ANCHE I FALSI FANNO PARTE DELLA NUMISMATICA. TRA DI LORO LE COSIDDETTE PATACCHE CON LA SCROFA HANNO UN RUOLO DAVVERO PARTICOLARE PERCHE’ ANCORA OGGI NON DI RADO SPUNTANO DAI CASSETTI DEI RICORDI.
Già il titolo di questo articolo potrebbe essere frainteso. E’ infatti ovvio che se si è già certi che si tratti di una patacca non si capirebbe il motivo per cui si perda tempo a scriverne un articolo. Eppure questa non è solo un falso, cioè una banale copia per ingannare i collezionisti, è proprio una invenzione di sana pianta ed è diventata, credo, la regina delle patacche non solo perché è la più comune ma anche perché ha dato origine ad una serie di copie e pure a, diciamo così, divagazioni sul tema. Essendo quindi una invenzione ed essendo anche piuttosto comune credo che possa meritare un’indagine.
Ecco la descrizione del tipo principale da cui sono fioriti gli altri:
D/ Testa coronata a sinistra intorno a leggenda in caratteri greci o latini ar caici
R/ Scrofa stante a destra mentre allatta sette porcellini, dietro, un albero e, sulla destra, Enea stante di fronte con la testa volta a sinistra ed uno scettro nella mano sinistra
1 – MA (?) – g 154
Questa, chiamiamola così, moneta fu al centro di una vivace polemica negli anni Trenta.
Nicola Beccia, direttore del R. Archivio di Stato della Dogana e del Tavoliere di Puglia a Foggia, nel 1931 aveva pubblicato un opuscolo dal titolo Patacche o monete troiane? Evidentemente già nel titolo si capisce ciò che era accaduto. Al Beccia era stata presentata questa moneta proprio come una patacca ma egli, sulla base di una serie di considerazioni storiche, la riteneva autentica e l’attribuiva alla città di Troia in provincia di Foggia che un tempo aveva come stemma una scrofa che allatta sette porcellini. La moneta sarebbe stata databile all’età normanna.
Ne nacque uno scontro in cui il Beccia fu oggetto degli strali di Furio Lenzi, allora direttore della rivista Rassegna Numismatica, e del commerciante romano Alberto Santamaria. Il Beccia pubblicò due nuovi opuscoli: Polemica numismatica nel 1932 e Divagazioni numismatiche nel 1940, che in pratica riproponevano una serie di suoi articoli comparsi in giornali locali. Evidentemente egli pensava di aver avuto un’idea geniale che solo l’ottusità e l’incompetenza dei numismatici romani non volevano riconoscere.
Mal gliene incolse purtroppo perché incappò ancora nell’ironia di Alberto Santamaria che nel 1941 pubblicò una acida recensione dell’ultimo lavoro Divagazioni numismatiche che riportava testuali affermazioni del Beccia quali suoi campioni delle corbellerie numismatiche, e non soltanto numismatiche. Qualsiasi commento, concludeva beffardamente Santamaria, toglierebbe il profumo della freschezza a codesti fiori i quali, poi, sono talmente abbondanti nelle “opere” del Beccia, che per coglierli tutti occorrerebbe addirittura ristampare qui i vari volumi.
Segue articolo completo in formato pdf: anteprima da Panorama Numismatico nr. 270 – febbraio 2012 di prossima pubblicazione
4 Comments
vincenzo
io anche posseggo un medaglione raffigurante una scrofa con 7 porcellini da un lato e sul retro due persone che si guardano in faccia….mio padre la trovo’nel 1949 in calabria ( Aspromonte).in ogni caso….puo’ essere anche un falso…ma e’ spettacolare..ciao
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roberto
Anche io ne posseggo una con i due volti e la scrofa che allatta.
In pratica la fregatura è dovuta al fatto che non esistono monete raffigurata una scrofa?
Saluti