Publius Aelius Hadrianus
Adriano nacque, probabilmente, a Roma nel gennaio del 76, ma la sua famiglia era originaria della Betica (Spagna) dove si era trasferita moltissimi anni prima dal Picenum, terra d’origine della Gens Aelia. Il padre, Publius Aelius Hadrianus Afrus era cugino di Traiano. Alcuni sostengono però che il futuro imperatore fosse nato proprio ad Italica, in Spagna, come il suo predecessore.
Una radicata tradizione tramanda che Traiano, sul letto di morte, abbia adottato Adriano designandolo come suo successore. Secondo una più recente tesi storica pare però che le cose non siano andate proprio così perché Adriano, alla morte del padre avvenuta nell’85, fu affidato a due tutori uno dei quali era proprio Traiano: quindi già da molti anni il giovane Adriano era entrato a far parte della famiglia dell’imperatore che, ricordiamolo, non aveva eredi. Adozione formale o no, sul letto di morte o prima, Adriano era comunque il successore designato di Traiano, come risulta del resto, lo vedremo più avanti, da alcune monete.
Adriano percorse brillantemente tutti i gradini del cursus honorum di un giovane patrizio, tra l’altro era stato console per la prima volta nel 108 ed era già candidato a ridiventarlo nel 118, e seguì fedelmente l’imperatore nelle campagne di Dacia e di Parthia. Era governatore della Siria quando Traiano morì.
Nel quartiere generale di Adriano in Antiochia di Siria, il governatore fu acclamato imperatore il 17 agosto del 117, due giorni dopo la morte di Traiano. Il Senato di Roma, benchè alcuni dei suoi membri si ritenessero più meritevoli della massima carica, non poté fare altro che prendere atto della nuova situazione e confermare la elezione di Adriano. Pare che il tradizionale congiarium distribuito ai soldati e al popolo fosse di circa 150 denari a testa, il doppio del primo effettuato da Traiano.
Il nuovo imperatore inviò al Senato un indirizzo pieno di tatto promettendo che non avrebbe decretato pene capitali a carico di nessuno e che avrebbe continuato la politica di Traiano, per il quale chiese anzi che fossero decretati onori divini, ma poi seguì una politica del tutto originale che, per certi aspetti, era anzi l’opposto di quella di Traiano. Quest’ultimo fu soprattutto un grande soldato, mentre il suo successore, come si direbbe oggi, fu un abilissimo uomo politico, molto più attento agli interessi concreti dell’impero che non alla sua estensione territoriale, mediante nuove conquiste militari. Adriano si rese subito conto che la politica espansionistica di Traiano in Oriente poteva essere assai pericolosa per Roma, infatti, per continuare la guerra contro i Parti, interrotta a causa della morte di Traiano, si sarebbe dovuto sguarnire i confini danubiani con conseguenze potenzialmente pericolose per l’impero.
Adriano ritirò quindi le frontiere orientali più a nord, abbandonando così molti territori conquistati da Traiano, su una linea più breve ma certamente di più sicura difesa confermando viceversa l’annessione della Dacia all’impero e suddividendone il territorio in tre province distinte e più controllabili.
Le decisioni di Adriano cambiarono radicalmente la politica estera di Roma: l’imperatore abbandonava ogni proposito di nuove conquiste territoriali per porre l’impero, come ai tempi di Augusto e di Tiberio, in posizione più difensiva.
La scelta del nuovo imperatore non piacque ovviamente ai grandi generali di Traiano che avevano partecipato alle imprese militari di quest’ultimo e che, in particolare, sognavano di dare il colpo di grazia al regno dei Parti.
Il malcontento dei generali si tramutò in una vera e propria cospirazione contro Adriano che venne scoperta quando l’imperatore si trovava lontano da Roma per respingere i Sarmati ed i Roxolani che avevano invaso la Moesia. Al ritorno in Roma di Adriano, nel luglio del 118, il Senato, in quanto corte inquirente, aveva già istituito il processo e condannato a morte quattro illustri generali di Traiano nonché senatori. Il timore di una nuova guerra civile aveva indotto gli amici di Adriano in Roma ad affrettarsi ad eliminare un possibile pericolo per il trono, ad insaputa dello stesso imperatore, al quale non restò che prendere atto di quanto avvenuto, forse con personale dispiacere, oltre alle sue convinzioni sulla pena di morte, perché erano stati giustiziati alcuni dei più prestigiosi generali dell’impero.
Ma l’atteggiamento prudente di Adriano in politica estera non deve far pensare che fosse un debole: dopo aver respinto i tentativi di invasione sul Danubio, si trovò ad affrontare una ennesima rivolta ebraica, la terza dopo quelle già domate da Tito e Traiano, rispettivamente nel 66 e nel 117. La ribellione si era sviluppata nel 132 con incredibile violenza in tutta la Giudea, capeggiata da Simeon Bar Kocheba e la repressione romana, ovviamente disposta da Adriano, fu spietata. La Giudea perse per sempre ogni velleità di indipendenza tanto che si parlò, allora, di 600.000 ebrei uccisi dalle truppe comandate dal generale romano Sesto Giulio Severo. Tuttavia gli Ebrei sparsi per il mondo ed in Oriente in particolar modo dopo la prima rivolta domata da Tito, non subirono rappresaglie né limitazioni al loro culto. Era il 135 e la terza guerra giudaica era durata quasi tre anni.
Adriano si dedicò con grande meticolosità a visitare molte province per rafforzare le difese (famoso è il Vallo Adriano fatto erigere per meglio difendere la Britannia romana dalle bellicose popolazioni barbare del nord) ma anche per rendersi conto personalmente della situazione locale.
L’expeditio augusta iniziò nel 120 con la visita delle Gallie e della frontiera del Reno; nel 122 Adriano fu nelle province iberiche e l’anno seguente passò in Asia Minore raggiungendo la Grecia dove si fermò a lungo in Atene.
Adriano ebbe sempre una particolare attrattiva per tutto ciò che era greco e che a quell’epoca rappresentava la summa di ogni conoscenza filosofica e artistica. La sua simpatia per la Grecia arrivò al punto di equiparare i cittadini di Atene agli abitanti di Roma, con gli stessi identici diritti di questi ultimi.
Nel 127 l’imperatore lasciò la Grecia per ritornare in Italia, in Sicilia, e da qui di nuovo a Roma. Ma nel 128 ripartì per l’Africa e, dopo una nuova breve sosta nella capitale, negli anni 130 e 131 ispezionò a fondo l’Egitto, la cui antica civiltà impressionò molto Adriano che ad essa ispirò anche la sua copiosa monetazione locale, come vedremo più avanti.
Ovunque si recò Adriano fece erigere muraglie ed imponenti fortificazioni a difesa delle frontiere dell’impero che, nella sua lungimirante concezione, non poteva più espandersi e andava peraltro solidamente difeso.
Adriano si era anche reso conto che la difesa della immensa estensione territoriale dell’impero di Roma non poteva più essere affidata solo alle legioni italiche. Occorreva fare sempre più affidamento sulle province che potevano assicurare, sul posto e con le loro forze, un efficace controllo delle frontiere per respingere i continui attacchi dei barbari.
Posto l’impero al riparo con muraglie e fortificazioni, Adriano riportò a 28 il numero delle legioni e stabilì che il reclutamento dei soldati fosse effettuato nella zona di presidio di ciascuna legione, tra gli abitanti della stessa regione.
Segue: articolo completo in formato pdf tratto da Panorama Numismatico nr. 229/maggio 2008