma Pio VI, già dal 1780, aveva coinvolto Bologna nel suo programma di ‘riformismo illuminato’ che aboliva privilegi, modificava i sistemi tributari, aumentando il potere centrale a discapito della sfera di competenze comunali. A Bologna il nuovo catasto del cardinal legato Ignazio Boncompagni prevedeva un censimento generale delle proprietà agricole per un sistema fiscale più equo, che eliminasse i privilegi dei grandi proprietari terrieri. L’aristocrazia, espressa dal Senato, si sentì colpita e in contrasto con Roma. Non si poté comunque operare una scelta e si dovette subire l’occupazione francese volente o nolente.
Segue: articolo completo in formato PDF da Panorama Numismatico nr.63/aprile 1993 – articolo richiesto da un ns. lettore