di Gianni Graziosi
Lo scaffale numismatico si arricchisce di un nuovo interessante volume: una monografia sulla zecca di Rimini, cittadina sulla costa romagnola nota per la sua attività balneare: il primo stabilimento fu inaugurato, nel 1843, sotto il governo pontificio.
Il lavoro di Bellesia si occupa delle coniazioni che si protrassero nella città dal XIII secolo al XV. La prima moneta di Rimini fu illustrata dallo storico vignolese Ludovico Antonio Muratori (1672-1750) in De moneta, sive jure condendi nummos. Dissertatio. In seguito si occuparono di questa zecca il numismatico Vincenzo Bellini e il conte Francesco Gaetano Battaglini, quest’ultimo scrisse una memoria storica, sulla città e le monete riminesi, nella quale sono riportati numerosi documenti antichi. Il lavoro, nel 1789, venne pubblicato dal bolognese Guido Antonio Zanetti (1741-1791) il quale aggiunse, a piè di pagina, proprie note ed osservazioni numismatiche; sempre nello stesso anno, nel quinto tomo della sua Nuova raccolta delle monete e zecche d’Italia, ne pubblicò una specie di estratto limitato alle monete (Delle monete riminesi). Successivamente la zecca di Rimini venne trattata in modo organico soltanto con la pubblicazione del X volume del Corpus Nummorum Italicorum (CNI), Emilia Romagna parte seconda, che si occupa di Bologna, Ferrara e di tutte le zecche romagnole.
Ricordo che fu l’imperatore Federico I Barbarossa a concedere, nel 1157, alla città di Rimini e ai suoi cittadini il privilegio di battere moneta. Non sono note monete attribuibili al XII secolo e si ritiene che il Comune non abbia fatto uso di questo diritto prima del secolo successivo. Secondo il Battaglini le prime monete sarebbero state coniate verso il 1205 e, in ogni caso, sarebbero state emissioni di breve durata, solamente dopo il rinnovo del diritto di coniazione sancito, nel 1250, da papa Innocenzo IV la zecca avrebbe ripreso a funzionare con una certa continuità. I ritrovamenti testimoniano una discreta diffusione del denaro di Rimini simile a quelli di Ancona e Ravenna. Sempre in periodo comunale la città iniziò la produzione, che si protrasse fin oltre la metà del XIV secolo e fu molto abbondante, di un grosso dal valore di 2 soldi di piccoli.
Durante il Trecento i Malatesta divennero progressivamente arbitri della vita politica del Comune fino a quando papa Innocenzo VI, nel 1355, nominò Malatesta III (più conosciuto come Guastafamiglia 1299-1364) e Galeotto I (1299-1385) vicari pontifici. Il titolo era rinnovabile ai discendenti. L’ultimo vicario e signore di Rimini fu Pandolfo IV detto Pandolfaccio (1475-534). Le prime monete che riportano impresso il nome del signore di Rimini sono quelle di Carlo Malatesta; sono note anche emissioni a nome di Galeotto Roberto e di Sigismondo Pandolfo. Il papa Pio II, nel gennaio del 1463, emise una bolla che imponeva a chiunque di sospendere immediatamente la produzione di moneta all’interno dei territori ecclesiastici senza averne avuta esplicita concessione. Proprio a questa data è solitamente collocata la chiusura della zecca di Rimini.
Bellesia, nella prima parte del suo volume, si occupa delle monete comunali. L’autore ritiene che fornire una data precisa all’inizio della produzione sia impossibile e, nello stesso tempo, che sia più probabile una data di poco precedente il 1265. Nella moneta riminese, al dritto, è stato inserito il nome di san Giuliano, con SANT’IVLIA nel giro e le ultime lettere NUVS nel campo: al rovescio si trova la scritta DE ARIMINO attorno a una croce potenziata. L’autore elenca 7 varianti del denaro, in base alla presenza di simboli (punto, stella, mezzo globetto, crescente) e della S coricata all’inizio della leggenda del dritto. Il denaro col punto al centro delle lettere N V S, il più comune, è considerato quello più antico. Successivamente Bellesia propone e giustifica una datazione, agli anni Ottanta del Duecento, delle emissioni dei primi agontani di Rimini cui seguirono quelle di Ancona con pezzi caratterizzati dalla rosetta col punto. Nel Trecento anche altre città coniarono agontani come Ravenna, Ascoli, Arezzo, Volterra; l’emissione a Rimini continuò fino agli anni Sessanta. L’argentea moneta di Rimini presenta al dritto la figura stante di san Gaudenzio, che fu vescovo della città e che durante il suo episcopato ordinò diacono Marino, il santo fondatore della vicina Repubblica. La tipologia rimase immutata per tutta la produzione e, secondo l’autore, gli unici punti di riferimento per formulare una cronologia delle emissioni sono la forma della croce all’inizio della leggenda posta al rovescio e il simbolo che compare al dritto, a sinistra della testa del santo. Bellesia riunisce le numerose varianti dell’agontano riminese in 3 gruppi e, dall’analisi stilistica degli esemplari, propone come più antichi i pezzi con la croce potenziata, seguiti da quelli con croce piana e, per ultimi, quelli con croce ancorata. Successivamente vengono ordinati i simboli, cerchietti, rosette e punti collocati dopo la S della parola DECIVS: in questo modo l’autore identifica otto varianti nel primo gruppo, due per il secondo e il terzo. Infine viene citato un esemplare che non possiede le due stellette al rovescio ma una rosetta con sotto un punto all’inizio della leggenda che si ritiene essere l’ultima emissione dell’agontano di Rimini: due gli esemplari conosciuti, uno bucato della Collezione reale e quello conservato a Venezia nel Museo Correr. Per facilitare il confronto con quello riminese, l’autore illustra anche gli agontani di Ancona, Ravenna, Ascoli, Arezzo e Volterra.
Nella seconda parte vengono descritte le monete dei Malatesta iniziando dal bolognino di Carlo (1384-1429): solo due gli esemplari conosciuti. Probabilmente fu questa la prima moneta malatestiana coniata a Rimini qualche decennio dopo l’ultimo agontano. Il pezzo è notevolmente diverso dalle coniazioni precedenti sia dal punto di vista metrologico che grafico e presenta già caratteri gotici. Al dritto, il solo nome KAROLVS con l’indicazione della famiglia DE e lettere M L T S (DE MaLaTeStis) disposte a croce nel campo intorno a globetto e accantonate da globetti. Al rovescio, la scritta RIMINENSIS; nel campo lettera A. Analogo l’aspetto del rarissimo denaro in mistura. Poco prima della morte di Carlo Malatesta è collocabile una seconda emissione del bolognino, del denaro e anche la produzione del quattrino in mistura, valore nominale 2 denari, con la figura del sole a 8 raggi con al centro una croce potenziata e, sull’altro lato, la figura di san Giuliano. In questo nominale compare, al dritto, per la prima volta, la scritta K D ARIMINI (Karolus Dominus ARIMINI), ossia Carlo signore di Rimini. A Carlo succedette il nipote Galeotto Roberto Malatesta (1429-1432) di cui si conosce solamente un rarissimo quattrino. Seguì poi suo fratello Sigismondo Pandolfo Malatesta (1432-1468) che continuò a battere bolognini grossi, denari e quattrini senza nessuna variazione rispetto alle emissioni precedenti. La sua monetazione, per l’omogeneità stilistica e ponderale, probabilmente è stata concentrata nei primi anni successivi alla presa del potere. L’unica novità fu l’emissione di un nuovo quattrino di imitazione di quello bolognese. Bellesia ribadisce che all’epoca dell’emanazione del divieto pontificio di battere moneta, senza averne avuta esplicita autorizzazione per le signorie che occupavano feudi ecclesiastici, la zecca di Rimini era sicuramente chiusa da decenni.
Le monete sono riportate cronologicamente con l’indicazione del metallo, il peso legale, la rarità, assieme alla descrizione, il riferimento al CNI e l’immagine. Per ogni tipo e variante, quando possibile, sono proposte immagini ingrandite, in bianco e nero, di buona qualità, di più esemplari, con l’indicazione della fonte iconografica (asta, museo, listino di vendita, collezione privata). Questo è certamente un aspetto positivo dell’opera che permette di apprezzare meglio particolari ed iconografia.
Il volume, che si conclude con una congrua bibliografia, ha il pregio di presentare adeguati e stimolanti commenti alle monete, ed inoltre è ricco di notizie storiche, numismatiche e di tanti altri aspetti che diventa arduo elencarli tutti. In conclusione, un libro che non dovrebbe mancare agli appassionati di numismatica e, in modo particolare, alle persone che si interessano di monetazione e storia del Basso Medioevo.
Lorenzo Bellesia
LE MONETE DI RIMINI
Edizioni Nomisma
San Marino 2014
pp. 128
21 x 29 cm
40,00 euro