di Roberto Diegi
Flavius Theodosius
Flavius Arcadius
Flavius Honorius
Teodosio I (il Grande) era nato nel 347 a Cauca nella Spagna nord-occidentale ed era figlio di quel Teodosio il Vecchio, comandante della cavalleria, che era stato giustiziato nel 376, sotto Graziano, con l’accusa di alto tradimento nei confronti di Valentiniano I.
Dopo la battaglia di Adrianopoli, nel 378, nel corso della quale l’imperatore d’Oriente Valente aveva perso la vita, Graziano richiamò dalla Spagna Teodosio affidandogli la responsabilità delle frontiere danubiane. Avendo costui ottenuto importanti successi su questo delicato fronte, Graziano lo elevò al rango di augusto per l’Oriente a Sirmium il 19 gennaio 379.
Alla fine del 394 Teodosio, gravemente ammalato, affidò la parte occidentale dell’Impero al figlio Onorio, con capitale Mediolanum; all’altro figlio Arcadio fu affidato l’Oriente con capitale Costantinopoli. Il 17 gennaio del 395 Teodosio morì, a Mediolanum, dopo aver raccomandato i suoi figli, Onorio, Arcadio e Galla Placidia, al generale Stilicone, comandante in capo delle armate romane, figlio di un vandalo e dichiaratamente non cristiano, che aveva fatto una splendida carriera militare godendo della massima fiducia dell’imperatore.
Ma chi era Teodosio e perchè fu chiamato il Grande?
Questo appellativo lo si deve probabilmente ai panegiristi cristiani suoi contemporanei per la sua devozione nei confronti del Cristianesimo, nata forse in occasione di una sua grave malattia che lo aveva indotto a farsi battezzare. Questa “devozione” peraltro si trasformò ben presto in fanatismo religioso: Teodosio giunse al punto di proibire ogni discussione che avesse per argomento una qualsiasi questione religiosa e di pretendere che la nomina dei Vescovi delle più importanti Chiese fosse da lui approvata. Fu particolarmente intollerante nei confronti di coloro che non professavano la “vera fede”, vale a dire quella che l’imperatore stesso aveva definito tale, cioè quella basata sul Credo di Nicea.
La pesante ingerenza di Teodosio nelle questioni religiose ma anche in situazioni laiche, furono alla base di scontri decisamente duri con Ambrogio, vescovo di Milano, che videro Teodosio fare ammenda in almeno due episodi di intolleranza verificatisi in Oriente, nel 388 e nel 390. Nel primo caso a Callinico, sull’Eufrate, vi furono gravi disordini, con morti e feriti, provocati dai Cristiani nei confronti delle comunità ebraiche, mentre nel secondo caso, a Tessalonica, per un futile motivo legato alle corse dei carri, vi fu una vera e propria rivolta della cittadinanza, anche qui con numerose vittime, nei confronti delle autorità e dei comandanti militari della Città. Teodosio ordinò rappresaglie che se, specie nel secondo caso, furono indubbiamente violente, rientravano comunque nelle prerogative di un imperatore.
Si discute ancora oggi se fosse Teodosio o Ambrosio, il più “intollerante” dei due, dato che l’imperatore, anche se con leggerezza e superficialità, aveva impartito ordini che competevano alla sua posizione. Oltretutto non si è ancora ben capito se Teodosio fosse cristiano per convinzione o per opportunismo, considerando la sua tolleranza nei confronti del paganesimo, a differenza delle sue dure persecuzioni contro gli “eretici”, ed il fatto che i posti di maggior responsabilità nella pubblica amministrazione e nell’esercito erano stati tutti affidati a pagani dichiarati.
Forse, ma qui esprimo un parere personale, fu proprio questa dubbia personalità di Teodosio a provocare le ire di Ambrogio, anche se lo spunto fu indubbiamente la tragica situazione verificatasi a Callinico e Tessalonica, con il pesante intervento dell’imperatore che comunque, ripeto, difficilmente avrebbe potuto comportarsi diversamente.
Ma, questioni religiose a parte, Teodosio dovette impegnarsi a fondo per contrastare le pressioni dei Visigoti ai confini, senza peraltro riuscirci totalmente.
Anche sul fronte interno vi furono pericolosi fermenti e sedizioni che l’Imperatore riuscì a domare con fatica.
Nei primi anni del suo regno Teodosio affrontò più volte i Visigoti ed altre nazioni germaniche che premevano ai confini dell’Impero, senza però riuscire a vincerli definitivamente, nonostante alcuni importanti successi iniziali. Nel 382, dopo lunghe trattative, fu stipulato un trattato di pace che consentiva a Goti, Visigoti, Alani e ad altre popolazioni germaniche di stabilirsi nei territori dell’Impero, a patto che si sottomettessero alla autorità romana. Non solo, ma questi ex nemici giurati di Roma ottennero lo status di foederati, ossia alleati; Teodosio commise inoltre, a giudizio di molti, un altro grosso errore cioè quello di arruolare nell’esercito una moltitudine di giovani germani, cosicché in poco tempo questi ex nemici finirono con essere la maggioranza dei soldati rispetto ai romani, per nascita o per cittadinanza, che da tempo immemorabile costituivano il nerbo delle legioni. A coloro che non potevano essere arruolati furono assegnate terre da coltivare all’interno dei confini imperiali. Questa prassi era già iniziata con Costantino ed altri imperatori, ma con Teodosio I divenne regola ed assunse dimensioni imponenti.
Sul fronte interno, Teodosio dovette affrontare la rivolta di Magno Massimo, suo conterraneo e comandante delle truppe romane in Britannia che venne proclamato imperatore nel 383 dai suoi soldati scontenti del regime di Graziano, che venne anzi ucciso da un alto ufficiale che si era schierato dalla parte di Magno Massimo.
Di fronte a questi avvenimenti Teodosio impegnato sul fronte danubiano e su quello orientale della Persia, fu costretto a fare buon viso a cattivo gioco ed a riconoscere l’autorità di Massimo sulla Britannia, sulla Gallia e sulla penisola iberica.
In pochi anni l’Impero si trovò di fatto guidato da cinque augusti: Teodosio e suo figlio Arcadio in Oriente, Valentiniano II al centro, Magno Massimo e suo figlio Flavio Vittore in Britannia e nelle Gallie. A questi va anche aggiunto il breve tentativo di ribellione di Flavio Eugenio, messo sul trono da Arbogaste dopo la morte sospetta di Valentiniano II, probabilmente proprio ad opera di Arbogaste.
Ma dal 392, scomparsi tutti gli altri, Teodosio rimase, sia pure per poco tempo, l’unico detentore ufficiale del potere sia in Oriente che in Occidente.
Sulle vicende che videro protagonisti Magno Massimo, Flavio Vittore ed Eugenio sarà opportuno ritornare, come già scritto, con un apposito, anche se breve, articolo, data la complessità delle situazioni in essere in quegli anni caotici.
Durante il regno di Teodosio I il costo di mantenimento dell’esercito e della corte, ormai divenuta molto simile ai modelli orientali, provocò un pesante inasprimento delle imposte ed una pesante inflazione, che si ridusse leggermente negli ultimi anni a seguito di un provvedimento che obbligava il fisco ad accettare in pagamento delle imposte anche la moneta divisionaria di bronzo, la cui circolazione, decisamente massiccia sotto i predecessori, era stata una delle cause dell’inflazione.
La monetazione, anche sotto Teodosio I, fu principalmente basata sull’oro e sull’argento: solidi di 4,54 grammi con le loro frazioni (semisse e tremisse) e siliquae e siliquae ridotte o mezze siliquae d’argento del peso, rispettivamente, di circa 2,30 grammi e 1,15 grammi. Le coniazioni in bronzo o rame seguirono il sistema già collaudato in precedenza: AE 2 in bronzo di circa 6 grammi, AE 3 in bronzo di 3 grammi, AE 4 in rame di 1,30 grammi.
Le zecche furono quelle che ormai da tempo producevano moneta per tutto l’Impero. Magno Massimo riaprì peraltro anche la zecca di Londinium.
Prima di morire Teodosio aveva suddiviso l’Impero tra i due figli Onorio e Arcadio, affidando al primo l’Occidente e al secondo l’Oriente.
Segue: articolo completo in formato PDF da Panorama Numismatico nr.266 – ottobre 2011